Di Redazione su Mercoledì, 10 Febbraio 2016
Categoria: Giurisprudenza Consiglio di Stato

CdS: illegittimo l´ordine di demolizione a carico del conduttore se non è accertata la sua responsabilità

Con Sentenza 11 gennaio 2016, n. 49, la Sezione IV del Consiglio di Stato si è pronunciata a proposito dei provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi adottati nei confronti del conduttore dell´immobile, stabilendo l´impossibilità per la p.a. di sanzionare con un´ordinanza di demolizione il conduttore senza un accertamento preventivo della sua responsabilità nella commissione dell´illecito.
Ciò, sulla base dell´art. 31, comma 3, D.P.R. 380 del 2001, secondo cui "il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l´esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali (...) ingiunge al proprietario e al responsabile dell´abuso la rimozione o la demolizione…".
Con questa decisione, è stato inoltre ribadito che, in ipotesi di interventi edilizi soggetti al regime abilitativo della D.I.A e poi della S.C.I.A., la realizzazione degli interventi senza il prescritto titolo non può condurre alla comminatoria della demolizione ma soltanto alla sanzione pecuniaria.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5261 del 2014, proposto dal signor G.D.B., presidente e legale rappresentante dell´Associazione Training Human Occupation Research Onlus, rappresentato e difeso dall´avvocato Pierluigi Piselli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via G. Mercalli, 13

contro

Comune di Termoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall´avvocato Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso Clementino Palmiero in Roma, Via Albalonga, 7

per la riforma della sentenza del T.A.R. del Molise, Sezione I, n. 693/2013

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l´atto di costituzione in giudizio del Comune di Termoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 17 novembre 2015 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l´avvocato Piselli e l´avvocato Petretti per delega dell´avvocato Colalillo;

Svolgimento del processo

Il signor G.D.B. espone di essere Presidente pro tempore e legale rappresentante dell´Associazione denominata "Training Human Occupation Research Onlus" (d´ora in poi THOR), la quale svolge attività economica di gestione e organizzazione di corsi di formazione presso l´immobile commerciale sito in Termoli in via del Canottaggio, 1-7, condotto locazione dal 1 giugno 2009.

Riferisce, altresì, che il Comune di Termoli, ad esito di due sopralluoghi effettuati in data 29 novembre e 6 dicembre 2011 al fine di vagliare la regolarità dell´attività svolta presso i suddetti locali, constatava il cambio di destinazione d´uso dell´edificio e la realizzazione di opere edili in assenza di permesso di costruire (in particolare: "riduzione delle unità immobiliari da due ad una" e "lavori interni con la modifica di n. 2 bagni").

Ne conseguiva l´ingiunzione al signor D.B., nella sua qualità, della immediata demolizione e riduzione in pristino dello stato dei luoghi (in tal senso la determinazione dirigenziale n. 18 del 20 gennaio 2012, poi revocata e sostanzialmente trasfusa nel contenuto della successiva determinazione dirigenziale n. 54 del 15 marzo 2012).

Avverso il provvedimento da ultimo richiamato veniva proposto ricorso dinanzi al T.A.R. per il Molise, con contestuale domanda cautelare.

A questo punto, si sviluppava una serie di vicende processuali, le quali (ai fini che qui rilevano) possono essere così sintetizzate:

- con ordinanza cautelare collegiale n. 106 del 2012, il T.A.R. adito respingeva l´istanza di sospensione della Determinazione Dirigenziale n. 54 del 2012, statuendo nel senso della inammissibilità del ricorso, poiché notificato in data 23 maggio 2012 e, pertanto, oltre il termine di sessanta giorni previsto dalla legge;

- avverso tale ordinanza, il signor D.B. proponeva istanza di revoca, affermando che il ricorso de quo sarebbe stato consegnato presso l´UNEP in data 18 maggio 2012 e, dunque, entro il termine decadenziale stabilito dalla legge;

- in accoglimento dell´istanza di revoca formulata, il T.A.R. per il Molise revocava la precedente ordinanza n.106 del 2012 e fissava l´udienza pubblica del 21 novembre 2013 per la trattazione del merito;

- con sentenza n. 693 del 2013, il T.A.R. adito definitivamente pronunciava nel senso della irricevibilità del ricorso "in quanto consegnato per la notifica il 23 maggio 2012 e, pertanto, dopo la scadenza del termine di sessanta giorni di cui all´art. 41 cod. proc. amm., nella fattispecie decorrente dal 23 marzo stesso anno, data della notificazione del provvedimento impugnato".

La pronuncia da ultimo richiamata è stata gravata in sede d´appello dal signor D.B., il quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi.

Con un primo motivo, l´odierno ricorrente censura la sentenza in epigrafe per avere il T.A.R. per il Molise erroneamente considerato tardivo il ricorso incardinato in primo grado.

Diversamente, la tempestività della notifica del ricorso di primo grado risulterebbe pacifica dagli atti depositati in giudizio e, segnatamente, dalla dichiarazione resa il 17 luglio 2012 dal Dirigente dell´UNEP presso la Corte d´Appello di Campobasso e dal timbro recante la data 18 maggio 2012 apposto sul retro del ricorso dall´ufficiale giudiziario cui era stato consegnato l´atto per la notifica.

Pertanto, in considerazione del fatto che la notifica si verrebbe a perfezionare per il notificante al momento della consegna dell´atto all´ufficiale giudiziario, i primi Giudici avrebbero erroneamente ritenuto rilevante ai fini del decidere il timbro di spedizione della raccomandata da parte dell´UNEP (datato 23 maggio 2012) e non già il timbro di ricezione dell´atto da parte dell´Ufficio Notifiche (datato 18 maggio 2012),

Con un secondo ordine di motivi, il sig. D.B. ripropone le censure di merito già articolate in primo grado e non esaminate dal T.A.R. Molise per avere i primi Giudici ritenuto assorbente ai fini del decidere i rilevati profili di irricevibilità.

In proposito, nel lamentare la mancata comunicazione da parte del Comune dell´avvio del procedimento conclusosi con l´avversata ordinanza di demolizione, l´odierno appellante deduce che lo spazio partecipativo garantito dall´ articolo 7 della L. n. 241 del 1990 avrebbe consentito l´esibizione nel corso della fase istruttoria di documenti determinanti ai fini della prova della insussistenza dei presupposti fattuali e giuridici relativi agli abusi edilizi ascritti alla responsabilità del sig. D.B..

In particolare, il ricorrente sostiene che:

- la mancata specifica indicazione da parte del provvedimento comunale gravato delle norme edilizie asseritamente violate dal ricorrente paleserebbe la carenza motivazionale delle determinazioni assunte dall´amministrazione resistente. In particolare, il Comune, limitandosi ad indicare la violazione dell´articolo 31 e seguenti del D.P.R. n. 380 del 2001 e del decreto legislativo n. 267 del 2000, non consentirebbe di comprendere quale sia stato l´intervento edilizio volto a mutare la destinazione d´uso dell´immobile, il quale avrebbe, invece, mantenuto inalterate la caratteristica di locale commerciale;

- lo stato di fatto dell´immobile all´epoca della sottoscrizione del contratto di locazione commerciale, risalente al 2009, sarebbe stato identico a quello riscontrato dal Comune al momento del sopralluogo e nessuna opera sarebbe stata mai realizzata dalla THOR né dal sig. D.B.;

- sarebbe pacifico in atti che l´Associazione svolga all´interno dell´immobile di cui è causa l´attività commerciale di organizzazione e gestione di corsi di formazione, individuata dall´oggetto sociale e dalla visura dell´impresa, di cui i proprietari sarebbero a conoscenza;

- l´utilizzo dei suddetti locali come centro di formazione sarebbe conforme alla destinazione d´uso a negozio;

- in ogni caso, un cambio di destinazione d´uso, effettuato senza opere evidenti, non richiederebbe il provvedimento di concessione edilizia (oggi permesso di costruire).

Con ulteriore doglianza, l´odierno appellante ribadisce l´illegittimità del provvedimento gravato, sotto i profili sintomatici dell´eccesso di potere, per falsità del presupposto, carenza di istruttoria e illogicità.

In particolare, il signor D.B. nega la difformità rispetto alla concessione edilizia rilasciata il 28 gennaio 1988 per ciò che concerne la modifica di due bagni, i quali sarebbero stati legittimamente realizzati, sebbene non dall´appellante.

