Di Rosalia Ruggieri su Lunedì, 21 Gennaio 2019
Categoria: Edilizia e Urbanistica

Ascensore per disabile, SC: “Installazione vietata se reca pregiudizio ad altro condomino”

La III sezione della Corte di Cassazione, chiamata a vagliare la legittimità di una delibera assembleare con cui si autorizzava l'installazione di un ascensore per eliminare le barriere architettoniche in un condominio, ne ha vietato l'installazione che avrebbe comportato per un condomino un rilevante pregiudizio dell'originaria possibilità di utilizzare il pianerottolo.

Così, con l'ordinanza n. 21339 del 2017, la Corte ha dichiarato la nullità di quella deliberazione, sul presupposto che "l'installazione di un ascensore costituisce un'innovazione per l'abbattimento delle barriere architettoniche che va approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, commi 2 e 3 c.c.; tuttavia, secondo quanto prescritto dal comma 3 di detta norma, vanno sempre osservati i limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c.; pertanto, tale installazione è vietata se comporta per il condomino un rilevante pregiudizio dell'originaria possibilità di utilizzazione del pianerottolo.".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'adozione di una delibera condominiale con la quale veniva affidato ad un professionista la progettazione di un impianto di ascensore in un condominio, necessario per eliminare le barriere architettoniche e favorire la mobilità di un disabile.

Una condomina, proprietaria di un esercizio commerciale, adiva il Tribunale di Torino, affinché dichiarasse la nullità di quella delibera, in quanto l'eventuale installazione dell'ascensore avrebbe reso pregiudizievole l'uso esclusivo del pianerottolo su cui lo stesso ascensore doveva collocarsi. La stessa, infatti, deduceva che l'esercizio commerciale era dotato di due accessi, dei quali l'uno si percorreva provenendo dal pianerottolo, sicché l'installazione dell'ascensore avrebbe reso estremamente difficoltoso l'entrata da quell'accesso. 

Il giudice di prime cure rigettava la domanda, rilevando l'insussistenza di una titolarità individuale del pianerottolo in favore della condomina.

La decisione veniva ribaltata dalla Corte di Appello di Torino la quale, accogliendo l'appello, dichiarava nulla quella delibera.

In particolare i giudici di secondo grado – all'esito della consulenza tecnica predisposta – rilevavano che l'innovazione costituita dalla realizzazione dell'ascensore avrebbe gravemente limitato la possibilità per la condomina di accedere alle parti comuni dell'immobile, dovendosi a tal fine utilizzare lo stesso ascensore, sempre che avesse le porte aperte e non fosse guasto.

Ricorrendo in Cassazione, il Condominio censurava la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 1120 c.c., comma 2 (nella formulazione ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla legge 220/2012), ritenendo come l'installazione dell'ascensore non avrebbe arrecato pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, né tantomeno alterato il decoro architettonico o reso talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.

La Cassazione non condivide la censura prospettata e rigetta il ricorso per manifesta infondatezza.

In punto di diritto gli Ermellini ricordano che, in tema di condominio, l'installazione di un ascensore su area comune, allo scopo di eliminare le barriere architettoniche, costituisce un'innovazione che va approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c., commi 2 e 3. 

L'installazione può essere anche effettuata, a proprie spese, dal condomino portatore di handicap qualora entro tre mesi dalla richiesta scritta volta ad ottenere la deliberazione assembleare su siffatta innovazione, intervenga una deliberazione contraria o una inerzia dell'Assemblea dei condomini.

In tal caso, tuttavia, è pur sempre necessario l'osservanza dei limiti previsti dall'art. 1120 c.c., comma 2 (nella formulazione ratione temporis applicabile) e 1121 c.c., sicché sono da considerarsi vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità, secondo l'originaria costituzione della comunione.

La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che tale concetto di inservibilità della parte comune non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione – considerato che tale disagio è coessenziale al concetto stesso di innovazione - ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della "res communis" secondo la sua naturale fruibilità (cfr. Cass. n. 15308/2011).

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva come l'accertamento compiuto dalla Corte d'Appello di Torino sia incensurabile sotto il profilo della violazione di legge, giacché giustamente si era rilevato che la realizzazione dell'ascensore avrebbe comportato per l'esercizio commerciale un rilevante pregiudizio dell'originaria possibilità di utilizzare il pianerottolo, impedendo di fatto l'ingresso da una delle due entrate occupato dall'impianto di ascensore.

L'innovazione risultava, perciò, lesiva del divieto posto dall'art. 1120 c.c., comma 2, in quanto alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune sarebbe stato sostituito un godimento di diverso contenuto, necessariamente condizionato alla disponibilità ed al funzionamento dell'ascensore stesso.

In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso, condannando il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, oltre al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. 

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