Con l'ordinanza n. 29290 depositata lo scorso 21 ottobre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha statuito l'obbligo di un uomo di versare un assegno divorzile all'ex moglie, ritenendo ammissibile la domanda proposta dalla donna che, per la prima volta in grado di appello, aveva richiesto l'attribuzione del sostegno economico, in quanto le condizioni economiche dei coniugi erano mutate nel corso del giudizio di primo grado.
Si è difatti statuito che "Qualora i presupposti del diritto all'assegno maturino nel corso del giudizio, non può trovare applicazione l'istituto del giudizio di revisione ex art. 9 della legge n. 898/1970, atteso che, nei procedimenti di separazione e divorzio, ove gli elementi di fatto che possono incidere sull'attribuzione e determinazione degli obblighi economici si siano verificati in corso di causa, devono essere presi in esame nel corso del giudizio, in quanto governato dalla regola rebus sic stantibus".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Roma – su istanza del marito e in contumacia della moglie – pronunciava la cessazione degli effetti civili di un matrimonio.
La moglie proponeva appello chiedendo in tale sede, per la prima volta, di ottenere il versamento da parte dell'ex coniuge di un assegno divorzile, nella misura ritenuta congrua.
La Corte di Appello di Roma, accogliendo l'eccezione preliminare sollevata dall'ex marito, dichiarava l'inammissibilità della domanda di attribuzione di un assegno divorzile proposta per la prima volta in grado di appello, per violazione dell' art. 345 c.p.c..
Ricorrendo in Cassazione, la donna denunciava violazione e falsa applicazione dell'art. 4 comma 15 della legge 898/1970, per essere stato violato il principio del rebus sic stantibus che permea i procedimenti in materia di famiglia.
A tal riguardo la ricorrente rilevava che, solo dopo la sentenza di primo grado, era venuta a conoscenza della circostanza che l'ex marito – dopo la proposizione del ricorso nel quale aveva dedotto di essere privo di reddito e di lavoro – si era intestato un negozio di famiglia nel corso del giudizio di primo grado e comunque prima della pronuncia della sentenza di primo grado, , determinando così una modifica delle condizioni economiche dei coniugi che erano presenti al momento dell'instaurazione del giudizio di divorzio.
La Cassazione condivide le difese formulate dalla ricorrente.
La Corte ricorda che, nel giudizio di divorzio, la domanda di assegno deve essere proposta nel rispetto degli istituti processuali propri di quel rito, dovendo quindi essere necessariamente contenuta nell'atto introduttivo del giudizio ovvero nella comparsa di risposta; tuttavia, deve escludersi la relativa preclusione nel caso in cui i presupposti del diritto all'assegno maturino nel corso del giudizio, in quanto la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, così come quelli attinenti al regime della separazione, postulano la possibilità di modularne la misura al sopravvenire di nuovi elementi di fatto.
Qualora i presupposti del diritto all'assegno maturino nel corso del giudizio, non può trovare applicazione l'istituto del giudizio di revisione ex art. 9 della legge n. 898/1970, atteso che, nei procedimenti di separazione e divorzio, ove gli elementi di fatto che possono incidere sull'attribuzione e determinazione degli obblighi economici si siano verificati in corso di causa, devono essere presi in esame nel corso del giudizio, in quanto governato dalla regola rebus sic stantibus; diversamente, l'istituto della revisione trova applicazione soltanto in relazione ai fatti successivi all'accertamento coperto da giudicato, dovendo, invece, le altre emergenze essere esaurite nei gradi d'impugnazione relativi al merito.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la richiesta di attribuzione dell'assegno di divorzio svolta per la prima volta in grado di appello fosse ammissibile, in quanto le condizioni economiche dei coniugi erano mutate nel corso del giudizio di primo grado. Conseguentemente, la Corte d'Appello è incorsa nella violazione di legge per aver accolto l'eccezione di inammissibilità della domanda di assegno di divorzio, proposta per la prima volta in appello.
Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.