Di Redazione su Martedì, 10 Gennaio 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Assenza alla visita domiciliare: quali sono le conseguenze?

Sull´argomento si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione , Sezione Lavoro, con Sentenza n.64 del 2017, depositata in data 4 gennaio 2017.
I Supremi Giudici hanno precisato richiamando precedente giurisprudenza di legittimità che la permanenza presso il proprio domicilio durante le fasce orarie previste per le visite mediche domiciliari di controllo costituisce non già un onere bensì un obbligo per il lavoratore ammalato, in quanto l´assenza, rendendo di fatto impossibile il controllo in ordine alla sussistenza della malattia, integra un inadempimento, sia nei confronti dell´istituto previdenziale, sia nei confronti del datore di lavoro, che ha interesse a ricevere regolarmente la prestazione lavorativa e, perciò, a controllare l´effettiva sussistenza della causa che impedisce tale prestazione
Antefatto
La pronuncia su menzionata trae origine dai due ricorsi posti in essere da una lavoratrice, dipendente della Banca Nazionale del Lavoro, anche in qualità di dirigente, avverso la datrice di lavoro.
Con la prima causa quest´ultima impugnava il primo licenziamento irrogato per giustificato motivo oggettivo in quanto intimato in corso di malattia nonché sospeso fino alla guarigione e quindi privo di effetti .
Con la seconda veniva impugnato il licenziamento successivamente irrogato per giusta causa conseguente al mancato rinvenimento della stessa lavoratrice a ben tre visite di controllo domiciliare, e ritenuto dalla ricorrente strettamente correlato al primo.
La dipendente non vedendo accolti i ricorsi decide di ricorrere in Cassazione.
Motivi della decisione
I Supremi Giudici ritengono corretta la decisione della Corte di merito di ritenere che l´efficacia del primo licenziamento, intimato per giustificato motivo oggettivo fosse rimasta sospesa durante tutto il periodo di malattia sofferto dalla lavoratrice e che, essendosi fuori dall´ambito della tutela reale, gli effetti definitivi della risoluzione del rapporto in esame non potevano che ricondursi al secondo licenziamento intimato per giusta causa (ripetute ed ingiustificate assenze alle visite fiscali), del quale si imponeva la verifica di legittimità.
Né, tantomeno, i Giudici del Palazzaccio ritengono condivisibile l´assunto attraverso il quale si contesta la decisione della Corte di merito di aver voluto scindere la ricostruzione in punto di fatto dei due licenziamenti in quanto, una volta accertato che gli effetti della risoluzione del rapporto discendevano direttamente dal secondo licenziamento intimato per giusta causa, il relativo tema d´indagine restava logicamente circoscritto alla disamina della vicenda che vi aveva dato vita.
Viene , infatti, ricordato dal Supremo Collegio che "lo stato di malattia del lavoratore preclude al datore di lavoro l´esercizio del potere di recesso solo quando si tratta di licenziamento per giustificato motivo; esso non impedisce, invece, l´intimazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragion d´essere la conservazione del posto di lavoro in periodo di malattia di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione neppure in via temporanea del rapporto".
La Corte territoriale, precisano i Giudici di Piazza Cavour, ha esaminato, infatti, accuratamente la documentazione attinente alle assenze riscontrate in occasione delle visite fiscali domiciliari ed alle giustificazioni fornite dalla lavoratrice, rilevando, all´esito di tale accertamento di fatto, che l´allontanamento dal domicilio non era risultato essere assistito da valide giustificazioni e che, in ogni caso, lo stesso non escludeva l´obbligo per la lavoratrice di comunicare di volta in volta l´assenza per consentire all´azienda di controllare, tramite l´Inps, l´effettività della sua malattia. Inoltre, la Corte di merito ha giustamente osservato che il fatto che in un momento successivo alla visita non eseguita per assenza della lavoratrice fosse stata confermata, da parte del medico dell´Inps, la malattia diagnosticata con la relativa prognosi non rilevava ai fini dell´appurato inadempimento dell´obbligo di comunicazione preventiva dell´assenza dal domicilio. Infine, i giudici d´appello avevano già giustamente evidenziato che il rapporto fiduciario caratterizzante l´incarico dirigenziale comportava una valutazione maggiormente rigorosa del comportamento della lavoratrice, dell´addebitabilità dei fatti contestati a titolo di grave negligenza e della idoneità dello stesso, ripetuto per ben tre volte nell´arco temporale di circa due mesi a riprova del disinteresse dimostrato per le esigenze datoriali, ad incidere in modo definitivo sul vincolo fiduciario.
Al riguardo si è affermato che "in tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell´adempimento, denotando scarsa inclinazione all´attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza; spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell´addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un´utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all´intensità dell´elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all´assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo".
La Corte Suprema alla luce della considerazione su dette rigetta il ricorso.
Si allega sentenza.
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