Di Giulia Zani su Martedì, 21 Luglio 2020
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Spaccio: ipotesi di particolare tenuità

Con la sentenza in commento, la n. 21163 depositata lo scorso 16 luglio, la terza sezione della Corte di Cassazione si è cimentata nel ricostruire quando un'ipotesi di detenzione di stupefacenti può rientrare nella fattispecie attenuata di cui al quinto comma dell'art. 73.

Nel caso sottoposto al suo esame il ricorrente lamentava che i giudici di primo e secondo grado avessero escluso che il fatto ascrittogli fosse di lieve entità solo perchè lo spaccio era avvenuto all'interno della sua abitazione.

I Giudici di legittimità hanno anzitutto riconosciuto la illogicità di tale deduzione.

Hanno precisato infatti che i giudici di merito avevano ravvisato immotivatamente ragioni ostative al riconoscimento della tenuità dell'ipotesi delittuosa nel fatto che lo spacciatore avesse operato all'interno della propria casa; ciò evidenziava - secondo la ricostruzione impugnata - un maggior disvalore del fatto dovuto alla maggior scaltrezza dell'imputato.

Come osserva la Corte, non v'è ragione però di ritenere più scaltro lo spacciatore che opera stando in casa propria, piuttosto che quello che smercia in una piazza di spaccio o altrove. 

Infatti, nel caso in cui lo spacciatore utilizzi la propria abitazione, si crea maggior sospetto per il "via/vai di persone che tale modalità di spaccio necessariamente comporta" e ciò consente un maggior controllo e una maggior efficacia repressiva. 

Esclusa la rilevanza di questo aspetto, non resta che verificare se il dato quantitativo dello stupefacente detenuto di per sè fosse in grado di giustificare l'applicazione della fattispecie base.

Come hanno ricordato i giudici, infatti, nell'affermare o negare la tipicità del fatto ai sensi dell'art. 73, comma 5, T. U. stup., occore "dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata a solo alcuni di essi", fermo restando che il dato quantitativo può ben assumere un valore negativo dirimente.

Nel caso di specie, tuttavia, neppure il dato ponderale era in grado di escludere la fattispecie attenuata di cui al comma 5.

In conclusione, la Corte di legittimità, evidenziato l'errore in cui erano incorsi i giudici di primo e secondo grado, ha riqualificato la fattispecie ai sensi del comma 5 dell'art. 73 e ha  rinviato la decisione alla Corte di appello per la rideterminazione della pena.

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