La parcella a tempo deve essere collegata alla prevedibilità dei costi, in quanto nel caso di illegittimità della parcella il legale può restare anche senza compenso.
E' questa la decisione adottata dai giudici di Lussemburgo che nell'affrontare un caso lituano, causa C – 395/21, in cui hanno sancito la necessità che il legale deve aver assolto agli obblighi di chiarezza e comprensibilità per cui deve orientativamente quantificare i tempi di lavoro e dunque la spesa per il cliente.
In caso contrario il giudice può anche lasciare il professionista senza compenso!
Difatti, in una situazione del genere, il giudice può decidere di ripristinare la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in mancanza della clausola abusiva.
La modalità di computo a tempo della parcella, già prevista dalla legge sull'ordinamento forense, è stata introdotta in Italia dal Dm Giustizia 147/2022 contenente i nuovi Parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense.
Il decreto, che aggiorna il precedente Dm 55/2014, prevede infatti la possibilità di determinare la tariffa all'interno di una forbice che va da 200 a 500 euro per ogni ora o frazione di ora superiore a 30 minuti.
Nel caso affrontato la tariffa era stata fissata in 100 euro ogni 60 minuti, ma, il conto era arrivato a quasi 10mila euro per una serie di imprevisti.
E siccome le fatture non erano state integralmente saldate, l'avvocato si era rivolto al tribunale che però non accoglieva integralmente le sue richieste.
Proposto ricorso, la Corte suprema Lituana ha chiesto chiarimenti ai giudici europei.
La Corte Ue afferma che se è vero che non si può esigere che il professionista informi il consumatore riguardo ad un impegno finanziario che, alle volte dipende da eventi futuri, imprevedibili e indipendenti dalla volontà del professionista, ciò non toglie che comunque il legale deve, prima della conclusione del contratto, fornire tutte quelle informazioni che consentano al consumatore di prendere la decisione con prudenza e piena cognizione delle possibili conseguenze che potrebbero verificarsi in base alla durata della prestazione dei servizi legali.
Insomma, il consumatore deve poter valutare il costo approssimativo dei servizi che il professionista svolge.
Tutto ciò può essere fatto attraverso una stima del numero prevedibile di ore necessarie o ad esempio inviando periodicamente un report che indichi il numero di ore svolte e quindi il relativo costo.
Spetta comunque al giudice nazionale valutare se le informazioni comunicate dal professionista abbiano consentito al consumatore di prendere la sua decisione con prudenza e con piena cognizione delle conseguenze finanziarie.
Per la Corte dunque la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali che fissi il prezzo secondo il principio della tariffa oraria, se manchevole delle informazioni che consentano al consumatore di decidere con cognizione piena, non è tale da soddisfare l'obbligo di formulazione chiara e comprensibile ai sensi del diritto dell'Unione.
Il Giudice dovrà valutare in primis la possibile violazione del requisito della buona fede e, in un secondo momento, la sussistenza di un eventuale significativo squilibrio a danno del consumatore. Tuttavia la clausola della tariffa oraria non deve essere considerata abusiva per il solo fatto che essa non soddisfa l'obbligo di trasparenza.
Il giudice dovrà disapplicare la clausola, tranne nel caso in cui il consumatore si opponga.
Ma il giudice del rinvio può anche sostituire la clausola nulla con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva.