"Le motivazioni delle sentenze vanno lette tutte e per intero anche quando sono complesse e articolate senza estrapolare dal contesto singole frasi o parole con il solo fine strumentale di aizzare l'opinione pubblica".
Una nota, quella stilata dall'Associazione nazionale magistrati della Liguria, di difesa della collega genovese Carpanini, estensore della sentenza con cui è stato condannato a 16 anni Javier Gamboa, che ha suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica e di rappresentanti delle istituzioni.
"In una democrazia – scrivono i magistrati – le sentenze sono soggette a critica così come le leggi e gli atti di governo: fa parte del controllo della pubblica opinione a cui ogni istituzione è soggetta. E noi magistrati sappiamo benissimo che pronunciando sentenze in nome del popolo italiano abbiamo il dovere di spiegare le ragioni per cui si prendono le decisioni".
"Soprattutto chi ha responsabilità istituzionali e di governo – continua la sezione ligure dell'Anm – sa, o dovrebbe sapere, che prima di esprimere giudizi semplificati le questioni vanno approfondite leggendo la sentenza del Tribunale di Genova depositata tre mesi fa, e poi si possono muovere con cognizione di causa le critiche, anche le più dure".
"Come magistrati siamo ormai abituati da molti anni a essere attaccati per le decisioni che prendiamo: ciononostante continueremo a fare il nostro lavoro con la dignità e l'indipendenza che ha dimostrato proprio la nostra collega Silvia Carpanini, a cui va la nostra incondizionata solidarietà per essere diventata un altro bersaglio, utile per una campagna di manipolazione dell'opinione pubblica. Parlare di 'delitto d'onore' o usare altre forme semplificate di comunicazione serve solo a alimentare la sfiducia nei confronti dell'autorità giudiziaria: e ciò non fa bene al Paese e alla società democratica".
Peccato, però, che la nota della sezione ligure dell'associazione ha preceduto soltanto di poche ore il duro intervento del procuratore generale presso la Suprema Corte di Cassazione Riccardo Fuzio, che proprio ai magistrati in questione non le ha certo mandate a dire. Censurando espressamente, tra l'altro, anche conferenze stampa che, ha detto, non sono di competenza dei magistrati italiani, così come diffondersi, nelle loro sentenze, in giudizi morali e perfino estetici che a loro non appartengono.