Con l'ordinanza n. 23473 depositata lo scorso 27 ottobre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di assegnazione della casa coniugale, ha rigettato le doglianze di un padre secondo cui, per il trasferimento del figlio maggiorenne in altra città e per il suo rientro nell'ex casa coniugale solo nel weekend, doveva escludersi che l'originaria casa familiare potesse ancora rappresentarne il centro dei suoi affetti.
Si è, quindi, confermata l'assegnazione della casa coniugale in favore di una madre, quale genitore coabitante con il figlio maggiorenne, sul presupposto che "l'accertamento di fatto – insindacabile in sede di legittimità - che il figlio maggiorenne non autosufficiente torni con frequenza settimanale presso la casa familiare porta a ritenere integrato il requisito della convivenza con la madre presso tale abitazione".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Rimini, su istanza di parte pervenuta a seguito di una sentenza non definitiva di cessazione degli effetti civili del matrimonio, assegnava la casa familiare in favore della madre, quale genitore coabitante con il figlio maggiorenne, non economicamente autosufficiente.
Il padre proponeva impugnazione davanti alla Corte di Appello di Bologna, chiedendo che fosse accertata l'insussistenza dei presupposti per l'assegnazione della casa coniugale a favore della moglie, posto che la non autosufficienza economica del figlio maggiorenne dovesse ritenersi imputabile a una sua condotta colposa.
La Corte d'Appello di Bologna confermava le statuizioni del giudice di prime cure.
L'uomo proponeva, quindi, ricorso in Cassazione denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 155, 337 sexies e 337 septies c.c., in relazione agli artt. 3 e 42 Cost..
In particolare, l'uomo eccepiva come la corte territoriale avesse omesso di considerare che il figlio viveva stabilmente a Bologna e che solo saltuariamente tornava a casa.
A tal fine rilevava come la Cassazione, in alcuni precedenti giurisprudenziali, avesse evidenziato che la nozione di convivenza rilevante agli effetti dell'assegnazione della casa familiare comporti la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori con sporadici allontanamenti: alla luce di tanto – in quei precedenti, regolanti casi simili a quello di specie – si era espressamente escluso che il saltuario ritorno del figlio presso l'abitazione familiare solo per i fine settimana giustificasse la permanenza dell'assegnazione a favore dell'altro coniuge.
In conclusione, il ricorrente sosteneva che, alla luce degli interessi del figlio nella nuova città di studio, non si potesse più ritenere necessaria la tutela dell'interesse a permanere nell'ambiente domestico in cui era cresciuto, per mantenere le consuetudini di vita e le relazioni sociali che in tale ambiente si erano radicate.
La Cassazione non condivide i rilievi sollevati dal ricorrente.
Gli Ermellini evidenziano come la circostanza per cui il figlio si rechi in altra città per studio e rientri presso l'abitazione materna solo nei weekend non esclude affatto che lo stesso abbia trasferito altrove il centro delle proprie attività ed interessi.
Difatti proprio l'accertamento di fatto – insindacabile in sede di legittimità - che il figlio maggiorenne non autosufficiente torni con frequenza settimanale presso la casa familiare porta a ritenere integrato il requisito della convivenza con la madre presso tale abitazione.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso, con compensazione delle spese processuali.