Di Redazione su Domenica, 17 Maggio 2020
Categoria: I padri della psiche

Anna Freud, i sogni dei bambini

Anna Freud (Vienna, 3 dicembre 1895Hampstead, 9 ottobre 1982) è stata una psicoanalista austriaca.

Figlia di Sigmund Freud, si è dedicata prevalentemente alla psicoanalisi infantile e allo studio dei meccanismi di difesa dell'Io. Ebbe come compagna per circa quarant'anni la psicoanalista americana Dorothy Burlingham con la quale scrisse importanti lavori pubblicati nella sua opera omnia.

Figlia di Sigmund e Martha Freud, divenne psicoanalista e iniziò a occuparsi della psicoanalisi infantile. Assai noti sono i suoi scontri teorici con l'altrettanto nota psicoanalista austriaca Melanie Klein, che perdurarono dalla metà degli anni venti sino al gentlemen's agreement dopo le "Controversial discussions" che si tennero fra il 1942 e il 1944 a Londra. A differenza di Klein, Anna Freud non riteneva potessero svolgersi trattamenti psicoanalitici di bambini e bambine in età troppo precoce, a causa della loro presunta non analizzabilità per via della supposta mancanza di un transfert. Fu caposcuola della scuola psicoanalitica detta di "Psicologia dell'Io", che ebbe molta fortuna negli Stati Uniti.

In Europa questo orientamento teorico ebbe in Jacques Lacan il suo più tenace oppositore, poiché in essa egli vedeva un "accentramento" dello psichismo sull'Io, mentre riteneva che il "senso sovversivo" della psicoanalisi fosse proprio nel "decentramento" dello psichismo: il linguaggio dell'inconscio quale verità, di cui l'Io sarebbe solo un "sintomo". Anna Freud contribuì in particolare a concettualizzare, stabilire e sistematizzare il funzionamento dei meccanismi di difesa dell'Io, inizialmente intuiti da Sigmund Freud ed aggiungendone altri alla teorizzazione paterna. Oltre alla rimozione e a nove classici descritti dal padre, quali: regressione, modificazione attiva dell'Io, annullamento retroattivo, identificazione, proiezione, rivolgimento contro se stessi, trasformazione al contrario, sublimazione.

Aggiunse anche che l'identificazione con l'aggressore è una forma di altruismo, venendosi a creare una interazione tra l'individuo e un altro nel suo mondo. Ascetismo ed intellettualizzazione, due difese tipiche dello stadio di sviluppo dell'adolescenza, periodo dello sviluppo così importante per la persona; e per finire tre reazioni a forme di dolore: negazione in fantasia, negazione con atti e parole e limitazione dell'Io. Anna Freud inoltre tende a sottolineare un passaggio evolutivo da forme di difesa più semplici, o primitive, a forme di difesa più complesse, o più evolute.

Le prime difficoltà le incontriamo già nel costruire la storia della malattia in base ai ricordi consci del paziente. Nel caso di un paziente adulto ci asteniamo, di norma, dal raccogliere informazioni dalla famiglia e facciamo affidamento esclusivamente sulle notizie che egli stesso ci può fornire. Questa limitazione, che ci imponiamo di proposito, di solito è motivata con il fatto che le informazioni date dai familiari sono perlopiú inattendibili e lacunose perché falsate da una concezione troppo personale e soggettiva della personalità del malato. Ma il bambino non ci sa dire granché sulla storia della sua malattia. Finché non gli si viene in aiuto con l'analisi, egli non è in grado di risalire con la memoria molto addietro nel tempo. Egli è cosí assorbito dal presente che per lui il passato quasi svanisce. Non saprebbe dire da quanto tempo ha incominciato a essere fuori della norma e diverso dagli altri bambini. Non ha bastante maturità per paragonarsi con gli altri e ancora meno è in grado di porsi spontaneamente dei compiti con cui le sue insufficienze possano misurarsi. Quindi l'analista infantile ricava in effetti la storia della malattia del piccolo paziente da ciò che gli dicono i genitori e non può fare altro che tener conto delle eventuali imprecisioni e deformazioni, dovute a motivi di ordine personale.

L'interpretazione dei sogni, invece, ci offre un campo che è di competenza tanto dell'analisi infantile quanto dell'analisi dell'adulto. Nel periodo dell'analisi il bambino sogna né piú né meno dell'adulto e la trasparenza o l'oscurità dei contenuti onirici sono regolate nell'uno come nell'altro dall'intensità della resistenza. I sogni del bambino sono certamente piú facili da interpretare, anche se non sono sempre cosí semplici come gli esempi forniti nell'Interpretazione dei sogni. Vi troviamo tutte le deformazioni dei desideri insoddisfatti corrispondenti alla complicata struttura nevrotica del piccolo paziente. Ma è facilissimo farne capire l'interpretazione al bambino. Quando un bambino mi racconta il primo sogno gli faccio notare che il sogno non può nascere dal nulla, che esso ricava evidentemente i suoi elementi da qualche parte; e mi metto con lui alla ricerca di dove provengano. Egli si diverte a rintracciare i vari elementi come in un gioco di incastri e ritrova con molta soddisfazione le immagini o le parole del sogno nei fatti della sua vita reale. Forse questo avviene perché il bambino è piú vicino dell'adulto al mondo dei sogni o forse non si stupisce di trovare un significato nel sogno perché non ha mai sentito sostenere scientificamente la teoria che i sogni non hanno significato. In ogni caso, se l'interpretazione riesce, ne è molto fiero.