Infine, con l´ultimo motivo di ricorso, il ricorrente, nel riaffermare la propria irresponsabilità per i presunti interventi in questione, lamenta in ogni caso l´erroneità del provvedimento comunale nella parte in cui quest´ultimo ordina la riduzione in pristino quale sanzione per l´asserita illegittimità dell´accorpamento delle due unità immobiliari, deducendo che, a tutto concedere, troverebbe applicazione nel caso in esame una mera sanzione pecuniaria.

Si è costituito in giudizio il Comune di Termoli il quale ha concluso nel senso della reiezione dell´appello.

Con ordinanza n. 4128/2014 questo Consiglio ha disposto incombenti istruttori.

Con successiva ordinanza n. 5120/2014 è stata accolta l´istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza impugnata, avuto prioritario riguardo ai profili di periculum in mora.

Alla pubblica udienza del 17 novembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1 Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore della formazione professionale avverso la sentenza del T.A.R. del Molise con cui è stato dichiarato irricevibile per tardività il ricorso dalla stessa proposto avverso il provvedimento con cui il comune di Termoli ha ordinato la rimessione in pristino di alcuni presunti abusi realizzati su un immobile con destinazione commerciale utilizzato dalla società appellante per svolgervi, conformemente al proprio oggetto sociale, un´attività di formazione professionale.

2. L´appello è fondato.

3. In primo luogo si osserva che la sentenza in epigrafe deve essere riformata per la parte in cui i primi Giudici hanno ritenuto la tardività del primo ricorso.

Ed infatti, anche a seguito dell´acquisizione documentale conseguente all´ordinanza istruttoria n. 4128/2014, è emersa la tempestività del ricorso di primo grado, in quanto:

- il provvedimento impugnato in primo grado era stato notificato all´appellante il 23 marzo 2012 (ragione per cui il sessantesimo e ultimo giorno utile per effettuare la notifica del ricorso introduttivo sarebbe caduto il 22 maggio 2012);

- il ricorso di primo grado era stato tempestivamente consegnato per la notifica all´UNEP in data 18 maggio 2012 (come dichiarato dalla dirigente di settore in data 17 luglio 2012 e ulteriormente confermato all´esito dell´ordinanza istruttoria n. 4128/2014), anche se l´invio raccomandato è stato in concreto trasmesso solo il successivo 23 maggio (ossia, dopo che era decorso il richiamato periodo di sessanta giorni).

Ne consegue la tempestività del ricorso di primo grado, atteso che prima della data-limite del 22 maggio 2012 l´odierna appellante aveva compiuto tutti gli atti rientranti nella propria disponibilità finalizzati al tempestivo perfezionamento della notifica.

Del resto, depone univocamente nel senso indicato l´ultimo comma dell´articolo 149 del cod. proc. civ. (nel testo aggiunto dall´articolo 2, comma 1, lettera e) della L. 28 dicembre 2005, n. 263), secondo cui, nel caso di notificazione a mezzo del servizio postale, "la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all´ufficiale giudiziario (...)".

4. Nel merito, come si è anticipato retro, sub 2, l´appello è fondato.

4.1. Il Collegio ritiene di poter prescindere dall´esame puntuale del motivo di ricorso con il quale si è lamentata la violazione delle disposizioni in tema di comunicazione di avvio del procedimento in quanto il ricorso risulta comunque fondato in relazione agli ulteriori profili che saranno qui di seguito esaminati sub 4.2, 4.3 e 4.4.

4.2. In primo luogo è fondato il motivo (già articolato in primo grado ma non esaminato dal T.A.R.) con cui si lamenta che il Comune abbia erroneamente rivolto al signor D.B. (in qualità di legale rappresentante dell´Associazione Training Human Occupation Research - d´ora innanzi: ´la THOR´ -) l´ingiunzione di demolizione e rimessione in pristino senza indicare gli elementi in fatto e in diritto che inducevano ad individuarlo quale corretto destinatario del provvedimento.

