Di Redazione su Venerdì, 29 Marzo 2019
Categoria: Mario Squinzati, avvocato all'ombra della colpa (Alberto Pezzini) - Diritto e Letteratura

L'ombra della Colpa - "Avvocato, ti spacco la tua faccia da culo". Il mio cliente, un signore!

 Appena esco, vado a riprendermi la moto. Alzo il sellino e prendo in mano il cellulare. I telefonini in carcere non si possono portare,come le armi. Naturalmente, ci ritrovo almeno tre messaggi,vocali e sms. Uno di questi ultimi è sconcertante.

- Squinzati, ridammi la patente o vengo giù e ti spacco la tua faccia da culo. F.to Bianchetti.

E' impossibile. Bianchetti ha trovato il mio numero di cellulare. Dopo gli insulti in segreteria – registrati – ora siamo passati alle ingiurie via sms. Mi faccio una risata ed, anzi, decido di rinfocolare un poco l'attività vulcanica di questo eterno ragazzo con l'inclinazione alla coprolalia.

Digito velocemente una risposta lapidaria capace di innescare una reazione a catena.

- Vienitela a prendere, testa da cazzo.

La preposizione da al posto di – secondo me – è come un litro di benzina sul fuoco di un camino che sta per morire. Il messaggio vocale è di Giulia. Mi dice che non mi ha più sentito e se debba considerarsi come una donna da una botta e via. Le scenate di gelosia in questo momento non sono gradite, anche perché non so cosa mi stia capitando a livello sentimentale. Sono finito dentro un labirinto in cui ho perso l'orientamento. Non so incasellare le tessere impazzite della mia vita. E Agata, dove la colloco con precisione ? Questa ragazza, all'improvviso, – dopo anni di coabitazione professionale – mi tortura le notti come una stella del mare apparsa all'improvviso sopra il cuore. Non è che sono io il più grande imbecille dell'orbe terracqueo ?

Il terzo messaggio è di Ottavio. Che – francamente – non capisco come abbia fatto a lasciare registrato in segreteria.

- Mario, ti ho cambiato le lenzuola. La copertina in ciniglia te l'ho messa sui piedi perché ormai l'aria è cambiata e alla notte rischi di prendere freddo. Hanno telefonato per il vino: dicono che lo portano sabato. Ho incontrato Agata al mercato con un bruno, un bel ragazzo. E' proprio brava. Ciao.

Adesso, ditemi voi se uno non si debba incazzare. I latini avevano ragione quando dicevano che il veleno sta sempre nella coda, venenum in cauda. Guardo il cielo di settembre sopra di me – e parafrasando Kant – fisso anche il vuoto dentro di me. Cosa sto facendo ? Lascia perdere Mario, mi dice una vocina. Lascia perdere Agata, è troppo giovane. Lascia perdere. Non ti puoi bruciare la tua migliore amica proprio in un momento come questo, quando ogni mattina sei destinato a fare a pugni con gli uccelli del malaugurio. Non sono tempi per pensare alle tette di Agata o alla sua vita sentimentale. Sono i giorni della battaglia e – forse non te ne sei ancora accorto Squinzati – ma questa è l'ora critica della tua vita modesta. Bisogna prendere un bel respiro prima del grande balzo. Chiamo Giulia e le chiedo se questa sera ha voglia di farmi una pasta al pesto con l'ultimo basilico dell'estate, quello tardivo, come le pesche di vigna, o l'acqua del mare che a settembre comincia a tingersi di un blu scuro come il mosto. Per colonna sonora penso a Pino Daniele, dannato nel blues del mio cuore che sento andare in frantumi se ripenso al messaggio di Ottavio. Mi infilo il casco e scendo stile centauro giovane, con tutta la forza della ex giovinezza che scorre nei miei polsi come tamburi africani nella notte.

Quando il leone fa sentire il suo ruggito e la savana lo ascolta nel buio.

 E' stata una serata tra vecchi coniugi. Giulia ha cucinato una pasta perfetta, abbiamo bevuto un soave ghiacciato e poi abbiamo fatto l'amore come da copione con punte di notevole erotismo. Ho dormito sereno. Quando mi sono svegliato, Giulia non c'era più. Sul cuscino un biglietto con la sua grafia svolazzante. Ci vediamo stasera. F.to Tua moglie.

Non so se me la senta di affrontare un'altra serata così, senza neanche un brivido o l'ombra di un fremito autentico. Qui manca tutto, caro Mario, mi sussurro allo specchio quando ci vedo dentro un vecchio galeone irto di cicatrici (anche se non si vedono, si sentono) che entra in acque sconosciute dove sa già di essere un bersaglio per cannonate da novanta a base di spezzoni di piombo fuso. Qui manca l'ingrediente segreto, l'amore. Ohibò, che grande affermazione. Adesso non mi verrai a dire che ti sei pure innamorato. Stile Buzzati quando aveva scritto Un amore immolando il suo, di amore, per una giovane donna con la quale la vita sarebbe diventato una prova nevrastenica di vita e attesa illimitata. Squilla il telefono. Sto ancora in bilico sul lato oscuro della notte ed il principiare del giorno, ma decido di guardare chi sia già in grado di rovinarmi la giornata.

E' Agata. 

 - Cosa vuoi ?

- Sempre gentile fin dal mattino. Buongiorno capo.

- Non sono il tuo capo. Cosa vuoi a quest'ora ?

- Mario, hanno scarcerato la Salmaso. E' arrivata l'ordinanza dieci minuti fa. E non ti preoccupare di ringraziarmi, tanto immagino che sarai molto impegnato con tua moglie.

