Di Claudio Bottan su Sabato, 27 Luglio 2019
Categoria: Legge e Diritto

Svegliarsi da ergastolano e coricarsi a casa propria, da uomo libero

"Non ho ucciso io Lidia Macchi, sono innocente, estraneo a tutta la vicenda"

L'assoluzione di Stefano Binda, già all'ergastolo per l'assassinio di Lidia Macchi, accoltellata a morte trentadue anni orsono, ha addolorato e indignato la famiglia della vittima. È comprensibile. Lo è anche la risposta di Binda: "Mi spiace per la famiglia di Lidia. Hanno il diritto di pretendere la verità, ma non si fa giustizia con qualcosa che non è la verità. Io non c'entro nulla". In mattinata il 51enne aveva reso dichiarazioni spontanee durante il processo, ribadendo la sua innocenza: "Non ho ucciso io Lidia Macchi, sono innocente, estraneo a tutta la vicenda. In quel periodo ero a Pragelato – ha detto senza mai abbassare lo sguardo – e non ho mai spedito la lettera" contenente la poesia "In morte di un'amica" spedita il giorno del funerale e considerata dall'accusa la prova regina contro Binda. Il sostituto pg, da parte sua, durante la requisitoria aveva chiesto la conferma del carcere a vita: "Il poeta anonimo è certamente Stefano Binda" e "Binda ha scritto quella lettera perché ha vissuto i fatti descritti" ha sostenuto il procuratore.

Che nel suo intervento ha ricordato come c'è una "sovrabbondanza di prove" della conoscenza tra vittima e presunto carnefice. "Assolto per non avere commesso il fatto". Nell'aula della prima Corte d'Assise di Milano Stefano Binda è attonito dalla felicità, ascolta la sentenza che dopo tre anni e mezzo lo scagiona dall'accusa di essere l'assassino di Lidia Macchi. Assolto dai giudici milanesi con la più piena delle formule. Meritava, al contrario, di rimanere in carcere, secondo gli "ermellini". Il loro diniego alla revoca dell'ordinanza di custodia era stato il terzo dopo il pronunciamento di un'altra sezione dell'appello milanese e l'ordinanza del Riesame. I difensori, ancora una volta, avevano vigorosamente quanto inutilmente attaccato i capisaldi della custodia in carcere: pericolo di fuga, inquinamento delle prove, reiterazione del reato. Quattro giorni dopo ecco, invece, Stefano Binda completamente libero lasciare il carcere di Busto Arsizio dove era rinchiuso dal 15 gennaio 2016. Fanno più o meno 1300 giorni e altrettante notti, un lungo pezzo di vita durante il quale Binda, laureato in filosofia, si era messo a disposizione per aiutare gli altri detenuti, soprattutto stranieri, che non sapevano come districarsi con la burocrazia galeotta. Lo faceva collaborando allo "sportello amico", anche graziealla padronanza con la lingua inglese, confrontandosi con i volontari dell'istituto penitenziario. Si occupava anche della biblioteca, da volontario perché di soldi per la cultura in galera non ce n'è. La sera precedente si era coricato sulla brandina trascinandosi il peso di una condanna al "fine pena mai".

Avrà faticato parecchio a prendere sonno, cercando di tenere a bada la speranza, la paura di crederci. Le solite quattro chiacchiere con i compagni di cella, un po' di televisione, poi l'alba del nuovo giorno che non arriva mai. Quella mattina è partito presto, con il vestito buono e la camicia stirata. Sul suo volto non c'è più l'ombra di quel pizzetto che, stando alle teorie lombrosiane, ne faceva l'assassino perfetto. Gli uomini della scorta saranno stati clementi e avranno stretto meno del solito le manette attorno ai polsi di quell'uomo che ormai avevano cominciato a conoscere. Alle dieci di sera è tornato in Via Per Cassano su un'auto normale, senza divise, accompagnato da un amico per sbrigare le faccende di prassi che precedono la liberazione di un prigioniero. Qualche minuto per preparare i sacchi pieni di libri e pochi effetti personali; il fornello, la pasta, i biscotti i vestiti e le scarpe regalati ai disgraziati che gli hanno fatto compagnia durante i tre anni e mezzo di soggiorno a Busto Arsizio. E poi le mani tra le sbarre, toccate di corsa lungo il corridoio della sezione, mentre dalle finestre aperte per la calura estiva si alzano le grida di tutti quelli che hanno sentito la notizia alla televisione. Stefano è libero.

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