Si osserva in particolare:

- che nei ´Visti´ del provvedimento impugnato in primo grado il dirigente comunale ha richiamato, quale ritenuto fondamento normativo del disposto ordine di demolizione e rimessione in pristino, l´articolo 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 (relativo ad interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali);

- che è pur vero che il richiamato provvedimento ha altresì indicato quale possibile presupposto normativo gli articoli "seguenti" al 31, ma è evidente che di tale impropria (e inutilmente cautelativa) indicazione non si possa in alcun modo tener conto in quanto evidenti ragioni di garanzia connesse ai principi di tipicità e tassatività delle fattispecie sanzionatorie impongono all´amministrazione di indicare in modo puntuale quali siano le condotte contestate e i relativi riferimenti normativi. Ad ogni modo appare in modo inequivoco che il Comune di Termoli abbia ritenuto la violazione del (solo) articolo 31 in quanto nelle premesse del provvedimento impugnato in primo grado viene esplicitamente affermato che gli interventi in contestazione sono stati realizzati "in assenza di Permesso di Costruire" (in tal modo richiamando in modo non equivoco la fattispecie disciplinata dal richiamato articolo 31);

- che, una volta limitato al solo articolo 31 del d.P.R. 380, cit. il possibile fondamento normativo del provvedimento impugnato, deve farsi necessariamente applicazione anche del comma 3 di tale disposizione, secondo cui "il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l´esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali (...) ingiunge al proprietario e al responsabile dell´abuso la rimozione o la demolizione (...)";

- che è pacifico in atti che l´appellante non sia "proprietaria" dei locali per cui è causa (detenuti in locazione sin dal giugno del 2009), ragione per cui è da ritenere che il Comune abbia individuato nell´associazione THOR il soggetto "responsabile dell´abuso";

- che, tuttavia, il Comune appellato non ha allegato alcuna circostanza idonea ad individuare nell´appellante il soggetto al quale erano effettivamente da imputare i presunti abusi (e una siffatta istruttoria sarebbe stata tanto più necessaria in considerazione del fatto che l´appellante - conduttrice dell´immobile - era subentrata ad altro soggetto il quale aveva svolto nei medesimi locali la medesima attività sin dal gennaio del 2007);

- che neppure nella memoria in data 18 luglio 2014 il Comune ha addotto elementi idonei a suffragare l´affermazione secondo cui il legale rappresentante della società appellante fosse di certo responsabile dell´abuso. In tale occasione il Comune: i) si è limitato ad affermare (in modo invero tautologico) che l´attuale appellante "è possessore dell´immobile da molto tempo ed autore dell´abuso"; ii) si è limitato a rinviare ai verbali di sopralluogo in data 29 novembre e 6 dicembre 2011 e alla relazione in data 6 gennaio 2011 le quali attribuivano in modo parimenti apodittico gli interventi in questione all´odierna parte appellante.

4.2.1. In base a quanto esposto il provvedimento impugnato in primo grado è illegittimo e deve essere annullato in relazione al dedotto difetto di istruttoria e di motivazione sottesi all´individuazione della società appellante quale "responsabile dell´abuso", senza fornire sul punto ulteriori e puntuali elementi motivazionali.

4.3. E´ altresì fondato il motivo di appello con cui l´appellante (reiterando un ulteriore motivo già articolato in primo grado e non esaminato dal T.A.R.) lamenta che il Comune di Termoli non abbia adeguatamente individuato ed apprezzato le circostanze in fatto e in diritto che inducevano a ritenere sussistenti violazioni riconducibili alle previsioni di cui al richiamato articolo 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 .

Ed infatti, dall´esame del provvedimento impugnato in primo grado emerge che alla società appellante era stato contestato di "aver realizzato il cambio di destinazione d´uso dei locali e parte delle opere edili di via del Canottaggio n. 1-7 in assenza di Permesso di Costruire, consistenti in:

- cambio di destinazione d´uso dei locali, variante essenziale non consentita, da negozio ad attività per la formazione e l´addestramento professionale;

- riduzione delle unità immobiliari da due ad una;

- lavori interni con la modifica di n. 2 bagni".

