John Dewey (Burlington, 20 ottobre 1859 – New York, 1º giugno 1952) è stato un filosofo e pedagogista statunitense. È stato anche scrittore e professore universitario. Ha esercitato una profonda influenza sulla cultura, sul costume politico e sui sistemi educativi del proprio paese. Intervenne su questioni politiche, sociali, etiche, come il voto alle donne e sulla delicata questione dell'ingiusta condanna degli anarchici Sacco e Vanzetti.
Nacque nel 1859 a Burlington (Vermont), dove ricevette l'educazione tipica dei borghesi del tempo. Studiò filosofia all'università del Vermont e alla Johns Hopkins University (Baltimora), dove ricevette una formazione di tipo neohegeliano dal maestro George Sylvester Morris. Oltre che dell'influsso di quest'ultimo, la sua formazione risentì in maniera determinante del contatto con le opere dei due fondatori del pragmatismo: C. S. Peirce e W. James.
Dopo essersi laureato nel 1884, con una tesi sulla psicologia in Kant, Dewey iniziò l'insegnamento universitario, dapprima nelle università del Michigan e del Minnesota, poi in quella di Chicago, dove rimase dal 1894 al 1904. Qui egli fondò nel 1896 la scuola-laboratorio dell'università di Chicago, che è uno dei primi e più riusciti esempi di scuola nuova, cioè di applicazione del metodo pedagogico attivo secondo criteri teorizzati dallo stesso Dewey. Sempre a Chicago, Dewey elaborò i principi dello "strumentalismo" , in collaborazione con G.H. Mead e altri che insieme diedero vita a un indirizzo logico-filosofico denominato, appunto, "Scuola di Chicago".
Dal 1904 al 1929 insegnò alla Columbia University di New York e in quegli anni la sua fama di pedagogista, di filosofo, di pensatore sociale si diffuse in tutto il mondo. I viaggi in Cina, Giappone, Turchia, nell'Unione Sovietica (dove si interessò del nuovo sistema scolastico ispirato ai principi della pedagogia marxista) lo convinsero della necessità di profonde riforme politico-sociali nella democrazia americana. A settant'anni, terminato l'insegnamento accademico, Dewey si dedicò ancor più intensamente all'attività politica sforzandosi di dar vita, nel 1929, ad un terzo partito di tendenza progressista, accanto ai due tradizionali partiti americani: in parte tali idee vennero fatte proprie dai democratici rooseveltiani.
Nel 1937 accettò di entrare nella commissione d'inchiesta sui presunti crimini di Trotsky e, dopo un viaggio nel Messico, denunciò le menzogne delle purghe staliniane. Si schierò poi tra gli interventisti durante la Seconda guerra mondiale (come già aveva fatto per la prima).
J. Dewey, Il mio credo pedagogico. Antologia di scritti sull'educazione (1897)
«Io credo che - ogni educazione deriva dalla partecipazione dell'individuo alla coscienza sociale della specie. Questo processo s inizia inconsapevolmente quasi dalla nascita e plasma continuamente le facoltà dell'individuo, saturando la sua coscienza, formando i suoi abiti, esercitando le sue idee e destando i suoi sentimenti e le sue emozioni. Mediante questa educazione inconsapevole l' individuo giunge gradualmente a condividere le risorse intellettuali e morali che l' umanità è riuscita ad accumulare. Egli diventa un erede del capitale consolidato della civiltà. L' educazione più formale e tecnica che esista al mondo non può sottrarsi senza rischio a questo processo generale. Può soltanto organizzarlo o trasformarlo in qualche direzione particolare.- La sola vera educazione avviene mediante lo stimolo esercitato sulle facoltà del ragazzo da parte delle esigenze della situazione sociale nella quale esso si trova. Tali esigenze lo stimolano ad agire come membro di un unità, a uscire dalla sua originaria angustia di azione e di sentire, e a pensare a se stesso dal punto di vista del benessere del gruppo del quale fa parte. Attraverso le reazioni degli altri alle sue attività esso arriva a capire che cosa queste significano in termini sociali. Ad esse ritorna riflesso il valore che esse hanno. Ad esempio, attraverso la risposta che si fa all'istintivo balbettare del fanciullo questi giunge a comprendere il significato di questo balbettio. Esso si trasforma in linguaggio articolato e in tal modo il fanciullo ha accesso alle ricchezze di idee e di emozioni che sono accumulate e consolidate nel linguaggio. - Il processo educativo ha due aspetti, l'uno psicologico e l'altro sociologico, e che nessuno dei due può venire subordinato all'altro o trascurato senza che ne conseguano cattivi risultati. Di questi due aspetti quello psicologico è basilare. Gli istinti e i poteri medesimi del fanciullo forniscono il materiale e danno l avvio a tutta l'educazione. Se gli sforzi dell'educatore non si riallacciano a qualche attività che il fanciullo compie di sua propria iniziativa indipendentemente dall'educatore stesso, l'educazione si riduce a una pressione dall'esterno. Essa può dare dei risultati esterni, ma non può essere veracemente chiamata educativa. Senza una penetrazione della struttura e delle attività psichiche dell' individuo il processo educativo sarà, perciò, accidentale e arbitrario. Se coincide fortuitamente coll'attività del fanciullo, ne verrà stimolato; altrimenti risulterà in un ostacolo o in un agente di disintegrazione o di arresto della natura del fanciullo.
