Con la sentenza n. 8325 dello scorso 21 giugno, la sezione II stralcio del Tar Lazio, ha precisato a quali condizioni è possibile ottenere il condono di opere abusive realizzate area vincolata per tutela paesistico ambientale, precisando che "nelle aree sottoposte a vincoli posti dalle leggi statali o regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali o paesistici, la sanatoria è possibile soltanto se ricorrono "congiuntamente" tre condizioni: a) che "si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo; b) se pure realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie".
Il caso sottoposto all'attenzione del Tar, prende avvio dalla presentazione di una istanza di condono con cui i proprietari di un terreno agricolo chiedevano il rilascio di una concessione in sanatoria per la realizzazione di una piscina prefabbricata in metallo, di metri sette per quattordici, di uno spogliatoio e di locali tecnici.
Il comune respingeva l'istanza rilevando come le opere ricadessero in area vincolata per tutela paesistico ambientale, ove era possibile realizzare, esclusivamente, costruzioni strettamente necessarie alla conduzione agricola dei suoli ed allo sviluppo delle imprese agricole.
Ricorrendo al Tar, i proprietari censuravano il prefato provvedimento eccependo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, essenzialmente confutando le ragioni poste a fondamento del rigetto dell'istanza di condono, ossia sostenendo l'inidoneità dell'esistenza di un vincolo paesistico e del contrasto con le norme tecniche di attuazione ad escludere l'assentibilità delle opere.
Il Tar non condivide la posizione dei ricorrenti.
In punto di diritto il Collegio Amministrativo ricorda che il legislatore – mediante il c.d. terzo condono di cui al d.l. n. 269/2003 - ha limitato le ipotesi in cui le opere edilizie, abusivamente realizzate, sono passibili di "condono", richiedendo che nelle aree sottoposte a vincoli posti dalle leggi statali o regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali o paesistici, la sanatoria è possibile soltanto se ricorrono "congiuntamente" tre condizioni: a) che "si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo; b) se pure realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie.
La giurisprudenza, consolidata, del Consiglio di Stato ha quindi precisato che, ai fini della sanatoria, è necessaria l'esistenza congiunta di tutte le predette condizioni; ne deriva che, ove esse non ricorrano, deve ritenersi precluso il condono.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar evidenzia come gli interventi effettuati – consistenti in una piscina prefabbricata in metallo e nella realizzazione di uno spogliatoio e di una centrale idrica – non risultavano conformi alle prescrizioni urbanistiche che consentivano, nell'area sulla quale insistevano le predette opere oggetto, solo interventi strettamente necessari alla conduzione agricola dei suoli e allo sviluppo delle imprese agricole.
Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite.