Di Rosalia Ruggieri su Martedì, 10 Dicembre 2019
Categoria: Donne

Atti sessuali con la figliastra minorenne: nessuno sconto di pena, neanche se la ragazza non subisce traumi

Con la sentenza n. 49724 dello scorso 6 dicembre, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna inflitta ad un uomo per aver avuto rapporti sessuali con una minorenne, figlia della moglie convivente, rigettando le difese dell'uomo secondo cui, non avendo avuto subito la ragazza alcun trauma alla vita di relazione e al processo di evoluzione, doveva applicarsi l'attenuante per i casi di minore gravità di cui all'art. 609-quater, quarto comma, c.p.

Si è difatti specificato che tale attenuante va esclusa sia quando gli abusi in danno della vittima siano stati reiterati nel tempo, sia nel caso in cui gli atti sessuali si inseriscano nell'ambito di una "relazione amorosa" con il minore, essendo tale situazione indice, da un lato, di una sostanziale prevaricazione ai danni della vittima e, dall'altro, della ripetizione degli atti sessuali per un considerevole lasso di tempo.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un uomo, accusato del delitto di cui agli artt. 81, 609-quater, comma 1, n. 2 e 61 n. 11 c.p. per aver intrattenuto una relazione sessuale con una ragazza, di età inferiore agli anni quattordici, figlia della moglie con cui conviveva.

In particolare l'imputato, convivendo con la moglie e con la figlia dodicenne che quest'ultima aveva avuto da una precedente relazione, aveva instaurato una relazione amorosa con la ragazza, durata circa due anni, consistente in toccamenti, rapporti orali e vaginali. 

 Per tali fatti, sia il g.i.p. del Tribunale di Verona, all'esito del giudizio abbreviato, che la Corte di appello di Venezia lo condannavano alla pena di giustizia, determinata in anni quattro di reclusione e, riscontrata la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, ossia la minore età e la tipologia di atto sessuale compiuto, negavano l'applicazione di qualsiasi attenuante.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell'uomo eccepiva che la Corte territoriale aveva erroneamente negato i presupposti integranti la circostanza attenuante di cui all'art. 609-quater, comma 4, c.p., nel caso di specie sussistente.

A tal fine sosteneva che la relazione affettiva con la persona offesa non aveva arrecato alcun danno alla vita di relazione e al processo di evoluzione della minore, tanto che costei, in seguito, aveva intrattenuto una relazione sentimentale con un coetaneo; inoltre evidenziava che, proprio il contesto della relazione amorosa tra i due, avrebbe dovuto condurre al riconoscimento dell'attenuante, non potendo la stessa essere esclusa sulla base degli elementi costitutivi della fattispecie, ossia la minore età e la tipologia di atto sessuale compiuto.

In seconda istanza, il ricorrente si doleva per non aver la Corte territoriale dato ingresso a una serie di documenti, successivi alla consumazione del reato (relativi alla separazione consensuale, al lavoro svolto dall'imputato, alla capacità genitoriale del medesimo), al fine di apprezzare la sua condotta e riconoscere l'attenuante di cui all'art. 609-quater, comma 4, c.p..

La Cassazione non condivide le difese mosse dal ricorrente.

 La Corte premette che in tema di atti sessuali con minorenni, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all'art. 609-quater, quarto comma, c.p. deve farsi riferimento alla valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età.

Sul punto, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che il riconoscimento dell'attenuante in esame debba essere escluso sia quando gli abusi in danno della vittima siano stati reiterati nel tempo, sia nel caso in cui gli atti sessuali si inseriscano nell'ambito di una "relazione amorosa" con il minore, essendo tale situazione indice, da un lato, di una sostanziale prevaricazione ai danni della vittima e, dall'altro, della ripetizione degli atti sessuali per un considerevole lasso di tempo

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia come gli atti sessuali, consistiti in toccamenti, rapporti orali e vaginali, iniziarono quando la minore aveva dodici anni, si protrassero per poco meno di due anni e furono consumati nell'ambito di una relazione "sentimentale": tali elementi, quindi, alla luce dei principi sopra evocati, ostano al riconoscimento dell'attenuante.

Da ultimo la Corte esclude che ai fini del riconoscimento dell'attenuante in esame possano rilevare, come dedotto dal ricorrente, condotte successive alla commissione del fatto incriminato.

In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili nel grado, liquidate complessivamente in 5.000 Euro.

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