Riferimenti normativi: D.Lgs.n.102/2014 integrato dal D.Lgs.n.141/2016-Direttiva Ue 2012/27
Focus: Nei condomìni dotati di riscaldamento centralizzato, al fine di ridurre gli sprechi energetici e le emissioni inquinanti, è stato introdotto dal D.Lgs.n.102/2014 (integrato dal D.Lgs.n.141/2016, in attuazione della Direttiva Europea 2012/27 sull'efficienza energetica) l'obbligo di installare, fino al 30 giugno 2017, i sistemi di contabilizzazione e termoregola-zione del calore per misurare e ridurre i consumi di energia nei singoli appartamenti. Le spese di riscaldamento, dopo aver installato i sistemi di termoregolazione e contabilizza-zione del calore, vanno ripartite tra i singoli condòmini in base ai criteri stabiliti dalla norma Uni 10200 ( art. 9, comma 5, lettera d) del D.lgs.n.102/2014 ). La norma, elaborata dalla Comitato termotecnico italiano (Cti), si basa su un principio cardine riportato anche dall'art. 26, c. 5, n. 10, della L.n.10/1991: ciascun utente paga secondo l'effettivo consumo registrato. I consumi, pertanto, sono ripartiti mediante un'apposita tabella di ripartizione delle spese di riscaldamento.
Principi generali: Per una ripartizione corretta ed equa delle spese di riscaldamento nel condominio dotato di valvole termostatiche la normativa tecnica di riferimento è la UNI 10200. Nei condomìni serviti da impianto termico centralizzato o da impianto di teleri-scaldamento dotati di sistemi per la termoregolazione e contabilizzazione del calore, la norma definisce la metodologia di calcolo e le procedure per la ripartizione delle spese di riscaldamento in proporzione ai consumi volontari e involontari (perdite del sistema) di energia termica delle singole unità immobiliari del condominio. I consumi volontari prevedono una quota variabile "quota a consumo" (prevalente nella suddivisione) e si riferiscono alle abitudini dei singoli condòmini, che attraverso le termovalvole regolano, nel rispetto dei limiti di legge, la temperatura dei caloriferi. I consumi involontari, invece, non dipendono dalle azioni degli utenti ma riguardano soprattutto le dispersioni di calore dell'impianto, sono ripartiti, annualmente, mediante una tabella in base ai "millesimi di ri-scaldamento" calcolati da un tecnico abilitato, e tengono conto del fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari.Nel calcolare il fabbisogno, il tecnico deve considerare solo le parti comuni e le loro eventuali modifiche (la realizzazione di un cappotto termico, la coibentazione del tetto), escludendo le migliorie che riguardano gli interni delle singole unità immobiliari (ad es. la sostituzione degli infissi o l'isolamento delle pareti), che sono considerate opere irrilevanti ai fini della redazione della tabella.
Fatta eccezione per i casi in cui i condomìni siano autorizzati a non adottare la Uni 10200, bisogna far riferimento sempre a questa norma che, in quanto norma imperativa, non può essere derogata dall'assemblea anche se si esprime all'unanimità o da un regolamento contrattuale che preveda altri criteri. La tabella è utilizzata, oltre che per ripartire i consumi involontari, per suddividere i costi gestionali e tutte le spese relative al godimento (ma non alla conservazione) del servizio.
Assemblea condominiale e delibera di spesa: L'incarico al tecnico e l'appalto alla società esecutrice devono essere approvati con la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà dei millesimi dei condòmini. Ciò perché la decisione rientra tra le innovazioni (art.1120 e 1136 , c.5, c.c.; art.26, c.5, L.n.10/91). Stesso quorum per l'adozione, ove occorre la delibera al riguardo, del nuovo criterio di ripartizione della spesa che, eccezionalmente, può modificare con maggioranza qualificata quanto previsto nel regolamento contrattuale. Il costo per il tecnico incaricato di stilare e di redigere il calcolo per la spesa del riscalda-mento deve essere ripartito ai sensi dell'art.1123 c.c. in base alla tabella millesimale generale, così come i costi che devono essere sostenuti sull'impianto generale di proprietà comune. Invece, il costo delle valvole termostatiche e dei ripartitori sono a carico dei singoli proprietari, perché sono lavori da eseguire nella proprietà privata, oltre che nel punto di distacco della colonna montante. Se non si raggiunge l'accordo o la delibera non viene eseguita, ciascun condòmino può rivolgersi all'Autorità giudiziaria.
