Di Giulia Zani su Martedì, 06 Novembre 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Testo unico in materia di immigrazione: art. 12 co. 3 aggravante o reato autonomo?

Con la sentenza n. 40982 del 2018 le Sezioni unite hanno chiarito la natura di circostanza aggravante anziché di fattispecie autonoma della disposizione di cui al co. 3 dell'art. 12 del testo unico in materia di immigrazione.

L'art. 12, rubricato "disposizioni contro le immigrazioni clandestine", al co. 1 prevede l'ipotesi c.d. base che sanziona "1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona."

Al co. 3, oggetto di dibattito, prevede 5 diverse fattispecie sanzionate più gravemente rispetto al co. 1 disponendo che "3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui […]"

Il capo di imputazione contestava all'imputato di aver compiuto, in concorso con altri, atti diretti a procurare l'ingresso nel territorio dello stato a cittadini stranieri ottenendo fraudolentemente il rilascio di un nulla osta al lavoro, visti di ingresso con la presentazione di domande false e documentazione fittizia, senza tuttavia essere riuscito nel suo intento poiché nessuno degli stranieri aveva poi fatto ingresso nel territorio dello stato.

La Corte di Appello aderiva all'interpretazione secondo cui l'art. 12 co 3 T.U. in materia di immigrazione richiedeva perché vi fosse il perfezionamento del reato e dunque la sua consumazione l'ingresso degli stranieri nel territorio dello stato.

Ove ciò non fosse avvenuto si sarebbe configurato solo un tentativo, ma non il reato consumato.

Il procuratore presso la Corte di Appello ricorreva di fronte alla corte di cassazione contestando questa impostazione.

Contestava infatti che la Corte non avesse ritenuto che il co 3 dell'art. 12 descrivesse una fattispecie autonoma di reato.

Il procuratore sosteneva che la fattispecie del co 3 rappresentasse solo una fattispecie aggravata rispetto a quella del co. 1. Descriveva infatti le stesse condotte che, però, venivano punite più gravemente per le modalità con le quali erano realizzate.

Ciò non poteva far sì, comunque, che per la sua configurazione fosse necessario l'ingresso nel territorio dello stato da parte degli stranieri poiché la qualificazione come aggravante impediva comunque il mutamento del reato da reato di pericolo a reato di evento.

La difesa, invece, opponeva, in ossequio all'indirizzo della Corte di appello, che il co. 3 descrivesse una fattispecie autonoma proprio per gli elementi specializzanti che conteneva, che evocavano chiaramente l'ingresso nel territorio dello stato italiano e il trasporto degli stranieri.

Sottolineava sempre la difesa, come la configurazione del reato consumato, a prescindere dall'effettivo ingresso degli stranieri nel territorio dello stato membro, sarebbe stato incostituzionale alla luce degli insegnamenti della Corte Costituzionale in quanto si sarebbe finiti per punire nello stesso modo la fattispecie consumata e quella tentata di reato.

La prima sezione della corte di cassazione aveva ritenuto di rimettere la questione alle sezioni unite, articolando il quesito in due distinte questioni.

La prima questione riguardava la qualificazione delle fattispecie disciplinata dall'art. 12 co. 3 T.U. in materia di immigrazione come aggravante del delitto di cui al primo comma dello stesso articolo o come fattispecie autonoma di reato.

Il secondo riguardava, poi, qualora si fosse ritenuto reato autonomo la sua configurazione come reato di pericolo o di evento.

Nell'ordinanza di rimessione vengono ripercorsi i vari orientamenti che hanno trovato spazio in giurisprudenza sul punto stante l'evoluzione normativa subita dall'articolo in commento.

Il primo orientamento riteneva la natura di fattispecie aggravante della disposizione, fondava tale sua deduzione sulla struttura delle due disposizioni e sulla relazione di specificazione per aggiunta di quella di cui al co. 3 rispetto al primo comma.

Un secondo orientamento, invece, riteneva che si trattasse di fattispecie autonoma che richiedeva, però, l'effettivo ingresso dello straniero nel territorio dello stato.

