Di Redazione su Domenica, 18 Novembre 2018
Categoria: Scuola e Istruzione

Alcool, cannabis, un limite che non c'è più e quel filo di dialogo che può salvare migliaia di ragazzini rimasti soli

L'adolescenza è un passaggio critico nella vita dei ragazzi. Viene abbandonato il ruolo di bambino in famiglia per costruire una nuova identità, come adulto, nella società. All'interno di questi cambiamenti il fumo o il consumo di alcolici potrebbero apparentemente assumere un ruolo di facilitatore nell'inserimento del gruppo dei pari, una specie di rito di iniziazione. Le sigarette confezionate, rollate a mano o elettroniche, sono comunque tutte nocive. I numeri parlano chiaro: il primo approccio con il fumo è attorno ai 15 anni e il 10% dei giovanissimi fuma abitualmente. L'alcol: 1 adolescente su 4 è consumatore abituale, uno stile di vita che predispone al consumo cronico da adulti. Il 39% dei preadolescenti - fascia 11-15 anni - dichiara di essersi già ubriacato almeno una volta e, tra loro, una quota non indifferente nell'ultimo mese. L'alcol viene ritenuto un facilitatore poiché i suoi effetti, in apparenza, aiutano il ragazzo a superare ansie e paure. Allo stesso tempo, però, un'assunzione reiterata nel tempo può originare segni evidenti di malessere psico-fisico e comportamenti pericolosi. Negli ultimi tempi, se non bastasse, si è diffuso il 'binge drinking', il consumo di più bevande alcoliche in un'unica occasione. Poi arriva il tempo per "le canne". Come l'alcol, sicuramente l'esperienza di sballo più diffusa, anche i cannabinoidi trovano largo uso tra la popolazione giovanile: i ragazzi hanno un rapporto con queste sostanze simile a quelle che possono avere i loro genitori con l'alcol. Non sono percepite come pericolose, si ha la sensazione che non sia una droga e che, tutto sommato, sia compatibile con lo sport o lo studio. Anzi, alcuni ragazzi sono convinti che aiuti a dormire meglio, o a pensare meglio e che sia di aiuto nelle performance che richiedono attività fisica. La confidenza con la canapa è estrema. Secondo i dati del 2017 dell'Osservatorio europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, la cannabis è la sostanza stupefacente più consumata al mondo. In Europa ne fanno uso quasi 90 milioni di persone: di queste, 17 milioni di età compresa tra i 15 e i 34 anni dichiarano di averla consumata almeno una volta nell'ultimo anno. Stando ad una ricerca del 2014, pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet Psychyatry, il 17% dei consumatori adolescenti in seguito diventa dipendente. Si arriva al 50% quando viene consumata ogni giorno. Genitori e insegnanti devono essere consapevoli che l'abuso di cannabis è tra i principali fattori di rischio di malattia psichiatrica e devono sapere riconoscere alcuni segnali indicatori, come le modificazioni del comportamento e l'iperemia congiuntivale (il classico arrossamento oculare). Sono inoltre chiamati a mettersi al fianco degli adolescenti e a mettere da parte toni giudicanti e atteggiamenti repressivi. E' bene suggerire loro modalità più sane per rilassarsi e far passare il messaggio che per essere accettati dagli altri non necessariamente bisogna essere euforici o disinibiti. Anche la dipendenza da gioco d'azzardo evidenzia dati allarmanti tra i giovani. Secondo l'Osservatorio Nazionale sulla Salute dell'Infanzia e dell'Adolescenza, in Italia il 20% dei ragazzi tra i 10 e i 17 anni frequenta agenzie di scommesse e il 25% dei più piccoli (di età compresa tra i 7 e i 9 anni) usa la propria 'paghetta' per lotterie e 'gratta e vinci'. Il gioco diventa pericolo quando si perde la capacità di stabilire e rispettare un determinato limite di tempo e denaro da impiegare. Ci sono ragazzi che hanno già addosso debiti di gioco in questo modo. Non necessariamente si tratta di ragazzini provenienti da famiglie problematiche: si beve, si fuma o si gioca da soli o in compagnia, per noia, per far parte del gruppo o per distinguersi dal gruppo. Le storie che si ripetono sono quelle di ragazzi sensibili, ricchi di valori ma che non hanno la minima familiarità con il concetto di limite: tutto ciò che si può fare, si fa. Qual è allora, in un contesto simile, il ruolo della scuola? Non solo quello di vigilare per cogliere i segnali del disagio; non solo repressione quindi. Ora il ventaglio di interventi da mettere in campo è maggiore, considera le dipendenze in termini generali e promuove lo stile di vita sano come prevenzione. Sappiamo che gli adolescenti hanno delle problematiche ma sappiamo anche che il modello vincente è quello che agisce sulle famiglie, sulle comunità, sugli adulti. La vera rivoluzione culturale passa attraverso il perfezionamento della "comunità educante", soprattutto in territori contraddistinti da tessuti sociali degradati, per farne modelli da seguire nell'intervento che unisce scuole, professionisti, volontariato, mondo dello sport e dell'associazionismo. Esistono delle attività cosiddette "protettive": lo sport, la socializzazione, un'alimentazione sana. Poi c'è l'agente più potente: il dialogo. Fatto di comprensione, in grado di aiutare in quel cammino lungo, ma necessario, che è l'accettazione di se'. Tutto in chiave di prevenzione di "sistema" e di "rete".

Maria Di Benedetto - insegnante e vicaria IC Portella ddlla Ginestra - Vittoria