A piccoli passi tornerà il sereno e quella normalità troppe volte banalizzata perchè scontata. Eppure nel lungo periodo di lockdown è stata proprio quella banale normalità a mancare, a creare crisi d'identità, a mettere a soqquadro l'esistenza di donne, uomini e aggiungerei bambini. Chiusi in casa tra le mura di piccoli e grandi appartamenti, senza alcuna certezza del futuro e ricevendo giornalmente una sorta di bollettino di guerra per Covid-19. La pandemia non ha risparmiato nessuno, ha colpito anche chi non è stato fisicamente contagiato. Tante donne, ricordo con molta amarezza, sono state uccise e maltrattate fisicamente e psicologicamente dai propri mariti o compagni. Tanta violenza è emersa tra le mura domestiche, tra i confini del luogo dove ognuno dovrebbe ritrovare la propria serenità, sentirsi accolto in un caldo abbraccio, in quello che un tempo rappresentava il focolare domestico, il cuore della vita di coppia. Invece, per tante mamme, moglie e compagne è stato lo scenario della guerra personale che hanno dovuto combattere quotidianamente per sopravvivere. Alcune, pur nelle difficoltà sono riuscite a superare il lockdown, altre purtroppo sono perite per mano del proprio aguzzino. Anche questa, se vogliamo, può essere considerata una "pandemia" che, a differenza del Corona virus, non riusciremo a fermare con la scoperta di un vaccino, ma con una battaglia civile e di giustizia. Una lotta pacifica di sensibilizzazione al rispetto di genere e contro ogni forma di violenza. Un impegno civile che deve passare attraverso i banchi della politica che deve avere il compito di intervenire con i fatti per mettere un freno ad una piaga sociale divenuta un vero e proprio fenomeno che non si riesce a contenere. Giornalmente registriamo, da Nord a Sud, casi di femminicidio e segnalazioni di maltrattamenti a donne. Sarebbe facile dire "uomini in preda alla follia", ma a conti fatti non è umanamente possibile pensare che gran parte del genere maschile abbia perso il lume della ragione. Credo che alla base ci sia un problema ben più profondo che in ogni caso non può e non potrà mai giustificare tale gesti. Nessuno ha il diritto di privare un essere umano della propria vita: non lo può fare un marito/compagno geloso o che non accetta di essere lasciato; non lo può fare un marito/compagno abituato ad assurgente il ruolo di marito-padrone; non può farlo un padre per quella che viene definita "questione d'onore".
E' il caso di Romina Ashrafi, la giovanissima 13enne iraniana uccisa dal padre per essersi innamorata di un uomo di 35 anni. In questo caso si segnala non solo l'orrore della violenza di un padre criminale ma anche della legge che assicura il delitto d'onore. La notizia ha scosso l'Italia e le tante donne che giornalmente lottano contro la violenza sulle donne e ogni forma di sopruso. Uno dei tanti episodi che dovrebbe far riflettere e far capire che la strada da fare è ancora tanta.
Tra una riflessione e l'altra apprendiamo dell'ennesimo femminicidio. È accaduto a Roma, in un luogo pubblico, nel silenzio delle notte. Al 31 maggio 2020 siamo a quota 29. I centri antiviolenza ribadiscono "non possiamo stare in silenzio".