"Il caso di Torino pone una questione. Ho attivato l'Ispettorato del ministero per capire se è negligenza di un singolo o un problema di sistema". Lo ha detto il ministro di giustizia, Alfonso Bonafede, in un'intervista concessa al Fattto Quotidiano, rispondendo indirettamente al Presidente della Corte d'Appello torinese che, a proposito della polemica seguita ai ritardi che avevano causato la mancata carcerazione dell'assassino di Stefano Leo, aveva chiamato in causa il ministero, lamentando che quei ritardi fossero stati causati da vuoti in organico non colmati a causa della inerzia ministeriale. Il ministro ha invece riconfermato la propria linea. Saranno inviati degli ispettori presso la Corte d'Appello per valutare le responsabilità individuali. Quanto alle intenzioni del Governo nella ipotesi che la famiglia di Stefano Leo possa chiedere un risarcimento per la mancata esecuzione della pena dell'omicida, il ministro è stato altrettanto chiaro: "Lo Stato deve scusarsi con questa famiglia. E le scuse si concretizzano lavorando affinché non ci siano più casi del genere". Parole dalle quali è possibile ritenere che, in tale ipotesi, l'esecutivo potrebbe decidere una sorta di risarcimento.
L'occasione, ha comunque offerto il destro al ministro per una riflessione a tutto campo sui temi di più stretta attualità: "I legislatori hanno scaricato sulla magistratura la loro mancanza di assunzione di responsabilità. Prima di far diventare tutto polemica, bisogna studiare i fatti e lavorare perché certe situazioni non si ripetano. Un conto sono le sentenze e gli sconti di pena sui femminicidi: per cui abbiamo inserito nel Codice rosso un articolo che prevede che le attenuanti non debbano essere più prevalenti sulle aggravanti, e stabilendo, nella legge sul rito abbreviato, nessuno sconto di pena per i reati gravi per cui è previsto l'ergastolo".
"Quante sono le sentenze definitive non eseguite?" gli è stato chiesto. E lui: "Non è ancora un dato disponibile, avvierò un monitoraggio Corte per Corte. Negli anni abbiamo visto svuotacarceri, indulti, tutti provvedimenti che indebolivano la certezza della pena. Le condanne non possono essere scritte con l'inchiostro che si cancella... Bisogna innanzitutto riaffermare questo principio, che, per me, va di pari passo con la funzione rieducativa della pena. E poi c'è una questione relativa alla tenuta economica del sistema. Come interverrà? Sono in arrivo le attese assunzioni di 903 assistenti giudiziari 'con scorrimento delle graduatorie', e di 1.850 funzionar! per cui bisogna fare i concorsi. Ho inoltre avviato un piano di investimento di risorse che prevede l'iniezione di 3 mila unità come personale amministrativo; 360 magistrati già vincitori di concorso, assunzioni già deliberate dal passato governo, finora bloccate; 1.300 agenti di polizia penitenziaria già nel 2019; più un aumento di pianta organica di 600 nuovi magistrati. E poi, da giugno, il piano di digitalizzazione del processo penale, importantissimo".
"Come rappresentante dello Stato mi sento di chiedere scusa alla famiglia di Stefano Leo. Non consento di dire che la Corte d'appello sia corresponsabile dell'omicidio. Qui abbiamo fatto quello che dovevamo fare".
Una precisazione di poche parole quella del presidente della Corte d'Appello di Torino, Edmondo Barelli Innocenti, che aveva ritenuto di rispondere pubblicamente rispetto alle accuse, prima sommesse, poi sempre più consistenti riguardo la mancata carcerazione di Said Mechaquat, l'assassino del giovane, colui che lo ha ucciso in quanto troppo felice.. «C'è stato un problema. Posso scusarmene, ma non c'è nessuna certezza che Mechaquat Said - aveva detto il magistrato - potesse essere ancora in carcere il 23 febbraio».
Spiegazioni, quelle del presidente, di cui - avevamo scritto - si può prendere atto ma che non eliminano i problemi. Rimane il fatto che nel momento in cui ha commesso l'omicidio l'assassino non si trovava dietro le sbarre in quanto si erano verificati dei disguidi nella trasmissione dei documenti dalla cancelleria della Corte d'Appello a quella della Procura. Insomma, se queste attività si fossero svolte tempestivamente, è plausibile che l'omicida non avrebbe potuto uccidere nessuno. Proprio su questo si era fondata la decisione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha annunciato l'arrivo presso la Corte d'Appello torinese degli ispettori «con la massima tempestività possibile perché dobbiamo verificare quello che è accaduto».
Il presidente della Corte territoriale però, era stato chiaro. Se ritardo vi è stato, ha detto, esso si è verificato a causa della mancanza del personale, facendo capire che tale situazione era stata evidenziata allo stesso ministero. «Non è neanche giusto distinguere tra magistrati e cancelleria, ma la massa di lavoro da smaltire è tale che il ministero della Giustizia dovrebbe provvedere ad assumere cancellieri e assistenti perché è quello di cui abbiamo bisogno», aveva spiegato il presidente, che in questo modo aveva cercato di anticipare lo stesso ministro della Giustizia. Che però, come si è visto, non ha fatto una piega: «crediamo che il ministero debba sempre verificare l'efficienza della magistratura stessa».