Con ordinanza n. 8766 del 29 marzo 2019, la Corte di cassazione ha stabilito, con riferimento agli spettacoli organizzati in teatri all'aperto, che il maltempo che, nel corso dell'evento, obbliga i gestori a sospenderlo, determina l'estinzione dell'obbligazione che grava in capo a questi ultimi. In tali casi, i gestori del teatro non possono trattenere la controprestazione eseguita dal pubblico che, pertanto, ha diritto alla restituzione di quanto versato per il biglietto.
Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.
I fatti di causa.
La ricorrente gestisce un famoso teatro all'aperto, nel quale è stata organizzata la rappresentazione dell'opera lirica "Carmen". È accaduto che il giorno fissato per l'evento, dopo il primo atto, tale rappresentazione è stata sospesa a causa delle condizioni climatiche che hanno impedito il prosieguo. Un gruppo di spettatori ha agito in giudizio per ottenere il rimborso del biglietto. Rimborso, questo, negato dalla ricorrente.
Sia in primo che in secondo grado, la domanda degli spettatori è stata accolta.
Così il caso è giunto dinanzi alla Corte di cassazione.
La decisione della SC.
La ricorrente lamenta che i Giudici dei gradi precedenti hanno considerato lo spettacolo in esame come inscindibile, ossia senza possibilità che la prestazione artistica potesse essere eseguita parzialmente. A loro avviso, infatti, l'opera lirica "Carmen", per le sue caratteristiche, non può essere ritenuta una prestazione divisibile in più esecuzioni, con l'ovvia conseguenza che l'impossibilità oggettiva di darvi prosieguo dà diritto alla restituzione di quanto corrisposto dal pubblico per il biglietto.
La ricorrente è di diverso parere in quanto, a suo dire, «la qualificazione della prestazione come un unicum non scindibile è contraddetta dalla realtà, visto che la prestazione artistica è stata parzialmente eseguita», e «la possibilità di esecuzione parziale delle obbligazioni ( anche effettivamente divisibili ) è prevista dall'art. 1320 c.c.». Da questo, secondo la ricorrente, discende per il pubblico un diritto alla restituzione non integrale del biglietto, ma parziale in relazione della prestazione già eseguita. Un diritto, questo, che comunque, a dir della ricorrente, nel caso di specie, non spetterebbe in forza del contratto intercorso tra le parti, contenente clausole che escludono il rimborso del biglietto a spettacolo iniziato.
La Suprema Corte di cassazione contesta tale eccezione per due ordini di motivi. Vediamo quali.
Innanzitutto, la ricorrente non ha fornito, in sede di legittimità, indicazioni puntuali relative alla prova documentale avente ad oggetto il contratto stipulato con gli spettatori. Indicazioni, queste, necessarie al fine di rendere possibile l'esame da parte della Suprema Corte della documentazione prodotta nei giudizi precedenti (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220) e al fine di individuare l'esatta collocazione di tale documentazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte ( v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 ). Tale omissione, secondo i Giudici di legittimità, è sufficiente a rendere il ricorso inammissibile ( cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 ). Ma vi è più.
La Corte di cassazione condivide quanto affermato nella decisione di secondo grado, ossia che l'opera lirica "Carmen", per le sue caratteristiche, non può essere considerata una prestazione scindibile.
Ne consegue che la sospensione della stessa per le avverse condizioni climatiche, subito dopo il primo atto, ha estinto l'obbligazione della ricorrente ai sensi dell'art. 1256 c.c., la quale«a norma dell'art. 1463 c.c. non può pretendere (o trattenere) la controprestazione dell'altra parte, essendo venuto meno per circostanze oggettive il sinallagma contrattuale». In buona sostanza, a parere dei Giudici di legittimità, l'impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha sia nell'ipotesi in cui l'esecuzione è diventata impossibile per il debitore (nella specie, la ricorrente), sia nell'ipotesi in cui impossibile è diventata la fruizione di tale prestazione da parte dell'altro contraente (nella specie, gli spettatori). In questi casi, se tale ultima impossibilità non è imputabile agli spettatori e il loro interesse a riceverla è venuto meno, si verifica una sopravvenuta inutilizzabilità della finalità essenziale alla base della causa concreta del contratto, con conseguente estinzione dell'obbligazione ( Cassazione civile, sez. III, 20/12/2007, n. 26959 ). Sebbene «l'impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore per causa a lui non imputabile» non sia «specificamente prevista, è da considerarsi causa di estinzione dell'obbligazione, autonoma e distinta dalla sopravvenuta totale (ex art. 1463 c.c.) o parziale ( ex art. 1464 c.c. ) impossibilità di esecuzione della medesima (cfr. altresì Cass., 24/7/2007, n. 163151». Ne discende che, secondo la Corte di cassazione « a ben ragione» i Giudici di merito hanno condannato la ricorrente «al rimborso dei biglietti», giacché con la «liberazione del contraente obbligato alla prestazione divenuta impossibile», la «parte liberata non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuto secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito».
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Suprema Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione impugnata.