Sembra che in molti Paesi, europei ed extraeuropei, la scuola, sarebbe il caso di dire "finalmente", cominci a conoscere qualche attenzione in più da parte della politica, delle famiglie, della società civile.
E' presto per dire cosa succederà, realmente e nei fatti, in un futuro prossimo.
Ma qualche fermento va registrato un po' dovunque. Per l'Italia bisogna attendere ancora un po'.
Negli Stati Uniti d'America, ci informava, qualche anno Federico Rampini, scrittore, giornalista, inviato speciale del quotidiano "la Repubblica", le più prestigiose università americane hanno creato delle apposite società per promuovere e gestire i corsi di laurea online per permettere anche a chi non ha sufficienti risorse economiche di poter accedere ai corsi universitari.
Scriveva Rampini: "Le stesse università che per i loro corsi "fisici", con frequenza in aula e contatto diretto col docente, ti chiedono delle rette dai 40 mila dollari annui in su, online ti danno dei corsi di ottimi livello e praticamente gratuiti. Fino a ieri, un confine ben preciso delimitava i due tipi di insegnamento". Non è certo la panacea per il superamento di un'istruzione di serie A e un'altra di serie B, come avverte Rampini. Ma è sicuramente un buon inizio sul quale si è aperto un dibattito tra i sostenitori dello "status quo" e chi intravvede, sicuramente tra moltissime difficoltà, un cambiamento nel senso di un'apertura democratica del diritto allo studio.
In Inghilterra, come riferiva Enrico Franceschini, "la Repubblica"11 maggio 2013, è in atto un dibattito sull'utilità o meno di mandare i figli a scuola in anticipo rispetto all'età stabilità. Tutto nasce dal rapporto "dell'Institute Fiscal Studies, una società di analisi economiche" che dà conto dei "… risultati dello studio, condotto principalmente su bambini di 11 anni dell'anno scolastico 2008-2009. I dati sembrano inequivocabili. Chi a settembre, quando comincia la scuola, ha 6 anni, diciamo i nati nel mese di agosto, non solo ottiene mediamente voti peggiori di chi la comincia a 6 anni e più di età, ma si trascina questo handicap fino agli esami di maturità …". E sembra che lo stesso valga anche per gli eventuali futuri percorsi universitari.
E' chiaro che si tratta di uno studio che, senza volerne discutere la scientificità, non trova tutti concordi. E non mancano gli esempi di segno opposto con citazioni di personalità del mondo politico e della cultura che pur essendo andati a scuola all'età di 6 anni hanno scritto pagine importanti della storia mondiale: da Napoleone Bonaparte, a T.S.Elliot, a Barack Obama, a Bill Clinton, a Margaret Thatcher…!
Sulla stessa pagina del quotidiano si chiede un parere a Massimo Ammaniti, docente di psicopatologia dello sviluppo all'Università la Sapienza di Roma che conclude: "Non c'è una regola generale. Ci sono bambini che già nella scuola materna imparano a scrivere e a leggere. In questo caso sì, può essere un vantaggio. Ma con altri che dimostrano minore interesse per il disegno, la lettura e la scrittura non conviene accelerare. Poi le elementari richiedono attenzione, concentrazione, rispetto delle regole e del gruppo. Anche di quello va tenuto conto, prima di decidere".
Mentre in Francia si era aperta una guerra, "fredda" si intende, tra lìex presidente Hollande e l'Accademia di Francia, una delle più antiche e prestigiose Istituzioni Francesi. Il contenzioso riguarda la riforma che prevede l'istituzione di corsi universitari in lingua straniera.
Questa premessa, della cui lungaggine mi scuso con i lettori, mi è servita per inquadrare anche alcuni fermenti molto più vicini a noi e non di minore interesse.
In Italia, si registrava qualche buona notizia, riportata da Cesare Fiumi, nell'inserto settimanale "Sette" del "Corriere della Sera". Si tratta della presa di posizione di un gruppo di genitori della scuola elementare di Carugo, nella provincia di Como "… dove si respira un altro cambio di stagione". E cioè, dopo anni di italica protezione, quasi omertosa – buona per giustificare ogni atto di maleducazione e di bullismo dei diletti pargoli nei confronti di insegnanti e compagni- ecco dei padri e delle madri, fino ad ieri pronti a fornire un alibi, che decidono di abbandonare la trincea nostrana di difesa a prescindere della prole, dando ragione alla maestra di turno: "Sì, i nostri figli, anche se piccoli, sono dei vandali. Ed è giusto farci carico delle nostre responsabilità di genitori affrontando il problema". Senza nascondere la polvere sotto il tappeto e lavorando con la scuola. E non più contro per partito preso o perché, sempre e comunque, il figlio va difeso".
