Di Redazione su Venerdì, 20 Gennaio 2017
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Avvocati, Architetti, Commercialisti: quando è l´Albo ad uccidere il lavoro

Mentre da Catania la protesta degli avvocati contro gli stipendi d´oro della Cassa continua, anche i mezzi di informazione puntano i riflettori sulla crisi della categoria Forense (e non solo).
 
Addirittura definirli "i nuovi poveri", come alcuni hanno fatto negli ultimi tempi, pare forse un poco eccessivo, ma certo è che se la passano molto peggio rispetto agli scorsi decenni e a quello che comunemente si potrebbe pensare: stiamo parlando di avvocati, architetti, commercialisti, e tutta una serie di liberi professionisti che vari motivi negli ultimi anni hanno visto il proprio benessere economico ridursi drasticamente. Molte le ragioni dietro a questo impensabile declino, fra le quali però ne spicca una in particolare: gli insostenibili costi derivanti dalle iscrizioni agli albi professionali.
Il calo del reddito. Secondo una media generale, i liberi professionisti italiani hanno visto calare il proprio reddito, fra il 2005 e il 2014, del 24 percento, tenendo conto delle variazioni dell´inflazione. Gli unici rimasti fuori da questo crollo sono i medici e i veterinari, che anzi hanno visto aumentare i propri guadagni nell´ultimo decennio di più del 7 percento. Ma per tutti gli altri la vita è sempre più grama: commercialisti e ragionieri, per esempio, hanno riscontrato un calo del reddito pari al 14 percento; ingegneri ed architetti del 22 percento, ma il peggio è toccato agli avvocati: -35 percento del reddito. Questi ultimi in particolare meritano un discorso dettagliato.
La grande crisi degli avvocati. Che in Italia coloro che decidono di dedicarsi alla professione forense siano decisamente troppi è risaputo: nel nostro Paese ci sono 269 legali ogni 100mila abitanti, mentre in Germania e Francia ce ne sono rispettivamente 191 e 84. Solo in Spagna proliferano avvocati più che in Italia (277 ogni 100mila abitanti). Una situazione che rende il mercato incredibilmente saturo, all´interno del quale è sempre più difficile ottenere veri e propri guadagni. In questo contesto, i più svantaggiati in assoluto sono, nemmeno a dirlo, i giovani. Fino almeno ai 35 anni è impensabile per un avvocato cominciare a lavorare in proprio, e i compensi naturalmente ne risentono; ma soprattutto, a rendere le cose ancor più complesse, ci ha pensato un decreto dell´allora Governo Monti a proposito dell´iscrizione all´albo professionale. Fino a pochi anni fa, infatti, i giovani avvocati che non raggiungevano i 10.300 euro annui di reddito erano esentati dal pagamento dei contributi alla cassa forense, cosa che da un lato apriva alcuni margini per l´evasione fiscale da parte di quei professionisti che figuravano in questa categoria pur guadagnando molto di più, ma da un altro lato consentiva a coloro che ancora portavano a casa poche centinaia di euro al mese di non veder andar via metà del proprio stipendio solo in tributi all´albo. Monti abolì questa previsione, nel tentativo di contrastare l´evasione fiscale, ma mentre queste non è per nulla diminuita, gli avvocati dai redditi meno elevati si ritrovano in difficilissime condizioni, tali da rendere spesso obbligata la disiscrizione dall´albo professionale. Il quale, per essere chiari, richiede un contributo minimo di almeno 70 euro al mese (naturalmente a salire) per la sola previdenza.
Essere architetto, cioè essere indebitato. Situazione analogamente difficile anche per gli architetti. Già di per sé, si tratta di un mestiere dalle numerose incognite in termini di guadagni, in primo luogo per la grandissima concorrenza presente in Italia, e in secondo luogo per i ritardi pazzeschi nei pagamenti sia da parte del settore pubblico (media di 217 giorni) che privato (172 giorni). Da ciò, il fatto che il 57 percento degli studi di architettura sono costretti a chiedere prestiti e indebitarsi con banche, istituzioni finanziarie e fornitori, rimanendo sempre in una pericolosa posizione di equilibrio fra il fallimento e la sopravvivenza. Il tutto aggravato, anche in questo caso, dalle esorbitante richieste da parte dell´albo professionale, anch´esso toccato dal decreto Monti di cui sopra. Le logiche conseguenze, in casi come questi, sono due: o disiscriversi come avviene fra gli avvocati, oppure evadere i contributi richiesti, come invece accade fra gli architetti, sui quali gravano 430 milioni di euro di debiti per tributi non corrisposti. Peggio ancora per i geometri, i cui debiti nei confronti della cassa professionale ammontano a 600 milioni di euro.


Fonte: Bergamo post.it