Di Elsa Sapienza su Venerdì, 20 Ottobre 2023
Categoria: Famiglia e Conflitti

Separarsi e divorziare insieme. L'intervento della Corte di Cassazione.

 Una delle principali novità della riforma Cartabia è stata l'inserimento della possibilità del cumulo delle domande di separazione e divorzio ai sensi dell'art. 473 – bis 49.

Una scelta rivoluzionaria destinata ad avere un notevole impatto sia nella vita dei cittadini che nella organizzazione del sistema giudiziario.

Ciò ha però destato non pochi dubbi e perplessità come si è potuto verificare nei primi mesi di applicazione della nuova legge in cui i Tribunali hanno reagito con differenti pronunce manifestando orientamenti diversi.

Ad esempio il tribunale di Milano con sentenza del 05/05/2023 ritenendo possibile il cumulo ha precisato nella motivazione "secondo quanto prevede l'art. 473-bis.49 cpc le parti con il ricorso introduttivo di separazione consensuale hanno chiesto anche la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed hanno formulato le condizioni connesse a tale pronuncia, non essendo tale domanda ancora procedibile prima che sia decorso il termine di legge, la causa dovrà essere rimessa sul ruolo del Giudice Relatore affinché questi, trascorsi sei mesi dalla data delle comparizione dei coniugi e, nel caso de quo, dalla data di scadenza del termine assegnato per il deposito di note scritte, provveda ad acquisire, sempre con la modalità dello scambio di note scritte, la dichiarazione delle parti di non volersi riconciliare secondo quanto prevede l'art. 2 della Legge n. 898/70".

Decorsi i sei mesi, quindi, basteranno le note scritte con cui le parti attraverso i loro difensori senza comparire nuovamente, confermeranno le condizioni già formulate con riferimento alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Sarà anche possibile la modifica unilaterale delle condizioni ma, solo in presenza di fatti nuovi ai sensi dell'art. 473 – bis 19, 2° comma e nel caso in cui non venga raggiunto un nuovo accordo la domanda congiunta di cessazione degli effetti civili del matrimonio sarà rigettata.

 Di diverso orientamento era stato invece il Tribunale di Firenze che aveva invece rilevato d'ufficio l'inammissibilità di un ricorso contestuale di separazione consensuale e divorzio congiunto nel decreto di fissazione dell'udienza di comparizione dei coniugi, evidenziando che nel caso di specie era applicabile l'art. 473-bis.51 e non il n.49, ed omologando perciò con sentenza del 15.05.2023 la separazione consensuale alle condizioni di cui al ricorso, dichiarando improponibile la domanda di divorzio.

Nella parte motiva il Collegio giudicante rilevava che la norma che disciplina il procedimento su domanda congiunta, art. 473-bis.51 cpc, non prevede la possibilità di cumulo delle domande di separazione e divorzio, come invece espressamente previsto dall'art. 473-bis.49 cpc per i giudizi contenziosi, e, da ciò consegue che la possibilità di cumulo delle domande sia riservata dalla legge esclusivamente alle ipotesi di esistenza di contenzioso tra le parti.

Secondo i giudici la ratio della legge chiarita dalla relazione illustrativa è diversa nelle due ipotesi.

Per il caso di ricorso congiunto è quella di dettare una disciplina uniforme per le varie ipotesi nonché di introdurre la specifica previsione della rinuncia delle parti a presenziare nell'ottica di semplificazione, per il cumulo di domande invece è quella di evitare la contemporanea presenza di due giudizi, quello di separazione e quello di divorzio, con sovrapposizione delle domande e dell'istruttoria, in modo da evitare una duplicazione dell'attività giurisdizionale, possibili sovrapposizione di pronunce oltre che di controversie nella fase esecutiva.

Nei procedimenti contenziosi, il cumulo delle domande ha portata ben diversa.

Le parti si limitano a chiedere al Tribunale di procedere alla trattazione ed alla istruttoria per poi decidere su entrambe con una decisione che per lo status non verrà resa contestualmente, rispetto ai procedimenti congiunti, dove le parti disporrebbero contemporaneamente di entrambi gli status ed i consequenziali diritti, operando così in deroga al principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale.

 Ciò è inammissibile in quanto nella legge delega, destinata peraltro alla disciplina ed alla semplificazione del processo civile, non vi è alcuna disposizione in tale senso che manifesti l'intenzione di superare il principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale ed il consolidato orientamento giurisprudenziale, per cui sono ritenuti invalidi per illiceità della causa gli accordi con cui i coniugi fissano in sede di separazione il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro divorzio.

Orbene, è del 16 ottobre 2023 la sentenza della Corte di cassazione n. 28727 che con ventisette pagine di motivazioni ha affermato espressamente che «in tema di crisi familiare, nell'ambito del procedimento di cui all'art.473-bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».

Tutto ciò, ovviamente, quando sono già decorsi in termini di legge per avere il divorzio.

La suprema Corte ha ricostruito il tema già lungamente affrontato da dottrina e giurisprudenza.

Uno dei principali motivi che hanno portato a decidere per l'ammissibilità è che l'accordo «riveste natura meramente ricognitiva e non negoziale, con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale, essendo soggetto alla verifica del tribunale che, in materia, ha pieni poteri decisionali» e non configura una ipotesi in senso stretto di «divorzio consensuale», analogo alla separazione consensuale poiché il giudice non è condizionato al consenso dei coniugi, ma deve verificare la sussistenza dei presupposti per la pronuncia, di natura costitutiva, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, mentre ha valore negoziale per quanto concerne i figli e i rapporti economici, consentendo di intervenire su tali accordi soltanto nel caso in cui essi risultino, quanto ai rapporti patrimoniali, contrari a norme inderogabili e/o all'interesse dei figli.

A seguito di tale pronuncia, gli atti torneranno al Tribunale di Treviso che aveva sollevato d'ufficio la questione pregiudiziale, investendo la Cassazione del problema.

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