Lo scorso 12 maggio il settimanale "Il Caffè" riporta una notizia che evidenzia il malumore di alcuni genitori di una scuola elementare del Mendrisiotto con un titolo che ci riporta ad altre epoche, quando non mancavano le "grida" di allarmi, veri o presunti, nei confronti di docenti definiti "scomodi": "Siamo stufi di sopportare i soprusi di quel docente". L'articolo dà spazio alle voci di alcuni genitori degli scolari e al direttore della Divisione della Scuola, Emanuele Berger, che tranquillizza un po' tutti dichiarando che sono in atto "verifiche e controlli".
Dall'articolo viene messa in evidenza la storia di una mamma che, dopo aver incontrato numerose volte, ed inutilmente, il docente in questione, decide di mandare il figlioletto nella scuola di un Comune vicino. Mi ha impressionato, favorevolmente, per l'onestà intellettuale, la dichiarazione di questa mamma che, ci offre una chiave di lettura degli avvenimenti in maniera pacata e con il senso delle cose. Dopo l'ultimo incontro con il docente interessato ricorda: "Mi disse che lui non avrebbe cambiato metodo di insegnamento. Ha sempre avuto un atteggiamento difensivo, incapace di comunicare davvero, di andare incontro alle reali esigenze del bambino. Che non sono quelle nozionistiche, in cui, peraltro, l'insegnante è bravo, per cui non abbiamo nulla da ridire, ma soprattutto quelle empatiche, talvolta ben più importanti per la vita futura dei nostri figli".
Sono segnali, isolati, deboli, ma che dimostrano come sia possibile un cambiamento nei rapporti tra li attori della scuola: scolari, genitori e insegnanti.
Segnali che fanno ben sperare.
E qualche volta è capitato, in diversi circostanze, di innalzare "barricate" ogni qualvolta, e non sempre in maniera strumentale, leggevamo notizie riguardanti docenti o strategie didattiche, non sempre chiare e limpide. Ma soprattutto senza quella dovuta sensibilità nell'informazione alle famiglie viste, il più delle volte, come fumo negli occhi.
Non è che non ci siano state le strumentalizzazioni nei confronti della scuola e dei suoi apparati. Quanti docenti messi in berlina da pseudo associazioni di genitori per dare linfa alla reazione più bieca e tormentata che ha visto nel docente il "privilegiato" o il "fannullone", senza mai chiedersi la complessità dei processi di apprendimento, delle difficoltà oggettive, a volte anche gravi, nel gestire una classe di allievi e di instaurare un sano rapporto, soprattutto, con le famiglie.
Può sembrare semplice, e forse anche banale, teoria. Ma salo quando si comprenderà che la scuola deve essere gestita come una Comunità si risolveranno problemi annosi
Ci sono circondari scolastici che, due minuti dopo l'ultima lezione, diventano cattedrali nel deserto. A fronte di altre la cui positiva vivacità, scambi di opinioni con colleghi, messa in discussione di strategie scolastiche, rapporti difficili con alcuni genitori, il più delle volte assenti dalla vita di scolastica … si continua oltre l'orario scolastico.
Ma cos'é una comunità?
Lo lasciamo dire ad Adriano Olivetti, quello delle macchine da scrivere, che, nell'immediato dopo guerra nel Canavese, regione del Piemonte, ne mise in piedi oltre cinquanta di Comunità coinvolgendo tutti gli operai, le loro famiglie e gli abitanti dei Comuni vallerani, creando scuole, anche professionali: "Ognuno può suonare senza timore e senza esitazione la nostra campana. Essa ha voce soltanto per un mondo libero, materialmente più fascinoso e spiritualmente più elevato. Suona soltanto per la parte migliore di noi stessi, vibra ogni qualvolta è in gioco il diritto contro la violenza, il debole contro il potente, l'intelligenza contro la forza, il coraggio contro la rassegnazione, la povertà contro l'egoismo, la saggezza e la sapienza contro la fretta e l'improvvisazione, la verità contro l'errore, l'amore contro l'indifferenza". Comunità utopica? Forse. Importante è cominciare a crederci.