Un importante traguardo è stato raggiunto da Cassa Forense lo scorso 23 dicembre 2024, ossia la Certificazione di parità di genere (fonte: cassaforense.it/DettaglioNews?id=14427&tipo=inEvidenza).
Ma di cosa si tratta?
Il Codice delle Pari opportunità ha riordinato tutte le disposizioni in materia di pari opportunità al fine di dare un assetto più organico a tutta la disciplina:
- relativa alle misure volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo;
- diretta a garantire la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini […] in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione;
- finalizzata a mantenere o ad adottare le misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato;
- operante su tutti i livelli e rivolta di tutti gli attori, a mezzo leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività.
La legge 162/2021, successivamente, nell'ambito del Codice delle Pari opportunità, a decorrere dal 1° gennaio 2022, ha introdotto la Certificazione di parità di genere. E tanto al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione:
- alle opportunità di crescita in azienda,
- alla parità salariale a parità di mansioni,
- alle politiche di gestione delle differenze di genere;
- alla tutela della maternità.
I parametri minimi per conseguire la Certificazione in questione sono stabiliti con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che, su proposta del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico, stabilisce anche, tra gli altri requisiti, le forme di pubblicità della Certificazione della parità di genere.
Ma chi valuta la sussistenza di tutti questi elementi necessari per conseguire la certificazione di parità di genere? La valutazione spetta a un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese, istituito, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri […].
Alla luce di tanto, appare evidente che il conseguimento di tale certificazione da parte dell'ente previdenziale degli avvocati rappresenta un riconoscimento che premia – come si legge sulla pagina del sito dell'ente previdenziale stesso – la politica aziendale di Cassa finalizzata:
- alla riduzione del divario di opportunità professionali tra donne e uomini;
- alla parità salariale;
- alla tutela della maternità;
- alla sostenibilità, seguendo la "Regola delle tre E: Ecologia – Economia – Eguaglianza".
Un traguardo, questo, che deve essere da esempio in tutti gli ambienti, soprattutto lavorativi e, in particolare, in ambito forense, dove in alcuni casi il divario tra professioniste e professionisti risulta ancora evidente e, non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista relazionale-professionale. In alcuni contesti, infatti, una professionista è ancora appellata come "signora", senza alcun riconoscimento del titolo professionale conseguito al pari del professionista uomo che, invece, a prescindere dal titolo, negli stessi contesti, non viene mai appellato come "signore", ma come "avvocato" o "dottore".
In buona sostanza, in materia di discriminazione basata sul sesso, siamo sulla buona strada, ma occorre maggior impegno, soprattutto delle aziende, sia pubbliche che private, al fine di mantenere e, in alcuni casi, raggiungere gli standard di parità di genere auspicabili e auspicati.