Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Piacci), con sentenza del 24 settembre 2015, n. 147, pubblicata il 27.5.2016.
La vicenda aveva inizio con l´esposto dei Clienti del legale, i quali narravano che, nonostante le innumerevoli richieste telefoniche, mai soddisfatte dal legale, non gli veniva comunicato il deposito di una decisione della Corte di Cassazione, resa nel giudizio che li vedeva parti. Successivamente, il legale inviava comunicazione ad uno di essi con la quale riferiva che la Cassazione aveva riconosciuto la sussistenza del danno morale. A parere degli esponenti tale comunicazione conteneva delle affermazioni non veritiere in ordine al fatto che l´interessato sarebbe stato a conoscenza delle vicende processuali, senza peraltro dire nulla circa la riassunzione della causa a pena di decadenza.
Così, gli esponenti riscontravano la comunicazione del loro legale evidenziando il pregiudizio subito a causa della mancata riassunzione della causa e revocando il mandato al professionista.
Il COA di Salerno rendeva edotto il legale dell´esposto in parola e lo stesso veniva ascoltato nella fase istruttoria dal Consigliere designato, respingendo le contestazioni a lui mosse e sostenendo che i propri Clienti erano stati sempre edotti dell´andamento del giudizio e che solo a causa del mancato accordo per il pagamento delle competenze professionali maturate per i giudizi patrocinati e per l´acconto da versare per quello instaurando, era divenuta impossibile la prosecuzione dell´assistenza professionale.
Il legale aggiungeva poi che in relazione a tale vicenda pendeva nei suoi confronti azione giudiziale di responsabilità professionale in cui avrebbe provveduto a costituirsi e a spiegare a sua volta domanda riconvenzionale.
All´esito della fase istruttoria, valutate le circostanze al proprio esame, il COA di Salerno deliberava l´apertura del procedimento disciplinare per "violazione dell´art. 38 L.P. e artt. 35, 36, 38, 40 del Codice deontologico per essere venuto meno ai propri doveri professionali, per negligente compimento di atti inerenti al mandato e per la mancata informazione sullo svolgimento del mandato affidatogli, senza renderne sollecitamente conto al proprio assistito in quanto ometteva di comunicare allo stesso l´esito dell´impugnazione della sentenza della Corte di Appello di Salerno, pendente dinanzi alla Corte di Cassazione che in data 11.05.2007, accogliendo uno dei motivi e precisamente quello relativo alla liquidazione del danno morale, cassava la sentenza della Corte d´Appello di Salerno e rinviava anche per le spese dinanzi alla Corte di Appello di Potenza facendo decorrere i termini per la riassunzione del giudizio senza renderne edotto il proprio assistito e procurando allo stesso un ingente danno".
Prima ancora dell´udienza dibattimentale, il legale veniva nuovamente ascoltato, rendendo dichiarazioni spontanee e ribadendo quanto già sostenuto.
L´incolpato veniva poi interrogato all´udienza dibattimentale e ribadiva di aver sempre informato di ogni attività processuale e dei relativi esiti i propri Clienti indicando a conferma del suo assunto la propria segretaria.
Il COA di Salerno, con la decisione del 28.2.2012, affermava la sussistenza della violazione dell´art. 40 canone II CDF, dichiarava la responsabilità disciplinare dell´incolpato e gli infliggeva la sanzione della censura.
Investito della questione, il CNF ha rigettato il ricorso del legale, essendo evidente la violazione da lui posta in essere, correttamente individuata dal COA di Salerno con valutazione pienamente condivisa dal CNF, alla stregua della giurisprudenza formatasi sul punto tra cui CNF 19/10/2010 n. 85, a tenore della quale: "Il dovere di correttezza e di diligenza, di cui il dovere di informazione esplicitamente previsto dall´art. 40 c.d. è espressione, impone, anche al difensore d´ufficio, di comunicare tempestivamente all´assistito l´avvenuta emissione di una sentenza, tanto più se di condanna, mettendolo così in condizione di valutare l´opportunità e la convenienza di interporre appello, altrimenti preclusagli in radice, a prescindere dalla inesistenza delle condizioni per proporre un´utile impugnazione, circostanza questa che può rilevare sul diverso piano della responsabilità professionale al fine di escluderla, ma non fa venire meno il dovere
deontologico di informazione al cui adempimento il professionista è in ogni caso tenuto." Allo stesso modo, è evidente la violazione posta in essere dal legale attesa l´assoluta mancanza di completezza (a tacer d´altro) della nota dell´11 novembre 2010 alla luce dei principi fissati da questo Consiglio secondo cui: "Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che ometta di informare il cliente sullo stato della causa e, di conseguenza, sull´esito della stessa, così venendo meno ai doveri di dignità, correttezza e decoro della professione
forense in violazione degli artt. 38, 40 e 42 c.d.. Deve infatti ritenersi che un rapporto fiduciario, quale è quello che lega l´avvocato al suo cliente, (art. 35 Cod. Deont. Forense) non può tollerare alcun comportamento che violi un aspetto essenziale della "fiducia", consistente nella completezza e verità delle informazioni destinate all´assistito". (CNF 30/12/2013 n. 223)
Sentenza allegata
La vicenda aveva inizio con l´esposto dei Clienti del legale, i quali narravano che, nonostante le innumerevoli richieste telefoniche, mai soddisfatte dal legale, non gli veniva comunicato il deposito di una decisione della Corte di Cassazione, resa nel giudizio che li vedeva parti. Successivamente, il legale inviava comunicazione ad uno di essi con la quale riferiva che la Cassazione aveva riconosciuto la sussistenza del danno morale. A parere degli esponenti tale comunicazione conteneva delle affermazioni non veritiere in ordine al fatto che l´interessato sarebbe stato a conoscenza delle vicende processuali, senza peraltro dire nulla circa la riassunzione della causa a pena di decadenza.