In quest'ottica, la maggiore gravità del fatto descritto e la differenza strutturale tra le due fattispecie giustificherebbero l'incremento sanzionatorio per questa disposizione.

Un ultimo orientamento, infine, ritiene che si tratti di una fattispecie autonoma, ma anch'essa di pericolo o a consumazione anticipata.

La Corte conclude nel senso di ritenere che l'art. 12 co. 3 configuri una aggravante del reato base.

Ma andiamo per ordine.

Per procedere con l'interpretazione che le era stata richiesta, la Corte aveva operato prima una ricognizione dell'evoluzione normativa.

La disposizione è stata oggetto di tre riforme, di cui l'ultima nel 2009.

Originariamente il testo dell'art. 12 al co. 3 T.U. imm. prevedeva delle ipotesi sanzionate più severamente pacificamente ritenute aggravanti.

Con legge del 2002 erano poi stati modificai sia il co. 1 che il co. 3 della disposizione.

Il primo comma aveva assunto la forma attuale, veniva introdotta la clausola di sussidiarietà e la descrizione della condotta rilevante avveniva tramite la ripetizione della condotta descritta al primo comma.

Venivano poi previste diverse e ulteriori fattispecie aggravanti che riproducevano in parte quelle già presenti nella fattispecie originarie, altre ex novo, ai commi 3 bise 3 tere che accedevano alternativamente ai commi 1 e 3.

La norma così formulata veniva interpretata nel senso di attribuirle natura di reato autonomo e non di mera circostanza aggravante al delitto di favoreggiamento all'immigrazione clandestina.

A sostegno di tale interpretazione si sottolineava la tecnica adoperata dal legislatore che non aveva fatto un semplice rimando alla disposizione già descritta, ma aveva descritto integralmente la condotta. 

Infine, il legislatore è intervenuto nuovamente nel 2009 lasciando immutata la struttura del co. 1 dell'art. 12 ma mutando quella del 3 comma.

Il co. 3 nella nuova e attuale formulazione disciplina 5 diverse ipotesi descritte unitariamente mediante la riproduzione letterale della condotta già descritta al co. 1.

Sotto quest'ultima disciplina si sono sviluppati i contrastanti indirizzi di cui si è dato atto sopra.

Le Sezioni Unite ritengono corretta l'impostazione che ravvisa nell'art 12 co. 3 non una fattispecie autonoma bensì un'aggravante e ciò proprio per la struttura della disposizione.

I parametri che vengono presi in esame dalla Corte sono quelli degli artt. 61, 62 e 84 c.p.

La Corte, in linea con le precedenti decisioni che avevano risolto questioni analoghe in materia di stupefacenti, di truffa aggravata etc., continua a dare prevalenza al criterio strutturalesottolineando come non esista alcuna differenza ontologica tra elementi costitutivi e elementi circostanziali del reato.

Di conseguenza, la soluzione in ordine alla natura di una fattispecie è data solo attraverso la ricostruzione della volontà del legislatore che, nella sua discrezionalità, articola la valutazione penale delle condotte.

Così, aderendo alle ragioni già espresse nella giurisprudenza citata nell'ordinanza di remissione, ritiene che si tratti di una fattispecie aggravante e non autonoma proprio e principalmente perché vi è una ripetizione della descrizione della condotta presente nel 1 comma.

Peraltro, rileva la Corte, il riferimento alternativo al co. 1 e 3 dell'art. 12, contenuto nelle successive fattispecie aggravanti dei co. 3 bis e 3 terè dirimente, ben potendo trovare applicazione anche ai fatti di cui al primo comma aggravati ai sensi del 3: la costruzione di aggravanti su aggravanti non è affatto inusuale nel nostro ordinamento (si pensi alla nuova fattispecie del c.d. omicidio stradale).

Infine, sebbene non fosse più rilevante, stante la qualificazione della fattispecie come aggravante anziché come fattispecie autonoma, la Corte ha ribadito la natura di reato di pericolo della disposizione di cui all'art. 12 anche nella sua configurazione aggravata. 

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