Di Rosalia Ruggieri su Giovedì, 01 Ottobre 2020
Categoria: Edilizia e Urbanistica

Abusi edilizi, data di realizzazione di un’opera: chi deve dimostrarla?

Con la sentenza n. 1454 dello scorso 9 settembre, il Tar Calabria, sezione distaccata di Catanzaro, ha confermato la legittimità di un'ordinanza con cui si ordinava la demolizione di un'opera realizzata in assenza di permesso di costruire.

Respingendo la tesi dei proprietari – secondo cui l'opera era stata realizzata in data antecedente al 1 settembre 1967, con la conseguenza che non era necessario alcun titolo abilitativo – il Tar ha invece evidenziato come gli elementi probatori dedotti a corredo della domanda non fossero sufficienti a comprovare la realizzazione dell'opera in data antecedente al 1 settembre 1967, specificando che "grava esclusivamente sul privato l'onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell'opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio per essere stata l'opera medesima realizzata secondo il regime originariamente previsto dall'art. 31, primo comma, della l. n. 1150 del 1942, ossia prima della novella introdotta dall'art. 10 della c.d. "legge ponte" n. 765 del 1967".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune emanava un provvedimento con cui ordinava, ai comproprietari di un'unità abitativa, di demolire un'opera costruita in assenza di titolo abilitativo, consistente in un manufatto – dalle dimensioni di ml. 7,35 x 7,70 circa ed altezza media di mt. 2,40 - realizzato su base di cemento avente struttura in muratura con sovrastante manto in lastre ondulate di eternit. 

 Ricorrendo al Tar al fine di avversare il provvedimento ritenuto illegittimo per violazione di legge e chiederne l'annullamento, i proprietari del fabbricato deducevano come l'opera fosse stata realizzata in data antecedente al 1 settembre 1967, con la conseguenza che non era necessario alcun titolo abilitativo.

A tal fine, i ricorrenti evidenziavano che dalla corrispondenza prodotta in atti si evinceva l'anteriorità dell'opera a quella data: si erano allegate, infatti, sia delle foto con data incisa 1965 in cui si vedevano le opere, sia le dichiarazioni rese dal loro dante causa - nonché zio di un ricorrente – che aveva informato la Capitaneria, nel lontano 1978, e il sindaco, nel 1994, che le opere erano anteriori al 1967.

Il Comune, costituendosi in giudizio, insisteva per il rigetto del ricorso, eccependone l'infondatezza per difetto di prova della realizzazione dell'opera in data antecedente al 1967.

Il Tar non condivide la posizione dei ricorrenti.

Il collegio ricorda che, ai sensi e per gli effetti degli articoli 63, comma 1, e 64, comma 1, del codice del processo amministrativo spetta al ricorrente l'onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità. 

 Ne deriva che grava esclusivamente sul privato l'onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell'opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio per essere stata l'opera medesima realizzata secondo il regime originariamente previsto dall'art. 31, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, ossia prima della novella introdotta dall'art. 10 della c.d. "legge ponte" n. 765 del 1967.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar evidenzia come gli elementi probatori dedotti a corredo della domanda non siano sufficienti né a comprovare la realizzazione dell'opera in data antecedente al 1 settembre 1967 né a inverare un principio di prova tale da giustificare l'attivazione da parte del Comune, ove ipoteticamente possibile, di ulteriori approfondimenti istruttori.

Secondo i giudici, infatti, le dichiarazioni dello zio, anche a prescindere dalla loro autenticità, non possono costituire elementi di prova, siccome provenienti dal dante causa della parte; le due fotografie prodotte in atti, invece, non sono idonee a rappresentare con ragionevole certezzal'opera oggetto di demolizione né l'epoca di realizzazione del manufatto.

Alla luce di tanto, il Tar respinge il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune resistente.

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