Così, gli esponenti riscontravano la comunicazione del loro legale evidenziando il pregiudizio subito a causa della mancata riassunzione della causa e revocando il mandato al professionista.
Il COA di Salerno rendeva edotto il legale dell´esposto in parola e lo stesso veniva ascoltato nella fase istruttoria dal Consigliere designato, respingendo le contestazioni a lui mosse e sostenendo che i propri Clienti erano stati sempre edotti dell´andamento del giudizio e che solo a causa del mancato accordo per il pagamento delle competenze professionali maturate per i giudizi patrocinati e per l´acconto da versare per quello instaurando, era divenuta impossibile la prosecuzione dell´assistenza professionale.
Il legale aggiungeva poi che in relazione a tale vicenda pendeva nei suoi confronti azione giudiziale di responsabilità professionale in cui avrebbe provveduto a costituirsi e a spiegare a sua volta domanda riconvenzionale.
All´esito della fase istruttoria, valutate le circostanze al proprio esame, il COA di Salerno deliberava l´apertura del procedimento disciplinare per "violazione dell´art. 38 L.P. e artt. 35, 36, 38, 40 del Codice deontologico per essere venuto meno ai propri doveri professionali, per negligente compimento di atti inerenti al mandato e per la mancata informazione sullo svolgimento del mandato affidatogli, senza renderne sollecitamente conto al proprio assistito in quanto ometteva di comunicare allo stesso l´esito dell´impugnazione della sentenza della Corte di Appello di Salerno, pendente dinanzi alla Corte di Cassazione che in data 11.05.2007, accogliendo uno dei motivi e precisamente quello relativo alla liquidazione del danno morale, cassava la sentenza della Corte d´Appello di Salerno e rinviava anche per le spese dinanzi alla Corte di Appello di Potenza facendo decorrere i termini per la riassunzione del giudizio senza renderne edotto il proprio assistito e procurando allo stesso un ingente danno".
Prima ancora dell´udienza dibattimentale, il legale veniva nuovamente ascoltato, rendendo dichiarazioni spontanee e ribadendo quanto già sostenuto.
L´incolpato veniva poi interrogato all´udienza dibattimentale e ribadiva di aver sempre informato di ogni attività processuale e dei relativi esiti i propri Clienti indicando a conferma del suo assunto la propria segretaria.
Il COA di Salerno, con la decisione del 28.2.2012, affermava la sussistenza della violazione dell´art. 40 canone II CDF, dichiarava la responsabilità disciplinare dell´incolpato e gli infliggeva la sanzione della censura.
Investito della questione, il CNF ha rigettato il ricorso del legale, essendo evidente la violazione da lui posta in essere, correttamente individuata dal COA di Salerno con valutazione pienamente condivisa dal CNF, alla stregua della giurisprudenza formatasi sul punto tra cui CNF 19/10/2010 n. 85, a tenore della quale: "Il dovere di correttezza e di diligenza, di cui il dovere di informazione esplicitamente previsto dall´art. 40 c.d. è espressione, impone, anche al difensore d´ufficio, di comunicare tempestivamente all´assistito l´avvenuta emissione di una sentenza, tanto più se di condanna, mettendolo così in condizione di valutare l´opportunità e la convenienza di interporre appello, altrimenti preclusagli in radice, a prescindere dalla inesistenza delle condizioni per proporre un´utile impugnazione, circostanza questa che può rilevare sul diverso piano della responsabilità professionale al fine di escluderla, ma non fa venire meno il dovere
deontologico di informazione al cui adempimento il professionista è in ogni caso tenuto." Allo stesso modo, è evidente la violazione posta in essere dal legale attesa l´assoluta mancanza di completezza (a tacer d´altro) della nota dell´11 novembre 2010 alla luce dei principi fissati da questo Consiglio secondo cui: "Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che ometta di informare il cliente sullo stato della causa e, di conseguenza, sull´esito della stessa, così venendo meno ai doveri di dignità, correttezza e decoro della professione
forense in violazione degli artt. 38, 40 e 42 c.d.. Deve infatti ritenersi che un rapporto fiduciario, quale è quello che lega l´avvocato al suo cliente, (art. 35 Cod. Deont. Forense) non può tollerare alcun comportamento che violi un aspetto essenziale della "fiducia", consistente nella completezza e verità delle informazioni destinate all´assistito". (CNF 30/12/2013 n. 223)
Sentenza allegata
Collegamenti