La diffamazione su Facebook non può essere equiparata a quella sulla stampa anche se raggiunge potenzialmente un pubblico più vasto.
Lo ha sancito la quinta sezione della Corte di Cassazione - sentenza 4873/17 che pubblicheremo non appena disponibile - respingendo il ricorso del procuratore della Repubblica di Imperia che aveva impugnato per "abnormità" l´ordinanza con cui il gip aveva riqualificato un fascicolo relativo agli "apprezzamenti" via Facebook pubblicati da un imputato catanese di 60 anni nei confronti di un terzo, fatto avvenuto a Diano Marina nell´estate del 2013.
Per il giudice non si trattò di diffamazione aggravata dal fatto determinato e "dal mezzo della stampa", ma di semplice diffamazione aggravata dal "mezzo di pubblicità" (Facebook). L´esclusione della legge 47/1948 sulla stampa - spiega il Sole 24 Ore - dimezza la pena massima prevista da 6 a 3 anni.
La Cassazione ha bocciato il ricorso della Procura ligure, ribadendo un precedente del 2015 (31022) secondo cui la bacheca del social network può essere incasellata agevolmente nell´articolo 595 del codice penale.
Fonte: Ansa