Di Elsa Sapienza su Giovedì, 08 Settembre 2022
Categoria: Famiglia e Conflitti

Sindrome da alienazione genitoriale e decadenza dalla responsabilità genitoriale.

La sindrome da alienazione genitoriale o PAS consiste in una patologia elaborata dal medico statunitense Richard Garner, secondo cui essa insorgerebbe nei figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzio estremamente conflittuali e consiste in una serie di comportamenti e azioni nel tempo, da parte del genitore alienante tali da far sì che il figlio rifiuterà del tutto ogni rapporto con il cosiddetto genitore alienato.

Tale sindrome, non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla comunità scientifica ed è da tempo oggetto di dibattito non solo giuridico.

Di recente, è intervenuta la Corte di Cassazione, definendo al di là della scientificità o meno della PAS, i principi ed i criteri da seguire nelle decisioni da prendere allorquando ci possano anche essere alcuni dei presupposti indicativi della sindrome.

Il Tribunale dei minori di Lecce priva una madre della responsabilità genitoriale.

La donna impugna la decisione ma la Corte d'Appello la rigetta.

Viene disposto in primo grado che, il bambino venga dimesso dalla comunità in cui era stato collocato e affidato al padre, sotto il controllo dei servizi sociali. Viene inoltre disposto un programma psicologico distinto per padre, madre e figlio e incontri in uno spazio neutro tra madre e figlio. Condizioni da rimodulare al compimento dei 10 anni del bambino.

Quali le valutazioni della Corte?

Quest'ultima conferma quanto appurato in sede di primo grado, ossia il forte condizionamento psicologico esercitato dalla madre sul figlio, come ritenuto dalle relazioni del responsabile della comunità e dei consulenti.

La personalità della madre è risultata infatti ansiosa e controllante, mentre buono il rapporto del minore con il padre. La donna inoltre, come evidenziato dalla Corte, non progredisce nel rapporto con il figlio di cui non riesce a riconoscere i bisogni, presenta un disturbo paranoide ed è rigida nelle proprie percezioni persecutorie, frutto esclusivamente del proprio pensiero che trasmette anche al figlio.

Alla luce di tutto ciò, la decisione della Corte è di privare la madre della responsabilità genitoriale al fine di tutelare il bambino e garantirgli un percorso di crescita sano ed equilibrato.

La madre ricorre in Cassazione, sollevando ben 5 motivi di doglianza.

Con il primo contesta la valutazione della Corte di Appello della consulenza tecnica, che ha concluso per la diagnosi di alienazione parentale omettendo ogni verifica di fondamento scientifico della stessa. Di contro è stato dato per buono l'esito assolutorio del giudizio per maltrattamenti familiari a carico del padre del minore.
Con il secondo lamenta la violazione dell'onere della prova per avere la corte riconosciuto valore probatorio all'elaborato peritale, finendo in tal modo per alleggerire l'onere posto a carico del padre del minore.
Con il terzo rileva l'omesso esame di un fatto decisivo come le ragioni del rifiuto del minore nei confronti del padre.
Con il quarto, l'omesso esame di un fatto decisivo come l'esame del provvedimento del tribunale ordinario da cui emerge la condotta per nulla ostruzionistica nei confronti del padre del bambino.

 Con il quinto infine rileva il mancato rispetto di diverse regole procedurali come le mancate riprese audio e video in sede di ascolto del minore da parte del giudice.

La Cassazione dichiara il ricorso ammissibile, ma lo rigetta per le seguenti ragioni.

Il primo motivo è infondato in quanto il giudice, quando un genitore denuncia condotte di allontanamento da parte dell'altro genitore dal figlio minore indicativi della PAS, è tenuto ad accertare in primis la veridicità di tali comportamenti ricorrendo alle prove comuni, a prescindere dal giudizio di validità o meno di detta teoria. A rilevare è il giudizio sull'idoneità genitoriale.

La Corte di appello inoltre ha ritenuto che le consulenze appaiono lineari e non contraddittorie. Escluso un disturbo della personalità, la donna ha però una visione paranoide della realtà e della vicenda giudiziaria, dimostrando di non distinguere tra quella che è la propria percezione della realtà e i fatti.

