Nata a Ginevra dal naturalista Horace-Bénédict de Saussure il 1766, morta il 13 aprile 1841 a Mornay. Il suo ingegno precoce fu coltivato dal padre con molta cura; ed essa divenne ben presto ottima conoscitrice delle lingue e letterature italiana, tedesca, latina, e delle scienze naturali. Sposò nel 1785 Jacques Necker (nipote del precedente), che poi fu professore di botanica all'Accademia di Ginevra. Visse nell'orbita di uomini come de Candolle, Pictet, Dumont, Cellérier, Sismondi e, soprattutto dopo la morte del padre (1798), in grande intimità spirituale con madame de Staël, della quale era divenuta cugina. La sordità la ridusse gradatamente a vivere chiusa in sé stessa. Dopo una traduzione della Letteratura drammatica di G. Schlegel, compose una riuscita Notice sur le caractère et les écrits de Mad De Staël subito dopo la morte dell'amica. Ma l'opera cui è legato il nome della N. è L'éducation progressive, ou Étude du cours de la vie, che uscì la prima volta in 3 volumi, i quali vennero pubblicati rispettivamente a Parigi (1828), a Losanna (1832) e a Bruxelles (1838).
L'opera ha due scopi: quello dell'educazione della donna e quello del perfezionamento dell'essere umano in generale. Ma i due fini si compenetrano, sia perché il secondo, e più generale, non può, per uno spirito speculativo come la N. de S., non contenere in sé le fondamenta essenziali dell'altro, sia perché, per converso, la N. de S. vede nella donna, e nella sua missione umana, riflettersi più genuinamente, senza troppe distinzioni di tempi, di condizioni sociali, di interessi professionali, l'universale natura e le più pure esigenze spirituali dell'uomo. In ogni caso l'opera vuol essere uno studio del corso di tutta la vita, cioè dello sviluppo delle varie nostre facoltà, tendenze, attitudini e dei caratteri d'ogni età dovuti non solo all'educazione, ma alla personale esperienza e al perfezionamento che ognuno è in grado di darsi. L'educazione non ha limiti di tempo. Nell'alto e comprensivo concetto della N. de S., essa si confonde con tutta la vita: cambia solo di mano, perciò appunto che è e dev'essere progressiva, cioè adeguarsi al naturale sviluppo delle energie psichiche, che però non si compie, come nel Rousseau, per successivo impiantarsi d'una facoltà sull'altra, bensì nell'unità organica che le fa tutte interdipendenti; onde nel primo periodo essa è diretta da intelligenze più mature, nel secondo (adolescenza e parte della giovinezza) deve sempre più scaturire anche dall'attiva cooperazione dell'allievo, nel terzo essere affidata alla libera iniziativa e allo sforzo d'autoperfezione dell'individuo. Se roussoiana si può dire la concezione generale d'un'educazione che si svolge secondo lo sviluppo naturale delle umane capacità, nel resto la N. procede dietro la guida della personale esperienza e secondo una visione autonoma e acuta dei problemi. L'educazione deve essere positiva, invece che negativa. La simpatia deve fino dal principio avviare ai sentimenti sociali, morali, religiosi; l'obbedienza deve avviare alla libertà, aspetto essenziale del carattere da formare. Se roussoianamente la N. riconosce che "l'obbedienza all'uomo ferisce la volontà e la snerva", kantianamente afferma che "l'obbedienza alla legge sottomette la volontà senza affievolirla" e la porta alla libertà che sta nel rispetto della legge. L'armonia delle facoltà va curata integralmente, con lo sviluppo di quelle che, come l'immaginazione e il sentimento, sono d'immenso valore per la vita superiore dello spirito, artistica, morale, religiosa. Tutta l'istruzione, che deve essere varia, ai fini di tale armonia, sebbene importi anche per il suo contenuto, vale soprattutto per i suoi effetti morali su tutto lo spirito: il concetto dell'istruzione formativa è chiarissimo nella N. de S. Fra tutte le facoltà, per altro, prevale, centro d'attrazione e insieme potenza direttrice, la volontà: nulla giova se questa non si rafforza e non conquista la funzione egemonica che le è propria. Ma nulla vale a conferirle energia e fiducia in sé e nei suoi compiti, quanto la religione. L'educazione religiosa deve venire per tempo, sebbene con metodo non catechistico, e permeare tutto il resto dell'opera educativa. Con tutto ciò, e malgrado il suo fervido cristianesimo protestante, la N. non insiste mai sulla parte dogmatica della religione, né dà mai all'educazione religiosa proporzioni e aspetti che la pongano in contrasto con il naturale sviluppo psicologico del fanciullo e con le esigenze della ragione. Lo studio del fanciullo posto programmaticamente alla base della scienza e dell'arte dell'educazione è un merito incontestabile del libro della N. de S., che è il primo saggio, modernamente inteso, di psicologia delle età evolutive, e del quale alcune parti, come quella sullo sviluppo del linguaggio, sono mirabili e non temono il controllo delle recenti indagini psicologiche.
L'opera della N. de S. fu assai nota e ammirata dai nostri pedagogisti della prima metà del sec. XIX, specialmente da G. Capponi, dal Lambruschini e dal Rosmini che la utilizza e cita con lode molto spesso nel suo Principio supremo della metodica. Una traduzione italiana dei primi tre libri ci ha data G. Oliveri (Palermo 1921).
