Di Rosalia Ruggieri su Venerdì, 10 Maggio 2019
Categoria: Legge e Diritto

Assegnazione casa coniugale, SC: “Va revocata se la figlia va all’estero e rientra saltuariamente”

Con l'ordinanza n. 11844 depositata lo scorso 6 maggio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, ha confermato la revoca dell'assegnazione della casa coniugale in favore della madre in considerazione del trasferimento all'estero della figlia e del suo rientro solo per brevissimi periodi, in quanto il carattere del tutto saltuario dell'utilizzazione da parte della prole dell'originaria casa familiare esclude che questa possa ancora rappresentarne l'habitat domestico e, di conseguenza, il centro dei suoi affetti.

Si è quindi precisato che deve sussistere un rapporto stabile con il genitore e – sebbene la coabitazione possa non essere quotidiana, ben potendo il figlio assentarsi, anche per periodi non brevi per motivi di studio e lavoro, purchè vi faccia ritorno regolarmente appena possibile – la sua presenza deve essere effettiva, ovvero deve esserci una prevalenza temporale in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese).

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Venezia, su istanza di parte, disponeva la revisione delle disposizioni raggiunte all'esito di un divorzio di una coppia di coniugi e, per l'effetto, diminuiva l'ammontare del contributo mensile a carico del padre per il mantenimento della figlia maggiorenne, revocando altresì l'assegnazione della casa familiare in favore della madre convivente con la figlia, in considerazione del trasferimento della ragazza all'estero. 

La Corte d'Appello di Venezia rigettava il reclamo proposto dalla madre, la quale proponeva ricorso in Cassazione denunciando la decisione impugnata nella parte in cui – sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla stessa ragazza – confermava la revoca dell'assegnazione della casa coniugale.

In particolare, la donna eccepiva come la corte territoriale avesse omesso di valutare i documenti prodotti (certificati di residenza ed altre risultanze anagrafiche), volti a dimostrare il carattere meramente temporaneo dell'allontanamento della figlia maggiorenne dalla città di residenza.

In secondo luogo la donna rilevava la contraddittorietà della motivazione, avendo il giudice d'appello ritenuto sciolto il legame della figlia maggiorenne con la città ove era ubicata la casa familiare, salvo poi ammettere che quest'ultima si recava presso tale abitazione.

La Cassazione non condivide i rilievi sollevati dalla ricorrente.

In relazione alla prima censura relativa all'omessa valutazione dei documenti prodotti, i Supremi Giudici ricordano che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito; conseguentemente,il ricorso per Cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa. 

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come il ricorso non contenga indicazione circa la decisività dei documenti non valutati: le prodotte risultanze anagrafiche, invero, sono inidonee ad invalidare i dati probatori posti a fondamento della decisione, soprattutto alla luce di quanto dedotto dalla Corte in forza della audizione della stessa figlia maggiorenne.

In relazione alla seconda doglianza relativa alla contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, pur dando atto che la ragazza si recava presso la casa familiare, escludeva che presso la stessa casa risiedesse il centro delle proprie attività ed interessi, la Cassazione afferma l'ineccepibilità dell'impugnato decreto.

Difatti, la circostanza per cui la figlia maggiorenne si rechi con una certa periodicità presso l'abitazione materna, non esclude affatto che la stessa abbia trasferito il centro delle proprie attività ed interessi all'estero.

Sotto altro aspetto, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il carattere del tutto saltuario dell'utilizzazione da parte della prole dell'originaria casa familiare esclude che questa possa ancora rappresentarne l'habitat domestico e, di conseguenza, il centro dei suoi affetti.

In particolare, ai fini dell'assegnazione della casa familiare, la convivenza è rilevante solo se comporta la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi; diversamente, nel caso in cui il figlio faccia saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, un rapporto di mera ospitalità.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte costituita, delle spese processuali.

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