Di Redazione su Giovedì, 14 Dicembre 2017
Categoria: Interventi e Opinioni

Bando a un euro, la sentenza del Consiglio di Stato è criticabile. Da giurista spiego perchè

Per il giurista Ivo Caraccioli (foto) i principi affermati si basano su argomentazioni fragili, in contrasto con la Costituzione: secondo l´articolo 36 il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro.
La sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. V, n. 4614 del 3/10/2017), riconosciuta la legittimazione attiva degli Ordini professionali quali enti esponenziali della categoria unitariamente considerata nei confronti degli atti che si assumano lesivi dell´interesse istituzionale della categoria, ha accolto il ricorso del Comune di Catanzaro contro l´Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Catanzaro ed altri, affermando la legittimazione attiva degli Ordini professionali quali enti esponenziali della categoria unitariamente considerata nei confronti di "atti che si assumano lesivi dell´interesse istituzionale della categoria".
Il principio di diritto affermato è quello che: "la gratuità finanziaria, anche se non economica, del contratto si riflette sulla procedura di selezione, che non può non esservi in concreto adattata". In conseguenza di quanto precede, "la sponsorizzazione non è un contratto a titolo gratuito, in quanto alla prestazione dello sponsor in termini di dazione del denaro o di accollo del debito corrisponde l´acquisizione, in favore dello stesso sponsor, del diritto all´uso promozionale dell´immagine della cosa di titolarità pubblica: il motivo che muove quest´ultimo è l´utilità costituita ex novo dall´opportunità di spendita dell´immagine, cioè la creazione di un nuovo bene immateriale".
Tuttavia, le argomentazioni della sentenza del Consiglio di Stato a favore della tesi della possibile "gratuità" dell´attività professionale degli architetti e di altri ordini professionali in qualche modo collegati a tale professione appaiono molto fragili e deboli da sostenere. In particolare deve, infatti, tenersi in considerazione l´esistenza e la necessaria tutela di un principio generale e preminente quale quello desumibile da una corretta valutazione dell´art. 36 della Costituzione. Al comma 1 viene infatti disposto che "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa": una disposizione assoluta e priva di qualsiasi limitazione, trattandosi di un diritto insuscettibile d´interpretazioni riduttive. Alla luce di tale principio generale deve, pertanto, essere valutata la particolare situazione del caso di specie: complesse e difficoltose attività di studio di problematiche tecniche, redazione di progetti, confronti "in loco" con la realtà naturalistica, dispendi economici e di energia già solo per la presentazione dei progetti, indipendentemente dall´esecuzione dei lavori programmati, una volta ottenuto l´affidamento del lavoro stesso.
Ne consegue l´assoluta inaccettabilità dell´(unico) esempio concreto addotto dalla commentata sentenza per sostenere la tesi contraria: ossia quello della "sponsorizzazione", che non sarebbe un contratto a titolo gratuito, in quanto "alla prestazione dello sponsor in termini di dazione del denaro e di accollo del debito corrisponde l´acquisizione, in favore dello stesso sponsor, del diritto all´uso promozionale dell´immagine della cosa di titolarità pubblica". Ma il paragone con le sponsorizzazioni (sportive, di singole manifestazioni teatrali o culturali, di specifici prodotti, ecc.) appare francamente inaccettabile, dato che in quel caso si tratta di singoli e ben determinati eventi. Il che nulla ha a che vedere con il lavoro (ampio e profondo) richiesto per la redazione di un Piano generale urbanistico di un´importante città capoluogo di regione come Catanzaro. Non senza dimenticare che la Calabria è affetta da un alto livello di abusivismo urbanistico, e quindi la redazione di tale piano risulta essere un compito professionale di notevole difficoltà.
In conclusione, quindi, il principio affermato dalla sentenza deve essere fortemente e decisamente criticato per diverse ragioni. In primis perché la decisione del Consiglio di Stato appare in contrasto o con l´art. 36 della Costituzione e con tutte le norme civili, amministrative e penali a tutela di qualsiasi forma di lavoro. L´argomentazione che richiama il fenomeno delle sponsorizzazioni sportive attiene inoltre a un tipo di attività che nulla ha a che vedere con la specifica attività di alto carattere professionale quale quella per cui è stato fatto ricorso (a norma di legge) al bando pubblico. Si ha infine l´impressione che a sostegno della decisione giurisdizionale si sia voluto dare un valore soltanto simbolico di tipo esclusivamente "politico", come tale inaccettabile in sede giudiziaria.


Fonte: Giornale dell´Architettura 14/12/17