Intervista al noto costituzionalista: «La riduzione dei parlamentari va fatta, ma a quel punto si deve intervenire anche sul sistema elettorale e regolamenti delle Camere»
Reduce dall'assemblea nazionale della sua associazione, Libertà eguale, il costituzionalista dem Stefano Ceccanti rilancia la posizione del Pd sulla giustizia e fissa i paletti del dialogo: nessuna mediazione su leggi incostituzionali «come il sorteggio del Csm e lo stop alla prescrizione» .
Il 7 ottobre si voterà il taglio dei parlamentari. Una prova di fedeltà ai 5 Stelle?
Noi abbiamo sempre sostenuto che la riduzione dei parlamentari andasse fatta, perché 945 parlamentari che fanno le stesse cose sono un non senso. Tuttavia non basta che una scelta sia giusta in sè. Bisogna che sia collocata in un contesto sensato che si preoccupi delle conseguenze sulle leggi elettorali, sui regolamenti parlamentari e sulle parti connesse della Costituzione. Al momento degli accordi di governo ci si è accordati su questo punto metodologico prima mancante, su questo trittico di interventi, da precisare nel merito in Parlamento. Quindi la nostra è una prova di intelligenza, non di fedeltà.
Lei ha sempre sostenuto che il taglio debba accompagnarsi a una riforma della legge elettorale. Come va cambiato il Rosatellum?
La legge elettorale vigente è un ibrido contraddittorio. Dobbiamo sciogliere le ambiguità in una direzione che non fotografi passivamente la frammentazione. Questa ambiguità si può superare con due diversi sistemi entrambi selettivi, non rigidamente fotografici. Il primo è un sistema proporzionale con soglia più alta, dato che quella odierna – del 3% sommata ai collegi uninominali ad un turno dove possono entrare grazie ad accordi di coalizione anche forze inferiori all'1% – è del tutto disfunzionale. Il secondo è un maggioritario ragionevole di coalizione a doppio turno, analogo a quello che abbiamo per i comuni sopra 15 mila abitanti, consentendo come in quel caso apparentamenti anche tra primo e secondo turno come ha chiesto la Corte Costituzionale nella sentenza dell'Italicum. La politica scelga tra queste due soluzioni.
Lei è un sostenitore del maggioritario, ma il governo sembra puntare a un sistema proporzionale.
Non c'è una direzione predefinita, esiste però la consapevolezza che la riduzione dei parlamentari, specie al Senato dove i seggi vengono ridotti di molto alle regioni medio- piccole che scendono di colpo da sette a tre o quattro seggi, crea dei problemi che richiedono una nuova legge più meditata.
Un sistema proporzionale snaturerà il Pd a vocazione maggioritaria oppure spiega la scissione di Italia Viva?
La scissione è intervenuta a partire dalla legge vigente, che non sfavorisce le scissioni: se si raggiunge il 3% si entra con lo sbarramento e si possono contrattare molti collegi. Per converso, entrambi i due sistemi che ho citato le scoraggerebbero di più e ognuno rappresenta un incentivo a mantenere solidi i partiti a vocazione maggioritaria intorno a cui strutturare il sistema. La vocazione maggioritaria è anzitutto una scelta politico- psicologica, come spiegava Maurice Duverger nel suo celebre libro sui partiti nel 1951: è la volontà di parlare a tutto il Paese e di concepirsi, almeno potenzialmente, come perno del Governo. Non è prodotta meccanicamente da un sistema, ma agli incentivi di sistema va richiesto di favorire questo esito, di non contraddirlo.
La giustizia è uno dei temi caldi. La modifica della norma Bonafede sulla prescrizione è possibile?
Quella norma noi l'abbiamo contestata non solo come sbagliata, ma anche come incostituzionale sulla base dell'articolo 111 della Costituzione. Non si può certo chiedere al Pd né di difenderla né di peggiorarla. In ogni coalizione bisogna essere elastici per non creare tensioni eccessive, ma ogni elastico non può non avere dei limiti di estensione. Un conto è negoziare su norme che possono lasciare ampiamente insoddisfatti e un altro su norme incostituzionali. Quella norma andrebbe quindi soppressa. Se non lo si vorrà fare, ci penserà la Corte costituzionale ma a quel punto sarà chiara la responsabilità esclusiva di chi l'avrà difesa contro la nostra motivata opinione.
Lei considera incostituzionale la scelta di sorteggio per i membri del Csm. Come andrebbe costruita la riforma?
Il sorteggio in qualsiasi forma è incompatibile col carattere elettivo del Csm sancito dall'articolo 104 della Costituzione ed è ovvio che sia così, perché uno non vale uno: non ci sono scelte automatiche e meccaniche, quindi occorre un meccanismo vero di rappresentanza e di responsabilità. Se vogliamo che il Csm non sia ingabbiato in rigide logiche di correnti nazionali, favorite dai collegi unici sul piano nazionale, bisogna frazionare i collegi in uninominali o comunque plurinominali con pochi eletti. Sugli uninominali c'è una mia proposta alla Camera, depositata da inizio legislatura con una quarantina di firme. Questo a Costituzione invariata.
Ipotizzando una riforma costituzionale, invece?
Se invece si volesse anche salire sul piano costituzionale, bisognerebbe allora varare due Csm distinti, uno per chi giudica e uno per chi accusa, coerentemente con un modello liberale di separazione delle carriere che invece, a parte questa eccezione, può essere sviluppato con leggi ordinarie in coerenza con l'articolo 111 della Costituzione, che afferma la terzietà del giudice.
La distanza in materia di giustizia tra Pd e 5 Stelle sembra ampia, su cosa non si transige?
Il criterio dovrebbe essere questo: grande disponibilità a mediare, anche accettando soluzioni molto diverse da quelle preferite perché il nuovo Governo è un bene prezioso per il nostro Paese e per il suo ruolo in Europa, ma non su norme incostituzionali, come il sorteggio al Csm o una prescrizione di durata non ragionevole. ' Per un'analisi organica delle istanze, invece, rinvio alla relazione di Giorgio Armillei ad Orvieto, pubblicata sul sito di Libertà Eguale.
Scritto da Giulia Merlo e pubblicato ne Il Dubbio 1 Oct 2019 09:26