«L'educazione deve corrispondere al nostro doppio destino: deve preparare l'educando per due esistenze successive, perché in lui c'è uno spirito immortale, che soltanto attraversa questo mondo; e c'è una fragile creatura, che in questo mondo soffre e muore.
La nostra natura è conforme a queste due vocazioni. Da una parte, l'anima ha facoltà riferentisi alla propria esistenza sulla terra; dall'altra, ne ha di quelle che si riferiscono all'al di là. L'educazione deve sviluppare così le prime come le seconde. Siccome Dio non ha voluto chiamarci immediatamente a sé, e ci ha imposto di cercarlo per il cammino dell'esistenza, così il precipuo dovere del maestro consiste nel fornire all'educando tutto ciò che gli abbisogna per il viaggio. Non si deve mai dimenticare che la vita è un viaggio, e che l'idea di viaggio deve caratterizzare tutti i periodi della nostra esistenza. La qual cosa mi sembra non sufficientemente chiarita nelle varie definizioni date dell'educazione. Parrebbe quasi che si trattasse solamente di condurre l'adolescente a un certo stato, piuttosto che di comunicargli l'impulso sufficiente per fargli oltrepassare infinitamente questo stato. E tuttavia, mentre il più grande sviluppo morale e intellettuale alla fine dell'infanzia è nulla, a paragone di ciò che si può sperare nell'età matura, è cosa molto più importante dare l'impulso.
I progressi compiuti hanno sempre minor valore che la disposizione a compierne degli altri, cosicché è bene informarsi non tanto del grado d'avanzamento di un fanciullo, quanto piuttosto della sua attitudine a proseguirlo. Altrimenti, quanto più un discepolo si approssimasse al livello comune della società, nella religione e nella scienza, tanto più facilmente correrebbe pericolo di convincersi che egli non ha più bisogno di progredire in esse, e così un progresso diventerebbe causa di arresto e quindi di mediocrità, se fosse incapace di provocare nuovi sforzi.Ecco per qual motivo tante educazioni, apparentemente perfette, non danno che risultati insignificanti.
Ecco come si uccidono le anime. Quando non c'è movimento interiore né vita, tutto inaridisce e si estingue. Non crescere equivale a decrescere: non avanzare equivale a indietreggiare – come nel risalire la corrente di un fiume –; tale è la natura umana.
Se c'è in noi un principio di decadenza, l'energia è necessaria, per non andare alla deriva, e forse non se ne condensa mai abbastanza, se non quando si tende a risalire.
Secondo il Kant, lo scopo dell'educazione sarebbe sviluppare nell'individuo tutta la perfezione di cui egli è capace. Ma siccome quest'opera non può essere compiuta durante l'infanzia, e richiede tutta l'esistenza, così oserei proporre un leggero mutamento a questa bella definizione: sviluppare nel discepolo la volontà e i mezzi di raggiungere quella perfezione di cui potrà essere capace un giorno".
[…]
[Invece di inutili disquisizioni sul bambino è meglio esaminare con l'osservazione i fenomeni della sua
crescenza],
«Mi pare sorprendente che nelle scienze d'osservazione sia stata introdotta una regolarità così meravigliosa, mentre nello studio dell'infanzia il metodo è stato spesso trascurato. Il problema più importante di tutti è forse quello a cui si è dedicata un'attenzione meno perseverante e rigorosa. Quanta gente armata di telescopio verifica notte e giorno le predicazioni degli astronomi! Quanti tengono prospetto esatto del vento, della temperatura, della pioggia! Quanti infaticabili annotatori! E nel bel numero, non c'è neanche un padre, che si sia degnato di constatare con diligenza i progressi del proprio figlio! Perfino nell'aspetto fisico dello sviluppo, che sembra dover prestarsi di più all'osservazione
scientifica, quanta incertezza ancora!
Se entriamo nella sfera morale, tutto diventa anche più vago e più fragile; ma con un po' di accorgimento, quante cognizioni si potrebbero attingere dallo studio dei bambini! Quanti problemi importanti potrebbero essere risolti o almeno chiariti, mediante osservazioni accurate! Si vedrebbe se gli esercizi che fortificano il corpo hanno un effetto favorevole allo spirito; se l'aumento di vigore fisico corrisponde in generale a quello dell'energia morale; quali sono le facoltà che si sviluppano o si paralizzano reciprocamente. Quella dipendenza dai sensi, che si è voluto attribuire all'intelletto, sarebbe confermata o messa in dubbio con fondamento. E se l'origine delle idee ci rimanesse oscura, avremmo almeno intravveduto la prima traccia della loro nascita. Bonnet e Condillac, con ben diverso spirito, ma con la medesima metafora, hanno tentato di spiegare il mistero dell'intelletto analizzando il
supposto animarsi di una statua. Quanto sarebbe stato meglio che avessero studiato un neonato. Quante idee curiose sull'esistenza dell'istinto nell'uomo, sulla formazione del linguaggio: in poche parole: sulla storia dello spirito umano, ci suggerirebbero i bambini!».