Focus: L'attività di marketing degli influencer sui social network è balzata recentemente agli onori della cronaca a seguito dei controlli effettuati dalla Guardia di Finanza sui compensi da essi conseguiti, di natura prevalentemente pubblicitaria o similare, e sulla loro tassabilità o meno.
Principi generali: Gli influencer non sono una categoria professionale definita ma comprendono diverse figure professionali (blogger, videomaker, fotografi, Youtuber) che hanno in comune l'uso attivo e divulgativo dei social network. Si tratta, in pratica, di imprenditori di sé stessi che sfruttando la propria immagine e usando almeno un social network ( Instagram, Facebook, Twitter, TiK Tok o Linkedin), attraverso il quale dispensano consigli di qualsiasi tipo, si sono imposti all'attenzione del grande pubblico per la loro capacità di influenzare, attraverso i social media, i comportamenti e le scelte di determinati gruppi (community) di followers. Per questo motivo gli influencer sono figure la cui collaborazione è ricercata dalle aziende e dai marchi famosi al fine di promuovere prodotti o svolgere attività pubblicitaria per conto di imprese.
Natura dei compensi: È difficile inquadrare correttamente i redditi derivanti da queste collaborazioni in quanto non esiste alcuna regolamentazione in materia.
In ambito tributario, in particolare, non esiste alcuna normativa specifica, all'interno del testo unico delle imposte sui redditi, che consente di qualificare redditualmente i compensi percepiti a seguito della cessione del diritto di sfruttamento dell'immagine, né vi è, in tale ambito, alcuna prassi specifica dell'Agenzia delle Entrate. È necessario distinguere, in ogni caso, se l'attività da cui derivano i proventi sia occasionale oppure abituale. Se i guadagni sono contenuti e l'attività è svolta in maniera saltuaria o sporadica, senza vincolo di subordinazione e senza coordinamento con l'attività del committente, gli influencer possono evitare l'apertura della partita iva configurandosi l'attività come lavoro autonomo occasionale. Se, invece, gli influencer ricevono pagamenti per la loro attività abituale e continuativa nel tempo dovranno aprire la partita Iva optando per due regimi fiscali possibili: l'ordinario e il forfettario (se i ricavi che si conseguono o si prevede di conseguire non superano i 65.000 annui), per entrambi i quali vige l'obbligo della fatturazione elettronica.
Trattandosi, comunque, di proventi che derivano da attività economica gli stessi sono tassabili ed, in quanto tali, dovranno essere indicati nella dichiarazione dei redditi. A tal fine, pur non essendo possibile ricondurre tale attività entro un'unica categoria reddituale, si possono configurare tre possibilità. I compensi percepiti dall'influencer possono essere qualificati come redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell'art. 49 e ss. del T.U.I.R., se sono il corrispettivo per la prestazione artistica esercitata alle dipendenze e sotto la direzione altrui. Il reddito, invece, potrà essere qualificato quale reddito di lavoro autonomo se il compenso percepito dall'influencer per la cessione dello sfruttamento del diritto di immagine rientra nello schema di lavoro autonomo disciplinato dagli articoli 53 e 54 del T.U.I.R. Se, infine, i compensi derivanti dallo sfruttamento del diritto di immagine non siano ricollegabili alle precedenti categorie reddituali si potranno collocare nell'ambito dei redditi diversi.