Di Rosalia Ruggieri su Martedì, 11 Giugno 2019
Categoria: Legge e Diritto

Casa coniugale, SC: “Dopo la morte dell’ex coniuge titolare, non sussiste alcun diritto di abitazione per il coniuge superstite”

Con l'ordinanza n. 15277 depositata lo scorso 5 giugno, la II sezione civile della Corte di Cassazione, ha confermato che, in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l'impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell'attribuzione dei diritti d'abitazione e d'uso.

Si è pertanto rigettata la domanda di una donna che – a seguito dell'apertura del testamento dell'ex coniuge, che le aveva lasciato un legato di usufrutto generale – proponeva azione di riduzione, sostenendo che la protrazione del godimento dell'immobile adibito a casa coniugale trovava il proprio titolo non nel lascito testamentario, ma nei legati ex lege riconosciuti al coniuge dall'art. 540 c.c..

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, un uomo disponeva con testamento in favore dell'ex coniuge un legato di usufrutto generale; intervenuta la morte dell'uomo, l'ex coniuge proponeva azione di riduzione.

Il Tribunale di Brescia, dopo aver qualificato il legato di usufrutto generale quale legato in sostituzione di legittima, dichiarava inammissibile l'azione di riduzione proposta dalla donna, sul presupposto che l'attrice non aveva rinunciato al legato sostitutivo preventivamente o quanto meno contestualmente alla proposizione della domanda di riduzione.

La Corte d'appello di Brescia confermava la sentenza di primo grado. 

Ricorrendo in Cassazione, la donna denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 551 e 549 c.p.c., in relazione agli artt. 540 e 548 c.c., per non aver la corte fatto corretta applicazione del principio secondo cui la facoltà di rinunziare al legato, ai sensi dell'art. 549 c.c., è preclusa quando il legatario abbia compiuto atti di esercizio del diritto oggetto del legato, manifestando una volontà incompatibile con la volontà di rinuncia.

In particolare, la donna rilevava come l'utilizzo dell'appartamento non costituiva esercizio del diritto di usufrutto a lei lasciato con il testamento, ma rifletteva l'esercizio del diritto di abitazione spettante ex lege al coniuge ai sensi dell'art. 540 c.c., comma 2, essendo incontroverso che l'immobile costituiva la casa coniugale e che, a seguito della separazione consensuale, la donna aveva continuato ad utilizzarlo come propria abitazione; alla base di tale doglianza vi era la premessa secondo cui i diritti di abitazione e di uso, riconosciuti in favore del coniuge dall'art. 540 c.c., comma 2, spettino anche al coniuge separato senza addebito.

La Cassazione non condivide la tesi della ricorrente, secondo cui la protrazione del godimento dell'immobile trovava il proprio titolo non nel lascito testamentario, ma nei legati ex lege riconosciuti al coniuge dall'art. 540 c.c.

I Supremi Giudici ricordano che il principio secondo cui lo stato di separazione non costituisce ostacolo al riconoscimento dei diritti sulla casa familiare a favore del coniuge, sebbene sostenuto in dottrina, non è tuttavia condiviso dalla giurisprudenza di legittimità. 

È, difatti, consolidato il principio secondo cui, in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l'impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell'attribuzione dei diritti d'abitazione e d'uso. Se, infatti, il diritto di abitazione in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l'immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, ne deriva che l'applicabilità della norma in esame è condizionata all'effettiva esistenza, al momento dell'apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare: tale requisito non ricorre se, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la casa familiare era stata attribuita al coniuge in virtù di previsione della separazione consensuale omologata; di fatto, tuttavia, a seguito della separazione, era venuta meno la situazione di convivenza fra i coniugi e, al tempo di apertura della successione, tale situazione non era stata ricostruita: alla luce di tanto, correttamente la corte d'appello ha giustificato la permanenza nella casa a titolo di legato testamentario, ritenendo che, in considerazione del possesso e del godimento del bene ereditario, protrattosi per oltre nove anni, la signora avesse consumato la scelta prevista dall'art. 551 c.c., a favore del legittimario.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.

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