Con l'ordinanza n. 27687 dello scorso 12 ottobre, la III sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso il diritto di un avvocato di vedersi riconosciuto, per un credito professionale che vantava verso una impresa esecutata, un privilegio generale sui mobili, ai fini della collocazione sussidiaria del credito sul prezzo degli immobili, di cui all' art. 2776 c.c..
Si è difatti specificato che "in tema di privilegio generale sui mobili, ai fini della collocazione sussidiaria del credito sul prezzo degli immobili, di cui all' art. 2776 c.c., grava sul creditore l'onere di provare che, prima di partecipare alla distribuzione nella quale invoca il privilegioè rimasto incapiente nell'esecuzione direttamente proposta ed impossibilitato ad intervenire nelle precedenti esecuzioni, ovvero che il suo intervento era (o sarebbe) stato superfluo per l'insufficienza del patrimonio mobiliare del debitore a soddisfare il suo credito, anche se privilegiato".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, un legale – nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare nei confronti di una società agricola – interveniva subito prima della udienza per l'approvazione del piano di distribuzione, al fine di ottenere la liquidazione di un proprio credito professionale.
A tal fine deduceva di aver svolto nel corso degli anni attività professionale continuativa in favore della ditta esecutata e, quale titolo per agire esecutivamente sui beni sociali, depositava un atto di riconoscimento di debito per prestazioni professionali rilasciato in suo favore da due socie dell'azienda agricola; il professionista sosteneva peraltro di poter utilmente intervenire quale creditore privilegiato ex art. 2776 c.c., il che avrebbe reso non tardivo il suo intervento.
Il giudice dell'esecuzione escludeva che il credito potesse godere del privilegio generale mobiliare, ex art. 2776 c.c., con possibilità di collocazione a preferenza sui creditori, per non aver il creditore intervenuto fornito la prova della preventiva, infruttuosa, esecuzione sui beni mobili della società debitrice.
Il Tribunale di Treviso, a definizione delle opposizioni proposte dall'avvocato, escludeva che l'opponente potesse far valere il privilegio di cui all' art. 2751 bis c.c., n. 2, dettato a tutela dei crediti professionali, non avendo preventivamente provveduto all'escussione del patrimonio delle socie nei limiti della loro responsabilità.
Il legale, ricorrendo in Cassazione, censurava l'illegittimità del provvedimento per non aver considerato il suo credito come assistito dal privilegio generale sui mobili, ex art. 2751 bis c.c., n. 2 , con il correlativo diritto ad essere soddisfatto prima dei crediti chirografari.
A tal fine la difesa del professionista deduceva di aver agito sulla base di un credito professionale, come tale assistito dal privilegio generale sui mobili, di cui all' art. 2751 bis c.c., n. 2 riguardanti le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione; alla luce di tanto, il ricorrente sosteneva come, per detto credito, dovesse applicarsi l' art. 2776 c.c., comma 2, con la conseguente collocazione sussidiaria, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari.
La Cassazione non condivide le doglianze del ricorrente.
In punto di diritto, la Corte ricorda che il credito vantato dall'intervenuto in una procedura esecutiva immobiliare può godere del privilegio generale sui beni mobili ai sensi dell' art. 2751 bis c.c., n. 2 solo qualora si riferisca a retribuzioni professionali dovute per gli ultimi due anni e laddove si fornisca la prova di aver tentato, infruttuosamente l'esecuzione sui beni mobili del debitore, prima dell'udienza di cui all'art. 596 c.p.c., o dell'udienza di discussione del progetto di riparto.
Da ultimo, la Corte ricorda che, in tema di privilegio generale sui mobili, ai fini della collocazione sussidiaria del credito sul prezzo degli immobili, di cui all' art. 2776 c.c., grava sul creditore l'onere di provare che, prima di partecipare alla distribuzione nella quale invoca il privilegio (e non anche prima di aver dispiegato l'azione esecutiva, pure soltanto mediante intervento), è rimasto incapiente nell'esecuzione direttamente proposta ed impossibilitato ad intervenire nelle precedenti esecuzioni (ad esempio, perché il suo credito non era ancora certo, liquido ed esigibile), ovvero che il suo intervento era (o sarebbe) stato superfluo per l'insufficienza del patrimonio mobiliare del debitore a soddisfare il suo credito, anche se privilegiato.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come correttamente sia stato escluso che il credito vantato dall'intervenuto potesse godere del privilegio generale sui beni mobili ai sensi dell'art. 2751 bis c.c., n. 2, essendo stato giudizialmente accertato che solo in sede di opposizione agli atti il creditore aveva dato la prova di aver notificato un precetto e tentato un pignoramento nei confronti delle socie. Inoltre, tutti i crediti professionali richiesti si collocavano oltre due anni prima all'intervento nell'esecuzione e quindi, anche qualora fossero stati provati nella loro debenza e nel loro ammontare, non avrebbero potuto fruire del predetto privilegio.
Infine, gli Ermellini evidenziano come il ricorrente neppure aveva indicato di aver attivato una procedura esecutiva mobiliare nei confronti della estinta società o delle socie, idonea ad attivare il privilegio generale sui mobili di cui all' art. 2776 c.c., che gli avrebbe consentito di essere preferito rispetto agli altri creditori chirografari sul ricavato della vendita degli immobili.
In conclusione, la Corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.