La conoscenza delle condizioni sociali, o dello stato attuale della civiltà, è necessaria per potere interpretare esattamente i poteri del fanciullo. Questi possiede i suoi istinti e le sue tendenze, ma noi ne ignoriamo il significato finché non possiamo tradurli nei loro equivalenti sociali. Dobbiamo essere capaci di riportarli ad un passato sociale e di vederli come l'eredità di precedenti attività della specie. Dobbiamo essere capaci altresì di proiettarli nel futuro per vedere quel che sarà il loro risultato e il loro fine. Riferendoci all'esempio fatto sopra, è la capacità di scorgere nel balbettio del fanciullo la promessa e la potenza di una futura attività di contatti e scambi sociali che permette di tenere in giusto conto quell'istinto.
L'aspetto psicologico e quello sociale stanno fra loro in un rapporto organico e che l'educazione non può venir considerata come un compromesso fra i due aspetti o come una sovrapposizione dell'uno sull'altro. Si afferma che la definizione psicologica dell' educazione è nuda e formale, che ci dà soltanto l'idea dello sviluppo di tutti i poteri della mente senza darci nessuna idea del loro impiego. D'altra parte si insiste che la definizione sociale dell' educazione come "adattamento" alla civiltà ne fa un processo forzato ed esterno e conduce a subordinare la libertà dell' individuo a una situazione sociale e politica presupposta. - Ciascuna di queste obiezioni è vera quando viene affacciata contro uno dei due aspetti isolato dall' altro. Per conoscere quel che è veramente una facoltà dobbiamo conoscerne il fine, l'impiego o la funzione, e ciò non è possibile se non si concepisce l'individuo come attivo nei rapporti sociali. Ma d'altra parte il solo possibile "adattamento" che possiamo dare al fanciullo nelle condizioni esistenti è quello che deriva dal porlo in possesso completo di tutte le sue facoltà. Coll'avvento della democrazia e delle moderne condizioni industriali è impossibile predire con precisione cosa sarà la civiltà da qui a venti anni. È perciò impossibile preparare il fanciullo a un ordine preciso di condizioni. Prepararlo alla vita futura significa dargli la padronanza di se stesso; significa educarlo in modo che egli arrivi a conseguire l'impiego intero e pronto di tutte le sue capacità; che il suo occhio, il suo orecchio e la sua mano possano essere pronti strumenti di comando, che il suo giudizio possa essere capace di afferrare le condizioni nelle quali deve lavorare e le forze che egli deve sviluppare per poter agire economicamente ed efficientemente. È impossibile raggiungere questo adattamento se non si tien conto di continuo dei poteri, dei gusti, e degli interessi propri dell' individuo, cioè se l'educazione non è costantemente convertita in termini psicologici. Riassumendo, io credo che l'individuo che deve essere educato è un individuo sociale e che la società è un'unione organica di individui. Se eliminiamo il fatto sociale dal fanciullo si resta solo con Un'astrazione; se eliminiamo il fatto individuale dalla società, si resta solo con una massa inerte e senza vita. Perciò l'educazione deve iniziarsi con una penetrazione psicologica delle capacità del fanciullo, dei suoi interessi e delle sue abitudini. Essa deve essere controllata ad ogni punto con riferimento a queste stesse considerazioni. Tali facoltà, interessi e abitudini devono essere continuamente interpretate; noi dobbiamo sapere qual è il loro significato. Esse devono esser tradotte nei loro equivalenti sociali e mostrare la loro capacità come organi di servizio sociale»