Sto per replicare ma ha già buttato giù. Non so se sia più felice per la Salmaso o per quella punta di gelosia di cui ho avvertito l'eco nelle parole pronunciate dalla castellana del mio cuore. Di colei che so per certo averne ormai il dominio assoluto. E' gelosa, allora. Come fa a sapere dei miei movimenti con Giulia ? Rinsavisco un istante dopo la prima sorsata di caffè. Devo leggere l'ordinanza. Immagino la Salmaso ai domiciliari. Ripesco un sorso di caffè dalla mia tazzina preferita. I suoi colori non mi sono mai apparsi così smaglianti. Quando sono tramortito dalla vita notturna, cerco dentro la tazzina un conforto ed un tonico. Decido di farmi un'altra caffettiera. Mentre mi sbarbo, canto. Sto cantando, porco zio, come un fanciullo davanti ad un campo di grano nel sole.Stile Le Orme o I Nomadi. I capelli lunghi ci sono. In testa mi ribolle però Sacrifice di Sinead O'Connor, una canzone quasi ultraterrena, che è poi la storia di un tradimento e di quanto sia un sacrificio rinunciare all'altro o all'altra. Mi risiedo al tavolo e bevo lentamente il secondo caffè della giornata. Pastoso come bitume rovente. Me lo sento correre giù per le vene, fino ai piedi. Il caffè deve essere una madre abbracciante, oppure un padre che ti sussurra un consiglio quando arrivi ad una svolta. La caffettiera deve essere vecchia. Luciano De Crescenzo ha scritto pagine celestiali sulla tazzuriella di caffè. Oggi nessuno sa neanche più chi sia. Ai miei tempi, era uno dei miei idoli letterari, insieme a Luca Goldoni, un giornalista di Parma che scriveva con dita di seta sul tema della vita quotidiana. I loro libri erano best seller, oggi sono ombre dei nomi che furono. Il caffè mi infonde la sferzata di cui avevo bisogno. Squilla il telefono. Un numero privato. Ho capito. Mi volete già far pagare con gli interessi questi attimi di dolcezza interiore. La mia riserva di acqua ed elisir sta per venire inquinata dalla realtà quotidiana.

- Pronto ?

- Mario ?

- Si ?

- Sono Salmaso. Sono libera. Posso venire nel suo studio tra un'ora ?

- Ma come libera ? Non le hanno dato i domiciliari ?

- Mi hanno rimesso in libertà.

- Ci vediamo tra un'ora, Dottoressa.

Deglutisco.Questa è una giornata da sassolino bianco. Come dicevano i latini. Almeno per un giorno voglio andare a vedere cosa mi succede nella vita senza un filo di paura. Chi ce l'ha, muore ogni giorno. Lo diceva Giovanni Falcone.

Mica un coglione come me.

Arrivo in studio planando come un falco a bordo del mio motorino vetusto. Fa molto vintage ma se non altro non sembro uno di quei cavalieri d'antan ai quali manca solo la celata, a bordo degli scooter mostruosi di oggi. Piccoli vascelli di lamiera con cui solcare le strade pensando di essere unici. Il Tmax è secondo me l'emblema dell'idiozia in libertà. Fateci caso. Quasi tutti quelli che lo guidano assumono una postura specifica. O a gambe accavallate come fossero in salotto, oppure con le spalle abbassate, manco fossero cani nell'arena, pronti per il combattimento. Sono prolunghe naturali del loro ego oppure del loro pene, che immagino microscopico. Non sono pazzo. E' che a volte questo mondo fatto di gente con la barba, gli occhiali scuri anche per andare al cesso ed i sempiterni tatuaggi su ogni parte del corpo, non mi appartiene più. Mi sembra di essere una vecchia carretta che avanza a bordo di un motorino a scoppio. Se gli altri viaggiano in digitale, io procedo a carbone. Sono due universi paralleli che non coincideranno mai.Quando arrivo in studio, Agata non c'è. Sulla mia scrivania trovo l'ordinanza, saranno almeno dieci pagine. I signori del riesame non hanno lesinato l'inchiostro. Mi siedo e accendo il computer.Un po' di musica in sottofondo. Se non ho una colonna sonora marciante, mentre lavoro, non riesco ad attivare il cervello. Quando comincio un atto, ascolto musica classica perchè mi distende e fa salire il silenzio tutto intorno a me. Vado poi giù con le compilation anni '80. Immagino sia un modo per non sentirmi fuori casa. Ascoltare i motivi che hanno dominato i miei pomeriggi da adolescente fa ricomparire alcune immagini cucite a filo doppio con certi ricordi. Attacco la lettura. Dopo qualche pagina mi rendo conto che si tratta di un'ordinanza chiara, cartesiana. I miei due cavalli di battaglia sono stati presi in esame anche se la Carta di Noto non ha ricevuto l'attenzione desiderata. Il punto dell'incidente probatorio viene valorizzato in ben due pagine fitte di note e rimandi golosi per un processuapenalista. Per il Tribunale della Libertà il bimbo giace ormai inquinato nella sua deposizione. Il Riesame usa parole che fugano alcuni dubbi nutriti fino ad oggi. L'unico punto irrisolto rimane quello della telefonata tra difensore ed assistita. Per il Riesame è utilizzabile.

Va bene lo stesso. Mi leggo e rileggo l'ordinanza almeno tre volte e poi chiamo Agata. Vorrei condividere questo successo con qualcuno. Il telefono squilla almeno dieci volte ma non risponde. Suona il campanello. Non me ne sono reso conto ma ho la schiena sudata.

La Madonna dell'agitazione mi ha sfiorato con i suoi lembi di seta cruda.

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