[...]

Nell'analisi infantile, accanto all'interpretazione dei sogni veri e propri, ha una grande importanza anche quella delle fantasticherie. Molti dei bambini su cui ho raccolto le mie esperienze erano dei grandi sognatori a occhi aperti, e il racconto delle loro fantasticherie mi è stato di grande aiuto nell'analisi; è inoltre molto facile indurre i bambini di cui si è conquistata la fiducia in altri campi a raccontare le loro fantasie. Le raccontano con disinvoltura, perché evidentemente se ne vergognano meno dell'adulto, che le considera "infantili". Mentre l'adulto di solito tarda a riferire nell'analisi le sue fantasticherie e lo fa con molte esitazioni, proprio perché se ne vergogna e disapprova la cosa, la loro rivelazione, fatta dal. bambino nei delicati stadi iniziali dell'analisi, è spesso di grande aiuto. Gli esempi che citerò sottopongono al lettore tre tipi diversi di fantasticheria.

Il tipo piú semplice è la fantasticheria in quanto reazione a un avvenimento della giornata. La piccola sognatrice di cui ho parlato, per esempio, in un periodo in cui la competizione con i fratelli era della massima importanza per l'analisi, reagí a una supposta ingiustizia con questo sogno a occhi aperti: "Vorrei non esser mai venuta al mondo, vorrei morire. A volte immagino di morire e poi di nascere di nuovo sotto forma dl animale o di bambola. Ma, se venissi di nuovo al mondo sotto forma di bambola, so bene a chi vorrei appartenere, a una bambina da cui era prima la mia bambinaia, una bambina tanto gentile e buona. Sí, vorrei proprio essere la bambola di questa bambina e non mi importerebbe niente di essere sballottata come si fa con le bambole. Sarei un delizioso bambolotto, mi laverebbero, mi vestirebbero, mi farebbero tutto. La bambina mi preferirebbe a tutte le altre sue bambole, e se anche a Natale gliene regalassero un'altra, io sarei sempre la prediletta. Non vorrebbe mai bene a un'altra bambola come al suo bambolotto." È superfluo dire che i fratelli sui quali soprattutto si appuntava la sua gelosia erano quelli piú piccoli di lei. Nessuna spiegazione esplicita, nessuna associazione avrebbe potuto rivelare la sua situazione meglio di questa fantasticheria.

[...]

 Un altro ausilio tecnico che, accanto all'interpretazione dei sogni e alle fantasticherie, ha spesso una parte di primo piano in parecchie mie analisi infantili, è il disegno: in tre dei casi riferiti esso sostituí addirittura, per un certo periodo, quasi tutti gli altri modi di comunicare.
[...]
Temo però di aver tracciato finora un quadro troppo ideale delle condizioni in cui si svolge l'analisi infantile. La famiglia è pronta a fornire tutte le informazioni necessarie; il bambino dimostra una gran passione per l'interpretazione dei sogni e sforna a getto continuo fantasticherie e una gran quantità di interessantissimi disegni da cui trarre tutte le conclusioni che si vogliono sui suoi impulsi inconsci. Se cosí fosse non si capirebbe perché fino ad oggi si è considerata l'analisi infantile un campo particolarmente difficile della tecnica analitica e perché tanti analisti dichiarino di non riuscire nel trattamento dei bambini.
Non è difficile dare la risposta. Il bambino neutralizza tutti i predetti vantaggi perché si rifiuta di fare associazioni. L'analista è messo quindi in imbarazzo perché con lui non può mettere in pratica lo strumento su cui si fonda la tecnica analitica. Evidentemente è contrario alla natura infantile assumere la comoda posizione sdraiata prescritta all'adulto, eliminare con consapevole volontà tutte le critiche alle idee che affiorano, comunicare tutto senza nessuna esclusione, e in tal modo esplorare l'intera estensione della propria coscienza.
È vero che quando si è riusciti, nei modi che ho descritto, a creare con un bambino dei solidi legami di affetto e a rendersi indispensabili, gli si può far fare qualunque cosa. Quindi qualche volta, esortandolo, si riuscirà a fargli fare delle associazioni, benché solo per breve tempo e per compiacere l'analista. Questo sporadico inserimento di associazioni potrà senz'altro essere di grande aiuto e chiarire a scolte una situazione difficile. Ma avrà sempre il carattere di un aiuto eccezionale, né potrà mai essere una base sicura su cui fondare l'intero lavoro di analisi.

Messaggi correlati