Per ripartire la spesa di riscaldamento è necessario, perciò, determinare il calcolo totale dell'energia utile prodotta, vale a dire il costo dell'energia all'uscita del generatore, suddividere successivamente l'energia utile totale fra consumi volontari e involontari, e, quindi, ripartire l'energia utile volontaria in base alle letture dei contatori installati e l'energia utile involontaria in base non ai millesimi di proprietà ma ai millesimi di riscal-damento dipendenti dal fabbisogno di energia termica utile per il riscaldamento ed individuati dal termotecnico. Quindi, la proporzione tra le due voci è frutto di calcoli che tengono conto delle caratteristiche dell'impianto. L'Assemblea condominiale non ha, perciò, poteri in merito.
Soggetti distaccati dall'impianto: L'art. 1118 c.c. ha previsto che "il condòmino che si è distaccato dall'impianto di riscaldamento resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma". Pertanto, la norma prevede due soggetti destinatari delle spese del riscaldamento: coloro che usano l'impianto e coloro che si sono distaccati dall'impianto. La diversa posizione dei fruitori dell'impianto incide sul tipo di spese attribuibili: pagano tutti le spese straordinarie e le spese per la conservazione e messa a norma, mentre le spese ordinarie e di consumi le pagano solo coloro che usano l'impianto. Modificare tale criterio (ad esempio imponendo ai distaccati il pagamento delle spese ordinarie e dei consumi) richiede il consenso di tutti i proprietari a pena di nullità della delibera.
La deliberazione di ripartizione delle spese di esercizio dell'impianto del riscaldamento centralizzato che intenda stabilire a maggioranza un criterio diverso da quello legale, come ritraibile dall'art. 1123, comma 2, c.c. (e quindi correlato al consumo effettivamente registrato o al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite), va pertanto certamente ritenuta nulla, senza che rilevi quale natura, quale efficacia e quale contenuto avessero i criteri di riparto di tali spese in precedenza vigenti nel condominio ( Cass., civ. sez. II,n. 19651 del 4 agosto 2017 ).
Casi esentati dall'obbligo di adottare i nuovi criteri e la nuova tabella sono quelli in cui non è tecnicamente possibile applicare la norma Uni 10200 o il suo utilizzo non è proporzionato in termini di costi rispetto all'obiettivo del risparmio energetico. Come previsto dal D.lgs.n. 141/2016 (che ha modificato, sul punto, il D.lgs.n. 102/2014), ciò si verifica, specie negli stabili sprovvisti di isolamento termico in presenza di due alloggi dello stesso edificio che abbiano consumi di calore molto diverso, quando «siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento».
In tali casi si può applicare al consumo volontario una quota non inferiore al 70% e ripartendo la restante percentuale del 30% tra gli utenti finali con modalità deliberate dall'assemblea in proporzione ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà. I risultati della ripartizione devono essere riportati dal professionista in uno specifico documento contenente il prospetto a consuntivo di ripartizione delle spese da rilasciare agli utenti.
Approvazione del riparto di spesa: la maggioranza in assemblea
Dibattuta è la questione inerente la maggioranza necessaria nell'assemblea condominiale per approvare i nuovi criteri di riparto. In particolare esistono due orientamenti. Secondo il primo orientamento, come previsto anche dall'articolo 26, comma 5, della legge 10/1991, la tabella Uni e le regole ad essa sottese devono essere approvate dall'assemblea con il voto utile della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno i 500 millesimi. In presenza di una prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le delibere possono essere assunte con la maggioranza degli intervenuti e almeno 333 millesimi (articolo 26, comma 2, della legge 10/1991). Resta ferma, in tal caso, la possibilità per ogni condòmino di contestare la tabella e il criterio di ripartizione approvato mediante l'impugnazione della delibera, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ. Il secondo orientamento, invece, sostiene che – visto il carattere inderogabile della norma – non è necessaria alcuna delibera, e l'assemblea deve limitarsi a votare (con la maggioranza semplice) l'affidamento dell'incarico al tecnico che andrà a compilare la relazione tecnica sulle eventuali differenze di fabbisogno termico. Anche in questa circostanza, tuttavia, resta fermo il diritto del condomino a impugnare il voto dell'assemblea che approva il rendiconto usando un criterio di riparto delle spese ritenuto illegittimo.
Infine, la recente Ordinanza della Corte di Cassazione, II Sez. Civile, n. 19838, pubblicata in data 26 luglio 2018, ha chiarito che la tabella di ripartizione delle spese di riscaldamento si può cambiare a maggioranza, non serve l'unanimità.