"I testimoni di giustizia finalmente hanno un loro statuto che li distingue dai collaboratori di giustizia. Era giusto che nel nostro ordinamento trovassero un loro posto originale perché il testimone di giustizia è vittima di mafia, non è mai stato parte del mondo mafioso, come il collaboratore. Ha un profilo molto importante di testimonianza civile. Sappiamo quanto sono preziosi anche per motivare alla lotta alla mafia le giovani generazioni e non solo".
Lo dice Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, in un´intervista al Sir nella quale riflette sui passi compiuti nel 2017 nella lotta alla mafia e alla corruzione in Italia. La legge sui testimoni di giustizia è stata approvata il 21 dicembre. Parlando della legislatura che sta per concludersi, Bindi osserva: "In questa legislatura ci siamo dotati di un apparato normativo che aiuta a combattere le mafie in quegli ambienti di vita dove loro amano insediarsi. Penso. ad esempio, aver individuato il reato di caporalato oppure aver tipizzato i reati ambientali, il reato di voto di scambio, la riforma sugli appalti, l´istituzione dell´Autorità anticorruzione. Penso che complessivamente si siano fatti dei passi positivi. Certo, non poteva che essere così: un momento come quello che stiamo vivendo è particolarmente propizio: il presidente della Repubblica è fratello di una vittima di mafia; il presidente del Senato è stato procuratore nazionale antimafia; abbiamo un Papa come Francesco che scomunica i mafiosi ed è allo studio la scomunica anche per i corrotti".