4.3.1. Ebbene, per quanto riguarda il contestato cambio di destinazione d´uso, l´appellante ha condivisibilmente osservato che tale contestazione risulta illegittima in quanto i locali per cui è causa sono censiti con destinazione d´uso C1 - commerciale (´negozi e botteghe´) e in quanto l´attività in concreto svolta (svolgimento professionale di corsi di formazione e addestramento professionale) costituisce in effetti un´attività di carattere commerciale che non può essere a buon diritto tenuta distinta dalle altre attività riconducibili alla categoria C1.

Sotto tale aspetto risulta priva di puntuali riscontri fattuali e giuridici la tesi del Comune appellato secondo cui lo svolgimento dell´attività in questione avrebbe richiesto l´utilizzo di un immobile censito con categoria catastale del gruppo ´B´.

4.3.2. Inoltre, è qui appena il caso di osservare che, ai sensi dell´articolo 32, comma 1, lettera a) del più volte richiamato D.P.R. n. 380 del 2001 , il mutamento della destinazione d´uso costituisce "variazione essenziale" ai sensi del precedente articolo 31 solo laddove essa abbia comportato variazione degli standard previsti dal D.M. 2 aprile 1968 (variazione che nel caso in esame non viene né allegata né provata da Comune di Termoli).

Ne emerge l´erroneità in parte qua del provvedimento impugnato in primo grado, nel cui ambito viene presupposta una piena assimilazione fra il mutamento di destinazione d´uso e la realizzazione di una variazione essenziale in quanto tale (vi si legge infatti che la contestazione riguarda "il cambio di destinazione d´uso dei locali, variante essenziale non consentita, da negozio ad attività per la formazione e l´addestramento professionale").

4.4. Allo stesso modo, il provvedimento impugnato in primo grado risulta affetto dai lamentati profili di carenza di istruttoria e di motivazione per la parte in cui ha contestato

i) la riduzione delle unità immobiliari da due ad una (in pratica, si è trattato dell´abbattimento di un tramezzo divisorio);

ii) "lavori interni con realizzazione di n. 2 bagni",

ritenendo che gli interventi in questione fossero ascrivibili all´ambito di applicazione dell´articolo 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 (avente ad oggetto ´Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità ovvero con variazioni essenziali´).

4.4.1. Al riguardo l´appellante ha persuasivamente osservato che gli interventi in questione sembrano piuttosto riconducibili al regime abilitativo della D.I.A. (in seguito: S.C.I.A. - segnalazione certificata di inizio di attività), essendo ascrivibili alle "opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d´uso" di cui all´articolo 3, comma 1, lettera b) del T.U. dell´Edilizia.

Ma se ciò è vero, ne consegue che, una volta accertata la realizzazione degli interventi in carenza del necessario titolo abilitativo, il Comune non avrebbe potuto farne derivare in modo legittimo la sanzione ripristinatoria di cui all´articolo 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 , potendo al più limitarsi ad irrogare la (sola) sanzione pecuniaria di cui al successivo articolo 37 (relativo, appunto, alle ipotesi di ´Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio di attività (...)´).

4.5. Si osserva conclusivamente che non possono essere tenute in alcuna considerazione le ulteriori osservazioni svolte dal Comune appellato in ordine a presunte modifiche dei prospetti che, pure, sarebbero state abusivamente realizzate dall´appellante.

Al riguardo ci si limita ad osservare che la questione esula dal thema decidendum.

Si osserva sul punto che:

- mentre con la prima ordinanza di demolizione e ripristino (si tratta del provvedimento in data 20 gennaio 2012) il Comune aveva effettivamente contestato -inter alia- non meglio specificate "modifiche dei prospetti";

- al contrario, il provvedimento impugnato in primo grado (il quale, è bene sottolinearlo aveva espressamente revocato la precedente ordinanza del 20 gennaio 2012) aveva espunto la contestazione relativa alle presunte modifiche dei prospetti, ragione per cui tale questione non può qui essere reintrodotta in via surrettizia attraverso una deduzione nell´ambito di semplici memorie difensive.

5. Per le ragioni sin qui esposte l´appello in epigrafe deve essere accolto e per l´effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere annullato il provvedimento impugnato in primo grado.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l´effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.

Condanna il Comune di Termoli alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.000 (tremila) per il doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2015 con l´intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Gabriella De Michele, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere