Con la sentenza n. 47748 dello scorso 19 ottobre, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un caso di malasanità verificatosi a cavallo tra tre differenti normative inerenti la responsabilità medica, ha condannato un sanitario sul presupposto che, a causa della sua condotta imperita e negligente, non poteva escludersi la punibilità ai sensi dell'art. 590 sexies c.p.; in relazione alla portata applicativa di tale articolo si è quindi specificato che "in mancanza di linee-giuda approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all'art. 5 l. n. 24 del 2017, non può farsi riferimento all'art. 590 sexies c.p., se non nella parte in cui questa norma richiama le buone pratiche clinico-assistenziali…".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un medico per la morte di un uomo: al sanitario veniva contestata l'omessa tempestiva identificazione della patologia (dissecazione aortica) da cui era affetto il paziente ed il mancato ricorso ad una diagnosi differenziale.
Il medico, ricorrendo in Cassazione, chiedeva la riforma della sentenza di condanna, sostenendo che non aveva sottovalutato i sintomi né vi era stata alcuna negligenza nell'applicazione dei protocolli di intervento: la diagnosi, inizialmente effettuata, di sindrome coronarica acuta appariva confermata dal buon esito apparente della terapia farmacologica impostata, anche alla luce dello stato totalmente asintomatico del paziente, sicché in quel momento nessuna alternativa diagnostica poteva essere effettuata.
La difesa dell'imputato concludeva per l'assenza di profili di colpa, in virtù di quanto emerso dalla perizia di parte, secondo cui per le prime sei ore di ricovero era legittimo mantenere la diagnosi d'ingresso di sindrome coronarica acuta.
La Cassazione non condivide la doglianza del camice bianco.
I consulenti dell'accusa e delle parti civili, infatti, avevano inequivocabilmente accertato che la situazione patologica prospettatasi doveva orientare il medico verso altra patologia, effettuando le indagini strumentali del caso: "una valutazione corretta del tracciato dell'ECG, la negatività degli enzimi miocardici e le indicazioni provenienti dall'ecografia e dalla radiografia toracica, piuttosto che confermare la validità della scelta diagnostica adottata, avrebbero dovuto orientare, secondo una buona scienza medica e soprattutto specialistica, per la diagnosi differenziale, imponendo l'adozione di altre tecniche strumentali di accertamento".
Sotto questo aspetto, rileva la Corte, è censurabile la condotta del sanitario, in conformità all'orientamento secondo cui l'errore diagnostico si configura anche qualora si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi, ai fini di una corretta formulazione della diagnosi: allorché il sanitario si trovi di fronte a una sintomatologia idonea a condurre alla formulazione di una diagnosi differenziale, la condotta è colposa allorquando non si proceda alla stessa e ci si mantenga invece nell'erronea posizione diagnostica iniziale (Cass. n. 52411/2014).
Stante l'accertata presenza di imperizia (per aver formulato una diagnosi sbagliata) e di negligenza (per non aver eseguito gli esami indicati nelle linee guida), la Cassazione conferma la sentenza di condanna, specificando come i riscontrati profili di colpa impediscono l'applicazione di alcuna esimente.
Ciononostante, gli Ermellini colgono l'occasione per pronunciarsi, e specificare, la portata applicativa del nuovo articolo 590 sexies c.p.: la norma – nella parte in cui esclude la punibilità se sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge – subordina l'operatività della disposizione all'emanazione di linee-guida definite e pubblicate ai sensi di legge, così richiamando l'art. 5 1egge n. 24 del 2017, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee- guida.
Ne deriva che, in mancanza di linee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all'art. 5 della legge 24 del 2017, non può farsi riferimento all'art. 590 sexies, se non ritenendo chela disposizione – nella parte in cui richiama, in mancanza di linee guida, le buone pratiche clinico-assistenziali – avalli la ricostruzione secondo cui le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo il procedimento di cui all'art. 5 l. n. 24 del 2017, possano venire in rilievo come buone pratiche clinico-assistenziali.
Tale ricostruzione, tuttavia, è ritenuta non praticabile dalla Cassazione, in quanto le linee guida – sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire ai sanitari indicazioni di standard diagnostico-terapeutico conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica – costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi (Sez. U. , n. 29/2017), così differenziandosi notevolmente dalle semplici buone pratiche clinico-assistenziali.
In conclusione, la Corte evidenzia che solo quando verranno emanate le linee-guida con il procedimento di cui all'art. 5, l'art. 590 sexies c.p., costituirà il fulcro dell'architettura normativa e concettuale in tema di responsabilità penale del medico.