Con l'ordinanza n. 25653 dello scorso 13 novembre, la I sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un decreto con cui si modificavano le condizioni di affidamento di una bambina infradodicenne, ha ritenuto legittime le modalità con cui il giudice di merito aveva proceduto all'ascolto diretto della minore, senza disporre che l'ascolto venisse effettuato nel corso di indagini peritali o fosse demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico.
Si è difatti specificato che l'ascolto diretto del minore da parte del giudice, espressamente previsto all'art. 337 octies c.c., ha la funzione di dare spazio alla partecipazione attiva di questi al procedimento che lo riguarda; conseguentemente, il giudice deve sufficientemente motivare qualora opti, in luogo dell'ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso presentato da una coppia di coniugi separati per ottenere la modifica delle condizioni, contenute nella sentenza di separazione, disciplinanti l'affido e la regolamentazione del rapporto con i figli.
Il Tribunale di Macerata, con decreto, disponeva l'affido della loro minore ai Servizi sociali disciplinando il diritto di visita paterno.
Il decreto veniva sostanzialmente confermato dalla Corte di appello di Ancona, dando rilevanza decisiva a quanto emerso nel corso dell'audizione della figlia dodicenne: a seguito di siffatta audizione, infatti, il giudice determinava i modi e tempi di presenza della figlia presso ciascun genitore, nonostante fosse stato acclarato già nel corso del giudizio di separazione che i figli venivano condizionati dalla madre.
Avverso il summenzionato decreto, il padre proponeva ricorso per Cassazione, denunciando la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 337 octies, primo comma c.c. nonché dell'art. 337 ter, primo e secondo comma c.c., dolendosi per le modalità di assunzione dell'audizione della minore, all'epoca non ancora dodicenne.
A tal fine si doleva perché l'audizione era avvenuta senza l'ausilio di un soggetto specializzato e con modalità che avevano inficiato l'autenticità e la genuinità delle dichiarazioni, con negative ricadute sui provvedimenti adottati sia in primo che in secondo grado: secondo il papà, infatti, la Corte territoriale, assumendo come elemento fondamentale l'ascolto della minore così esplicato, non aveva garantito il diritto di difesa ed aveva violato il principio del diritto della minore a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, sancito dall'art. 337 ter, primo e secondo comma, del codice civile.
La Cassazione non condivide le prospettate violazioni di legge avanzate dal ricorrente.
La Corte ricorda che l'ascolto diretto del minore da parte del giudice, espressamente previsto all'art. 337 octies c.c., ha la funzione di dare spazio alla partecipazione attiva di questi al procedimento che lo riguarda.
La giurisprudenza ha difatti precisato che in tema di separazione personale tra coniugi ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l'audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione.
Tale obbligo di motivazione è tanto più necessario quanto più l'età del minore si approssima a quella dei dodici anni, sia nel caso in cui il giudice ritenga che il minore infradodicenne sia incapace di discernimento ovvero ravvisi l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, sia nel caso in cui il giudice opti, in luogo dell'ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico.
La Cassazione, difatti, ritiene che solo l'ascolto diretto da parte del giudice dia spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori differenti, quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio.
Con specifico riferimento al caso sottoposto al suo esame, la Corte rileva come correttamente l'ascolto della minore era stato disposto dinnanzi al giudice nel procedimento che riguardava quella minore stessa; inoltre, nel corso del processo di merito, era stata disposta anche una consulenza tecnica, di guisa che era stato raccolto l'apporto professionale dell'esperto nella complessa disamina delle conflittuali relazioni familiari.
In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.