Con la pronuncia n. 12012 depositata lo scorso 7 maggio, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un padre che voleva scomputare dall'importo fissato dal giudice quale contributo per il mantenimento della moglie e del figlio quanto dalla donna percepito a titolo di assegno familiare dal suo datore di lavoro, precisando che in materia di determinazione del contributo al mantenimento del figlio minore, ove gli accordi tra i coniugi o le statuizioni del giudice nei processi di separazione personale e divorzio non abbiano espressamente tenuto conto dell'ammontare degli assegni familiari corrisposti per i figli dal datore di lavoro al coniuge non affidatario, siffatte voci non compongono la base delle entrate su cui calcolare il concorso dei coniugi al mantenimento dei figli, restando nella facoltà del giudice e nella disponibilità delle parti la scelta di ricomprenderle o meno al fine di stabilire eque modalità di contributo al mantenimento..
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Roma, con decreto provvisoriamente esecutivo, ingiungeva a un padre di corrispondere in favore dell'ex moglie, ricorrente in monitorio, il pagamento della somma di 37.655,48 Euro a titolo di differenze, interessi e rivalutazione monetaria sugli assegni di mantenimento e divorzili fissati in favore del coniuge e del figlio dalle sentenze di separazione e divorzio: l'uomo, infatti, aveva scomputato dalle maggiori somme indicate nelle sentenze gli importi che il proprio datore di lavoro, il Parlamento Europeo, direttamente corrispondeva all'ex coniuge a titolo di assegni familiari.
All'esito del giudizio di opposizione proposto dall'ex marito, Tribunale confermava il decreto.
La Corte di Appello di Roma confermava la sentenza di primo grado: esclusa la diretta applicabilità alla controversia in esame della normativa comunitaria disciplinante i compensi erogati dal Parlamento Europeo, i giudici rimarcavano come – a prescindere dalla normativa di riferimento, se comunitaria o nazionale – l'ammontare stabilito nella sentenzadi separazione e divorzio quale contributo di mantenimento da corrispondere alla moglie e al figlio non tenesse conto delle altre entrate erogate al coniuge affidatario quali assegni per il nucleo familiare.
Ricorrendo in Cassazione, l'uomo censurava la decisione della Corte di merito per violazione dello Statuto del Parlamento Europeo – adottato con Regolamento e direttamente applicabile negli Stati membri – in materia di assegni familiari spettanti al funzionario che abbia uno o più figli a carico.
In particolare, il ricorrente rilevava come la Corte romana, stabilendo che agli importi fissati nelle pronunzie di separazione e divorzio per il mantenimento dovessero aggiungersi le indennità versate all'ex coniuge dal Parlamento Europeo (con conseguente illegittimità dello scorporo), avrebbe interpretato le sentenze di separazione e divorzio alla luce dell'erronea e non applicabile legge italiana, così violando le prescrizioni del regolamento direttamente applicabili.
La Cassazione non condivide le difese formulate dall'ex marito.
Secondo gli Ermellini, infatti, non vi sono ragioni per discostarsi dal principio secondo cui in materia di determinazione del contributo al mantenimento del figlio minore, ove gli accordi tra i coniugi o le statuizioni del giudice nei processi di separazione personale e divorzio non abbiano espressamente tenuto conto dell'ammontare degli assegni familiari corrisposti per i figli dal datore di lavoro al coniuge non affidatario, siffatte voci non compongono la base delle entrate su cui calcolare il concorso dei coniugi al mantenimento dei figli, restando nella facoltà del giudice e nella disponibilità delle parti la scelta di ricomprenderle o meno al fine di stabilire eque modalità di contributo al mantenimento..
Con specifico riferimento al caso di specie, le sentenze di separazione e divorzio, oramai passate in giudicato, nel determinare l'importo dell'assegno di mantenimento non vi hanno ricompreso anche gli assegni familiari da corrispondersi al coniuge lavoratore dal datore: in mancanza di una espressa indicazione delle parti sul punto, gli assegni familiari non sono stati computati nelle risorse economiche del genitore non affidatario, tenuto verso l'altro coniuge al contributo per il mantenimento del figlio.
Secondo gli Ermellini, siffatto accertamento, oramai passato in giudicato, non può più essere messo in discussione, in quanto le relative critiche dovevano, al più, essere mosse nei relativi giudizi di impugnazione delle sentenze di separazione e divorzio.
D'altro canto, la Corte rileva come non ha pregio la doglianza del ricorrente vertente sulla diretta applicazione, nel caso di specie, della normativa regolamentare comunitaria.
Infatti, la Corte di merito, con argomentazione ineccepibile, ha dato conto che la disciplina degli assegni familiari da corrispondersi dal datore di lavoro al proprio dipendente – qualunque ne sia la fonte di previsione, sia essa nazionale o comunitaria – è destinata a confluire nella materia degli assegni fissati nel giudizio di separazione e divorzio a titolo di contributo per il mantenimento del figlio minore, veicolata dagli accordi delle parti o le determinazioni del giudice.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità.