Di Redazione su Venerdì, 23 Settembre 2016
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Manca "progetto", Co.Co.Co. simulata, SC: conversione del rapporto in subordinato

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lav., con Sentenza n. 17448 del 2016, depositata in data 31 agosto, pronunciando in ordine ad una opposizione proposta da una società contro il verbale di accertamento e l´iscrizione a ruolo, seguita da emissione della cartella, con cui era stato intimato il pagamento in favore dell´INPS di somme dovute a titolo di contributi e somme aggiuntive in relazione al rapporto di lavoro con un lavoratore.
A seguito del parziale accoglimento del ricorso, la società decideva di ricorrere in Cassazione argomentando sull´assenza di un rapporto di lavoro subordinato col predetto lavoratore, ritenendo piuttosto inquadrabile la fattispecie contrattuale in quella della collaborazione coordinata e continuativa così come disciplinata dall´art. 61 d.lgs. n. 276/2003.
L´azienda fondava prevalentemente la propria difesa sul fatto che il requisito della specificità necessario perchè potesse parlarsi di co.co.co. fosse correlato prevalentemente al progetto e non anche al programma di lavoro.
La Sezione ha preliminarmente rilevato che tanto la dottrina quanto la giurisprudenza hanno avanzato diverse ipotesi interpretative sull´uso dei due diversi termini "progetto" e "programma", sostenendo che il primo sarebbe caratterizzato per la sua funzionalità ad un risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione, ed il secondo per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali.
Ma, per altra parte della dottrina e della giurisprudenza (quest´ultima prevalente), invece, i due termini costituiscono una endiadi, ossia un unico concetto espresso attraverso due diversi sostantivi, da interpretarsi nel senso di una specifica indicazione "di ciò che il committente intende realizzare".
In altri termini, le due parole hanno la funzione di indicare segmenti specifici dell´attività organizzata dal committente, definiti sia sotto il profilo strutturale che temporale. Ciò che viene essenzialmente in rilievo - ha rilevato la Sezione ricostruendo le conclusioni di questa corrente maggioritaria - è che l´attività affidata con il lavoro a progetto si svolga in piena autonomia, in funzione di un risultato determinato ed in coordinazione con l´organizzazione predisposta dal committente, anche sotto il profilo temporale.
Ciò detto, aderendo a questa ultima interpretazione, la Sezione ha rilevato che la Corte territoriale aveva fatto corretta applicazione dei principi di diritto in questione, avendo analizzato il progetto riportato dal contratto di collaborazione ed avendolo ritenuto, con motivazione logica ed immune da vizi, generico, in guisa tale da non soddisfare i criteri richiesti per qualificare il rapporto come lavoro a progetto.
Per tali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instauratisi senza uno specifico progetto, l´art. 69, comma 1, cit., impiega la locuzione "rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto".
Si ha in sostanza, secondo i Supremi Giudici, una tipica "conversione" del rapporto ope legis (quali ad es. le fattispecie interpositorie o di illegittima apposizione del termine finale di durata al contratto di lavoro).
Ne consegue che, in mancanza di progetto, programma di lavoro o fase di esso, la conversione automatica dei rapporti di lavoro subordinato non può essere evitata dal committente-datore di lavoro neppure provando che la prestazione lavorativa sia stata caratterizzata da una piena autonomia organizzativa ed esecutiva.
Ciò detto ed evidenziato il ricorso è stato ritenuto infondato e dunque respinto dal Supremo Collegio.

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