Con la sentenza n. 268 dello scorso 11 novembre, il Tar Emilia Romagna, sezione distaccata di Parma, ha confermato la legittimità di un'ordinanza con cui si ordinava il ripristino dello stato dei luoghi a seguito del mutamento di destinazione di una cantina in due monolocali.
Si è difatti specificato che "la trasformazione di una cantina in abitazione rappresenta una ristrutturazione edilizia, poiché la predetta trasformazione comporta un aumento delle unità immobiliari dell'edificio e un conseguente aumento del carico urbanistico".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune emanava un provvedimento con cui ordinava, al proprietario di un locale, di ripristinare a proprie cure talune opere abusivamente realizzate.
In particolare, il proprietario aveva realizzato un cambio di destinazione d'uso rilevante di una cantina in due monolocali.
Il proprietario, volendo stabilire in detto immobile la sua residenza, inoltrava la richiesta all'amministrazione comunale.
Il Comune, a seguito di rituale sopralluogo, accertava che il locale, accatastato come magazzino appartenente alla categoria C2, era vissuto ed arredato, sicché era stato effettuato un cambio di destinazione d'uso da cantina a due monolocali in contrasto con le concessioni edilizie ottenute.
In virtù di tanto, dopo aver notificato l'avvio del procedimento sanzionatorio relativo alle difformità edilizie realizzate, l'amministrazione ingiungeva la rimozione delleopere abusivamente realizzate.
Ricorrendo al Tar, il proprietario avversava siffatto provvedimento e ne chiedeva l'annullamento, evidenziando violazione ed erronea applicazione dell'art. 14 della L.R. 23/2004 ed eccesso di potere.
In particolare, il ricorrente assumeva che nessuna nuova opera in muratura fosse stata creata e che, pur accatastato come magazzino, il locale presentava tutti i requisiti per l'abitabilità, essendo risalente l'attribuzione della categoria catastale.
Il Tar non condivide la posizione del ricorrente.
Il Collegio sottolinea come l'esecuzione di opere edilizie che incidano sulla struttura di un edificio preesistente e ne comportino il mutamento di destinazione d'uso va qualificata come ristrutturazione edilizia e non già come manutenzione straordinaria o risanamento conservativo.
Invero, ai sensi dell'art. 10 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, lett. C, le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, e che comportino modifiche del volume, dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso (ristrutturazione edilizia).
Ne deriva che la trasformazione di una cantina in abitazione rappresenta una ristrutturazione edilizia, poiché la cantina e l'abitazione hanno natura differente: pertinenziale la prima e di unità immobiliare autonoma la seconda; la predetta trasformazione, invero, comporta l'aumento un aumento delle unità immobiliari dell'edificio e un conseguente aumento del carico urbanistico.
Il Collegio specifica, infine, che l'obbligo del titolo edilizio abilitativo è sancita anche per l'esecuzione di opere, quali la realizzazione di una cucina o di un bagno, idonee a mutare la destinazione d'uso di un immobile, da cantina ad immobile adibito ad abitazione.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar rimarca come il provvedimento gravato si appalesa al Collegio legittimo, stante assenza di titolo edilizio pur in presenza di un cambio di destinazione d'uso realizzato con opere, nonché per l'evidente ed indiscussa realizzazione di una abitazione munita di cucina e servizi igienici.
In conclusione, il Tar rigetta il ricorso con compensazione delle spese.