"Dovrebbe essere il computer a programmare il bambino, oppure il bambino a programmare il computer?". Il matematico sudafricano Seymour Papert, ideatore della robotica educativa, sosteneva che "l'apprendimento è una costruzione piuttosto che una trasmissione di conoscenze ed è reso più efficiente quando è parte di un'attività, come la costruzione di un prodotto significativo". Per robotica non si intende solo robot, bensì una disciplina che aiuta a sviluppare il pensiero computazionale, la capacità di analisi e il problem solving "costringendo"a ragionare e a risolvere un problema aiutandosi reciprocamente. Perché quindi utilizzare strumenti come il coding e la robotica educativa per sviluppare il pensiero computazionale? Il coding a scuola sta gradualmente ritagliandosi uno spazio nella didattica non solo in quanto educa bambini e ragazzi al pensiero creativo, ma anche per il suo risvolto pratico avendo a che fare con la nostra quotidianità. Molti oggetti che utilizziamo abitualmente e che riteniamo ormai indispensabili come smartphone, tablet, videogiochi, persino elettrodomestici quali la lavatrice o il forno a microonde funzionano, infatti, grazie a un codice informatico, a una sequenza ordinata di istruzioni.
Ogni scuola deve essere luogo di innovazione e ogni studente deve avere tutti gli strumenti adeguati per una crescita piena e in linea con i tempi in cui viviamo. È questo l'ambizioso obiettivo del Piano Nazionale Scuola Digitale che, con lo scopo di sviluppare e migliorare le competenze, indica i livelli di competenza che devono raggiungere gli studenti nell'informatica e nell'uso critico della Rete, con particolare riguardo al pensiero computazionale -il processo mentale che consente di risolvere problemi di varia natura seguendo metodi e strumenti specifici-, all'utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media nonché alla produzione e ai legami con il mondo del lavoro. A questo si aggiunge la possibilità di integrare la robotica educativa fra le metodologie, quale approccio nuovo all'insegnamento che utilizza i robot, offrendo accanto allo sviluppo del pensiero computazionale, la possibilità di incrementare fortemente la motivazione ad apprendere. La particolarità del robot, infatti, è quella di simulare il comportamento di un essere vivente, pertanto viene percepito come entità dotata di intelligenza propria con cui si può comunicare e instaurare una sorta di "relazione". Tale aspetto, dal punto di vista educativo, è molto forte in quanto -proprio grazie al legame particolare che si instaura fra l'oggetto e chi lo costruisce- contribuisce a creare una motivazione negli studenti, offrendo una possibile soluzione ad un problema generale dell'apprendimento: la contestualizzazione delle conoscenze.
Nel PNSD si parla, inoltre, di coding come "metodologia trasversale del cambiamento e di cultura digitale, intesa come uso critico delle tecnologie e della Rete", precisando che l'educazione al pensiero computazionale è essenziale affinché le nuove generazioni siano in grado di affrontare la società del futuro non da consumatori passivi ma da soggetti consapevoli e attori partecipi del loro sviluppo. In sostanza, il pensiero computazionale è un processo logico-creativo che consente di scomporre un problema complesso in diverse parti, più gestibili se affrontate una per volta. Trovando una soluzione a ciascuna di esse è possibile risolvere il problema generale e la correzione dell'errore (debug) diventa automatica, come anche la visione del prodotto finale. L'introduzione del pensiero logico e computazionale deve, quindi, partire dalla scuola primaria mediante l'acquisizione dei primi aspetti operativi delle tecnologie informatiche in un contesto ludico e in modo semplice e divertente, ma creativo e fondamentale, con l'obiettivo di aiutare gli studenti a diventare utenti informati di ambienti e strumenti digitali, ma anche produttori, creatori, progettisti. Costruire e programmare robot significa mettere in moto la propria creatività, imparare a condividere, collaborare e comunicare; significa anche imparare insieme all'insegnante, che non sarà più percepito come un "capo" imposto bensì come leader riconosciuto che ricercherà le soluzioni insieme ai propri allievi. Un aspetto