Con l'ordinanza n. 9764 depositata lo scorso 8 aprile, la I sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso di un padre che lamentava la lesione del diritto alla bigenitorialità, ha cassato la sentenza impugnata che, fissando il diritto dell'uomo di pernottare con la figlia ogni quindici giorni, non prevedeva alcuna visita infrasettimanale.
Si è difatti precisato che "proprio nell'interesse del minore ad una crescita sana ed equilibrata, va assicurata la tutela del principio della bigenitorialità, inteso come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, così da garantirgli salde relazioni affettive con entrambi i genitori...".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, pronunciandosi su una domanda di separazione, con decreto affidava la figlia minore ad entrambi i genitori con collocamento presso la madre, stabilendo che il padre potesse vederla e tenerla con sé, salvo diverso accordo con la genitrice, a fine settimana alterni, ossia ogni quindici giorni.
La Corte d'Appello di Messina, adita in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c., confermava le modalità di visita senza dettare alcuna previsione specifica in relazione ai tempi di permanenza infrasettimanali della figlia presso il padre.
Quest'ultimo, ricorrendo in Cassazione, censurava la decisione per assunta lesione del diritto alla bigenitorialità, deducendo violazione di legge, anche processuale, in relazione all'art. 337 ter c.c. ed agli artt. 2, 3, 29 e 30 della Costituzione.
Secondo il ricorrente, infatti, il provvedimento impugnato non aveva previsto una frequentazione con la minore in misura tendenzialmente paritetica rispetto al periodo di permanenza presso la madre, genitore collocatario, sì da consentire, nella stabilita congrua assiduità dei rapporti, l'esercizio della comune responsabilità genitoriale.
Tale provvedimento, secondo il padre, non trovava alcuna giustificazione né alla luce della consolidata giurisprudenza, né in relazione alle caratteristiche della concreta fattispecie.
In particolare, il ricorrente rimarcava come, per consolidata giurisprudenza, una più assidua e consistente disciplina del tempo di permanenza del figlio presso il padre fosse pienamente ammissibile anche nel caso di tenera età del minore, al fine di consentire l'instaurarsi di un solido legame tra padre e figlio.
Con specifico riguardo al caso di specie, per la giurisprudenza richiamata, la tenera età della figlia non avrebbe ostacolato l'incremento del tempo di frequentazione con il padre, vieppiù in assenza – nella decisione impugnata – di qualsivoglia indicazione di elementi espressivi della inidoneità genitoriale tali da giustificare i disciplinati ristretti tempi di visita.
La Cassazione condivide le difese formulate dal ricorrente.
Gli Ermellini rimarcano come, in materia di affidamento dei figli e diritto di visita, occorre avere riguardo al superiore interesse della prole, atteso il preminente diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata: in tale ottica, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi; conseguentemente, eventuali provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, vanno adottati solo se necessari per l'interesse della prole.
Anche la giurisprudenza della Corte Edu, pur riconoscendo all'autorità giudiziaria ampia libertà in materia di affidamento, evidenzia la necessità di un più rigoroso controllo sulle "restrizioni supplementari", ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori: tali misure, comportando il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età e uno dei genitori o entrambi, impongono un controllo particolarmente penetrante a capo delle autorità nazionali, chiamate ad adottare tutte le misure idonee a mantenere i legami tra il genitore e i suoi figli.
In particolare, il giudice non solo deve controllare che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere contatti con lui, ma deve anche adottare l'insieme delle misure preparatorie che permettono di raggiungere questo risultato.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte di appello, pur dando atto che la minore aveva bisogno di mantenere e intensificare i rapporti con il padre, in maniera del tutto graduale, ha – con motivazione praticamente assente, senza tenere in alcun conto le critiche mosse dal padre – confermato i provvedimenti emessi dal giudice di primo grado, di cui ha apprezzato equilibrio e conformità agli interessi del minore.
La Cassazione rileva, invece, come la sentenza impugnata non abbia minimamente considerato la possibilità di instaurare una frequentazione infrasettimanale con il padre, né ha vagliato soluzioni alternative che potessero attuare il principio della bigenitorialità così come segnato, dalla giurisprudenza nazionale e della Corte di Strasburgo.
Da ultimo, la Corte rimarca che è preciso compito del giudice di merito, nel caso di provvedimenti restrittivi, evidenziare le ragioni di indegnità o di incapacità del genitore di prendersi cura del minore: nel caso di specie, nulla è stato compiuto dalla sentenza impugnata che, di contro, non ha neanche rilevato la capacità del padre di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore a tutela del diritto della figlia alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e sana.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d'appello di Messina in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.