Di Rosalia Ruggieri su Mercoledì, 23 Ottobre 2019
Categoria: Famiglia e Conflitti

Cassazione: nessun assegno divorzile alla moglie che abbandona il lavoro

Con l'ordinanza n. 26594 depositata lo scorso 18 ottobre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato le richieste di una donna volte al riconoscimento di un assegno divorzile nella misura di 200 Euro mensili, ritenendo che, l'impossibilità della donna di procurarsi i mezzi adeguati non dipendeva da incapacità lavorativa o da fattori esterni alla sua volontà, ma esclusivamente dalla sua libera scelta di abbandonare l'occupazione lavorativa che, sino ad allora, le aveva assicurato un reddito fisso.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Verbania pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ponendo a carico del marito l'obbligo di versare un assegno divorzile alla moglie nella misura di 200 Euro mensili.

Pronunciandosi sull'appello proposto dall'uomo, la Corte di Appello di Torino revocava l'assegno in favore della donna: dall'analisi della situazione reddituale dei due ex coniugi era emerso, infatti, come il marito percepiva uno stipendio netto annuo di 37.000 Euro mentre la moglie aveva percepito circa 10.000 Euro annui sino al momento in cui aveva deciso di trasferirsi da Verbania in Calabria, presso i suoi genitori, dove era rimasta priva di occupazione lavorativa. 

Proprio alla luce di tale scelta, la Corte di appello aveva riscontrato un atteggiamento dismissivo della signora nei confronti dell'ambiente lavorativo, sebbene fosse ancora in giovane età e con piena capacità lavorativa; in ragione di tanto, si riteneva insussistente uno stato di bisogno che giustificasse il contributo al mantenimento da parte dell'ex coniuge e, anche a voler ammettere la sussistenza di siffatto stato, i giudici di merito evidenziavano come lo stesso era stato causato da una precisa volontà della signora che, anche dopo le dimissioni volontarie e il trasferimento in altra città, ben avrebbe potuto continuare a svolgere la sua attività lavorativa ed eventualmente cercarne una più redditizia o consona alle sue esigenze personali.

Ricorrendo in Cassazione, la signora censurava la decisione della Corte distrettuale per violazione dell'art. 5 della legge n. 878/1970 per erronea valutazione dei presupposti per la revoca dell'assegno divorzile.

La Cassazione non condivide la censura formulata dalla ricorrente.

 I Supremi Giudici richiamano i più recenti approdi giurisprudenziali, secondo cui il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive; all'assegno deve attribuirsi una funzione assistenziale, ed in pari misura compensativa e perequativa, in quanto non è volto alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia, di quello personale degli ex coniugi ed, in particolare, al riconoscimento delle aspettative professionali sacrificate per dedicarsi alla cura della famiglia.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte di appello – all'esito dell'istruttoria - aveva rilevato che l'impossibilità, semmai esistente, della donna di procurarsi i mezzi adeguati non dipendeva da incapacità lavorativa o da fattori esterni alla sua volontà, ma esclusivamente dalla sua libera scelta di abbandonare l'occupazione lavorativa che, sino ad allora, le aveva assicurato un reddito fisso.

A tale, inequivoca e non contestata scelta, la donna non aveva dedotto, né provato, quale fosse stato il suo particolare contributo alla formazione del patrimonio familiare e alla cura della famiglia, né era emerso quale specifico sacrificio delle sue aspettative lavorative aveva sopportato in funzione delle esigenze familiari.

Alla luce di tanto, la decisione di revocare l'assegno divorzile deve ritenersi del tutto conforme all'art. 5 della legge n. 898/1970 come interpretato dalla recente giurisprudenza delle Sezioni Unite.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso, con compensazione delle spese del giudizio di cassazione in considerazione dei recenti mutamenti della giurisprudenza in materia di assegno divorzile.

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