Ricordo quel giorno lontano, 16 marzo 1978, come fosse ieri.
Un giorno terribile per Roma, per l'Italia, per tutti noi. Quei cinque corpi riversi sull'asfalto, in Via Fani. Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino e Giulio Rivera, tre Poliziotti. Oreste Leonardi e Domenico Ricci, due Carabinieri.
Oggi ripeto, uno ad uno, i loro nomi. Quelli degli agenti di scorta sono spesso dimenticati o se ne perde prima la memoria, e non è giusto. Quelli che fan parte di una scorta sono giovanissimi, agli albori della vita e della carriera; e la loro scelta di servire uno Stato che non sempre lo merita è quasi sempre gratuita, in tutti i sensi.
Cinque eroi, che cercarono di impedire fino al ultimo il rapimento dell'on. Aldo Moro, e non ci riuscirono, travolti da una tempesta di fuoco. Come travolto, sia pure a distanza di poco meno di due mesi fu anche Moro. ll suo cadavere venne ritrovato, al termine del processo sommario delle B.R. e di un colpo di pistola che lo finì, nel cofano di un'auto in via Caetani.
Mi è capitato di percorrerla, quella strada che interseca l'itinerario che dal Teatro di Marcello porta a Campo de' Fiori, uno dei luoghi più suggestivi di Roma. Una lapide, sembra abbandonata a sè stessa. Roba d'altri tempi, andati. Chi abita lì, pensavo, se ne sarà pure abituato. Eppure, essa, insieme a quella di via Fani che stamane è stata onorata dalla Polizia di Stato e dall'Arma, ricorda uno dei momenti più tragici della storia della nostra Repubblica.
Noi c'eravamo, noi abbiamo conosciuto il sorriso di quell'uomo "buono, mite, saggio, innocente ed amico" - come volle ricordarlo commosso Papa Paolo VI da San Pietro - e il coraggio di quei cinque. Come anche i silenzi e le complicità, mai chiarite fino in fondo, di un'altra parte dello Stato, quella marcia. Noi abbiamo il dovere di ricordare, e di saper mantenere ciò che abbiamo saputo conquistare