Inammissibile il motivo relativo alla mancata acquisizione dei video e degli audio degli incontri protetti madre figlio, non avendo la donna dedotto fatti specifici in grado di metter in dubbio la genuinità delle relazioni.

Infondato il terzo motivo perché la Corte ha spiegato che la disfunzionalità del rapporto madre figlio era rilevabile nella incapacità della donna di dare al piccolo le necessarie sicurezze per la sua crescita poiché ella trasmetteva al minore una visione negativa del padre e sospettosa del mondo, condizionando così il piccolo, che non poteva avviarsi verso l'autonomia. Il minore nei primi anni, ha quindi avuto una percezione della realtà "altamente spaventante e traumatica".

Secondo i principi affermati dalla Corte, se da un lato occorre assicurare al minore il diritto alla bigenitorialità, dall'altro altrettanto importante è il diritto ad una crescita sana ed equilibrata.

Nel caso di specie le decisioni prese sono state corrette e ragionevoli tanto che il bambino ha continuato a vedere la madre, seppure nel corso di incontri protetti.

Inammissibile il quarto motivo per assenza di specificità, così come è inammissibile il quinto per la novità della questione dedotta.

Queste le conclusioni della Cassazione contenute nell'ordinanza n. 19305/2022 che è tornata a riflettere su una delle questioni più delicate del diritto di famiglia l'esistenza o meno della cosiddetta "sindrome da alienazione genitoriale" (PAS) consistente nel condizionamento da parte di uno dei due genitori che ostacola l'altro, impedendo l'instaurarsi di un rapporto con figlio – genitore.

La Suprema Corte afferma chiaramente i limiti e la criticità di siffatta creazione della psicologia , elevando l'interesse del minore a principio guida nelle scelte compiute dai giudici.

La decisione si muove tentando un bilanciamento tra due principi fondamentali: bigenitorialità e protezione del minore.

 Il primo principio è ormai da tempo consolidato con la generale previsione dell'affidamento condiviso trattandosi del diritto a crescere contando sulla presenza di entrambi i genitori ( Cass. Civ. n. 28723/2020; n. 9764/2019; n. 18817/2015).

L'interesse del minore deve però sempre prevalere in quanto come affermato dalla Cassazione appunto "superiore"; la lettura dell'art. 337 ter cpc ed ancora l'art. 8 Cedu ci dicono che per assicurare il miglior interesse del minore principio giuridico interpretativo fondamentale, se una disposizione di legge è aperta a più di un'interpretazione, si dovrebbe scegliere l'interpretazione che corrisponde nel modo più efficace al superiore interesse del fanciullo.

In particolare, nel caso della sentenza esaminata la particolarità è rappresentata dall'avere ridefinito i confini della bigenitorialità, da ritenersi valore ancillare e funzionale alla difesa del minore, sferrando un decisivo colpo alla "teorica della PAS".

In particolare, la Corte ritiene che tale sindrome che si concretizza in una sorta di "patto di lealtà" tra il minore e il genitore alienante , nonché ogni suo più o meno evidente anche inconsapevole corollario non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre ( Cass. Civ. n. 13217/2021).

In altre parole, l'alienazione di un genitore deve essere provata secondo i consueti strumenti processuali, non potendosi dedurre da essa, ipso iure, la decadenza della potestà genitoriale.

La Suprema Corte con tale sentenza, afferma che la bigenitorialità non può prevalere sul superiore interesse del minore e ciò che deve essere provato è quindi, non l'esistenza o meno del comportamento alienante ma l'esistenza di un danno concreto o addirittura l'irricuperabilità del rapporto genitore/ figlio.

Pertanto, il giudice dovrà accertare l'esistenza di comportamenti di allontanamento morale e materiale del figlio da parte di uno dei due ,con i comuni mezzi di prova incluse le presunzioni e motivare adeguatamente, prescindendo dal giudizio astratto sulla validità o invalidità della esistenza della sindrome, tenendo conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita sana, equilibrata e serena. 

Messaggi correlati