Di Rosalia Ruggieri su Venerdì, 03 Luglio 2020
Categoria: Famiglia e Conflitti

Abbandono del tetto coniugale, SC: “Nessun addebito se manca la progettualità di coppia”

Con la pronuncia n. 12241 dello scorso 23 giugno in tema di abbandono del domicilio coniugale e addebito della separazione, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha precisato che "il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all'impossibilità della convivenza, salvo che si provi - e l'onere incombe a chi ha posto in essere l'abbandono - che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto".

Sul merito della questione aveva statuito, inizialmente, il Tribunale di Roma che, pronunciandosi sulla separazione personale dei coniugi, rigettava la richiesta di addebito formulata dal marito verso l'ex moglie, per aver quest'ultima volontariamente abbandonato il tetto coniugale.

La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Roma, la quale non riteneva raggiunta la piena prova delle violazioni dei doveri familiari commesse dalla donna. 

In particolare, nel corso dell'istruttoria era emerso come i coniugi, nella breve esperienza matrimoniale, non erano riusciti a costruire, per colpe addebitabili ad entrambi, un "rapporto fatto di affezione, progettualità di coppia e condivisione", cosicché la causa del fallimento della convivenza non era imputabile alla sola moglie.

Il marito, ricorrendo in Cassazione, rilevava che la Corte territoriale aveva errato nella pronuncia di addebito della separazione: l'uomo, infatti, denunciava la violazione degli articoli 143 e 151 del codice civile, non avendo la Corte territoriale correttamente valutato il comportamento della moglie, contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, essendosi allontanata ingiustificatamente dalla casa coniugale.

La Cassazione non condivide la censura sollevata.

La sentenza in commento ricorda che l'abbandono della casa familiare, di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale, non essendo decisiva la prova della asserita esistenza di una relazione extraconiugale in costanza di matrimonio; tale principio, tuttavia, non ha una valenza indiscriminata.

Difatti, il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all'impossibilità della convivenza, salvo che si provi - e l'onere incombe a chi ha posto in essere l'abbandono - che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto. 

Passando ad analizzare il merito del ricorso, la Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente e ritiene inammissibili i motivi prospettati in quanto gli stessi – risolvendosi nella sollecitazione di un nuovo accertamento di merito sui presupposti della pronuncia di addebito – impongono l'esecuzione di un nuovo accertamento di fatto precluso in sede di legittimità; inoltre, in difetto di violazione di legge, la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili.

In relazione al caso di specie, la Corte d'appello, confermando sul punto la statuizione di primo grado, ha fondato la propria decisione in punto di addebito sul rilievo che l'abbandono della casa familiare da parte della moglie era intervenuto in un momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si era già verificata ed in conseguenza del comportamento di entrambi i coniugi, rivelatisi inidonei a costruire persino un progetto di vita matrimoniale.

Alla luce di tanto, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso con compensazione delle spese.

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