Inquadramento normativo: art. 151 c.c.
Di cosa si tratta: è una dichiarazione di responsabilità - pronunciata dal giudice nella sentenza emessa al termine del giudizio di separazione - con la quale si afferma che la fine del matrimonio è stata causata da uno dei coniugi, il cui comportamento ha reso intollerabile la prosecuzione della convivenza coniugale; siffatto comportamento deve consistere nella violazione di uno o più doveri coniugali (di fedeltà, di coabitazione, di collaborazione nell'interesse della famiglia, ecc.).
Se entrambi i coniugi hanno contribuito a rendere intollerabile la convivenza con comportamenti contestuali e non causalmente connessi, il giudice può addebitare la separazione a entrambi.
Ambito applicativo: l'addebito può essere pronunciato solo da un giudice nel corso della separazione giudiziale; nessun addebito può essere disposto se i coniugi concordano le condizioni della separazione con un accordo consensuale (separazione consensuale) o nel corso della negoziazione assistita. L'addebito, infatti, implica una vera e propria responsabilità che può essere accertata da un giudice, ma non stabilita di comune accordo tra marito e moglie.
Focus: l'addebito non viene mai dichiarato d'ufficio dal giudice della separazione, ma deve essere richiesto dal coniuge interessato a far valere la responsabilità dell'altro coniuge per la fine del matrimonio. Così si avrà separazione senza addebito nel caso in cui nessuno dei coniugi chieda la pronuncia giudiziale di addebito oppure nel caso in cui detta domanda venga respinta; al contrario, si avrà separazione con addebito allorquando il giudice pronunci l'addebito chiesto da uno o da entrambi i coniugi.
Doveri coniugali: ai sensi dell'art. 143 c.c. col matrimonio i coniugi sono tenuti all'obbligo reciproco della fedeltà, all'assistenza morale e materiale, a collaborare per l'interesse della famiglia (ai sensi dell'art. 148 c.c., infatti, entrambi i coniugi devono mantenere la famiglia e i figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo) ed infine all'obbligo della coabitazione (salvo diverso accordo dovuto ad esempio a ragioni di lavoro).
Presupposti: l'addebito potrà essere disposto qualora si dimostri:
- la violazione cosciente e volontaria, da parte dell'altro coniuge, dei doveri coniugali di cui sopra;
- l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza;
- la sussistenza di un nesso causale tra la condotta contraria ai doveri nascenti dal matrimonio e il fallimento della convivenza.
Accertamento: ai fini dell'addebitabilità è necessario che la violazione dei doveri coniugali sia antecedente alla proposizione della domanda di separazione (sono, invece, irrilevanti i comportamenti serbati dopo l'udienza presidenziale) e che siffatta violazione non costituisca la reazione, immediata e non eccessiva, di una negligenza dell'altra parte (così, non si è riconosciuto l'addebito al coniuge che aveva abbandonato il tetto coniugale per la mancanza di una appagante e serena intesa sessuale).
La parte che chiede l'addebito deve quindi provare – anche facendo ricorso ad elementi indiretti ed indiziari, come le testimonianze de relato o indirette da parte di soggetti terzi estranei alla vicenda – che la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio sia stata la causa, unica o prevalente e determinante, dell'intollerabilità dell'ulteriore convivenza fino a determinare la separazione.
L'accertamento del giudice deve essere assai rigoroso, soprattutto in relazione al nesso causale, cosicché non è possibile pronunciare l'addebito qualora la violazione dei doveri coniugali sia avvenuta quando era già maturata una situazione di crisi del matrimonio.
Casistica: i casi più frequenti sono legati alla violazione del dovere di fedeltà e di coabitazione, sempre che il tradimento o l'abbandono del tetto coniugale non siano mera conseguenza – e non già causa – di una convivenza già divenuta intollerabile.
Il tradimento non è causa di addebito se è seguito da una riappacificazione dei coniugi, né se è stato determinato dalla mancata volontà, da parte dell'altro coniuge, di avere figli; analogamente, non porta ad una pronuncia di addebito l'abbandono della casa coniugale determinato dai frequenti litigi domestici con la suocera convivente.
Al contrario, è motivo di addebito della separazione, l'allontanamento dalla casa familiare dettato dall'intento di abbandonare la famiglia
È configurabile la separazione con addebito se l'atteggiamento di uno dei coniugi si ponga in maniera rigida rispetto alla posizione dell'altro coniuge, determinando così la violazione dell'obbligo di decidere di comune accordo l'indirizzo della vita familiare, con conseguente violazione del dovere di assistenza morale e materiale.
Affidamento dei figli: l'addebito della separazione non influisce sulla decisione sull'affidamento dei figli, in quanto – in relazione a tale aspetto – il giudice deve salvaguardare la posizione della prole considerando i loro interessi, a prescindere da qualsiasi considerazione in ordine alla fine del matrimonio.
Conseguenze: sono prevalentemente di carattere patrimoniale. Il coniuge cui è stata addebitata alla separazione – oltre ad essere condannato al pagamento delle spese legali del giudizio – perde sia il diritto a ricevere un eventuale assegno di mantenimento (art. 156 c.c.) parametrato al suo precedente tenore di vita (conserva però il diritto agli alimenti ex art. 433 c.c. se ne sussistano i presupposti, ovvero lo stato di bisogno) che i diritti successori verso il coniuge al quale non sia addebitata la separazione (art. 548 c.c.).
Perdita del mantenimento: su tale aspetto la pronuncia di addebito potrà avere incidenza assai differente a seconda delle varie situazioni. Se l'addebito viene pronunciato a carico del coniuge privo di occupazione che, astrattamente, avrebbe diritto a percepire il mantenimento, la pronuncia giudiziale lo priverà di questo assegno; nessuna portata pratica sotto tale aspetto avrà, invece, la pronuncia di addebito a carico del coniuge facoltoso che giammai potrebbe avanzare pretese di mantenimento (in tal caso, egli sarà comunque tenuto – con o senza addebito – a versare il mantenimento all'altro coniuge).
Perdita dei diritti successori: colui cui è addebitata la separazione non può essere erede nel caso in cui, prima del divorzio, muoia l'altro coniuge. Difatti, dopo la separazione e prima del divorzio si mantengono i diritti successori, diritti che vengono meno solo a seguito del divorzio.
Il coniuge con l'addebito però può avere diritto ad un assegno vitalizio a carico dell'eredità nel caso in cui, al momento dell'apertura della successione, abbia diritto agli alimenti; l'assegno è commisurato alle sostanze ereditarie e alla qualità e al numero degli eredi legittimi e non è comunque di entità superiore a quella della prestazione alimentare goduta.
Risarcimento del danno: può essere chiesto – unitamente alla richiesta di addebito o anche a prescindere da essa (in questo caso, in un autonomo giudizio, senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva all'accertamento dei danni endo-familiari) – qualora la violazione dei doveri coniugali abbia determinato la lesione di diritti costituzionalmente protetti dell'altro coniuge, secondo i canoni dell'illecito civile. Difatti, i comportamenti contrari ai doveri matrimoniali ledono la dignità e la personalità dell'altro coniuge, considerati quali diritti inviolabili, producendo in tal modo un danno ingiusto ex art. 2043 c.c..
Sono risarcibili sia i danni non patrimoniali (morale, esistenziale, biologico) che quelli patrimoniali.