Con la sentenza n. 23888 depositata lo scorso 12 agosto 2020 la Corte di Cassazione ha precisato che, anche se la violenza non si esplica sulla persona del derubato, si può comunque configurare il delitto di rapina.
Nel caso sottoposto alla Corte di legittimità gli imputati avevano tamponato la persona offesa in macchina.
Quest'ultima si era fermata ed era scesa come previsto in questi casi dall'art. 189 del Codice della Strada anche al fine di verificare se poteva continuare la marcia stante i possibili danni subiti dal veicolo a causa del tamponamento.
Colta l'occasione, uno dei due imputati si era dunque messo alla guida del veicolo, aveva colpito la persona offesa e si era allontanato a bordo dell'auto così rubata.
Ricorreva per cassazione il difensore degli imputati rilevando come nel caso di specie non potesse configurarsi il reato di rapina in quanto difettava la violenza prevista quale elemento costitutivo dall'art. 628 c.p.
Dopo il tamponamento infatti la persona offesa avrebbe ben potuto non arrestare la marcia e non scendere dal proprio veicolo esponendosi così all'azione dei due imputati.
Come ha invece precisato la Corte, violenza necessaria ai fini della configurazione del delitto in parola può consistere in "qualsiasi atto o fatto, posto in essere dall'agente, che si risolva comunque nella coartazione della libertà fisica o psichica del soggetto passivo, che viene così indotto, contro la sua volontà, a fare, tollerare o omettere qualche cosa indipendentemente dall'esercizio su di lui di un vero e proprio costringimento fisico".
Nel caso di specie dunque al fine di configurare il delitto di rapina è stato sufficiente che sia stato frapposto alla vittima un ostacolo alla sua libertà di locomozione tale da indurla a fermarsi e al fine di sottrarle il proprio veicolo.