Con ordinanza n.14270/2022 del05/05/2022, la Corte di Cassazione è stata chiamata ad esprimersi sulla possibilità per un docente di registrare una lezione in classe, affrontando la questione dal punto della protezione dei dati personali e della necessità di acquisire il consenso degli studenti pur facendo riferimento alla normativa antecedente al Regolamento UE 2016/679(fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).
Vediamo la questione sottoposta all'attenzione del Consiglio di Stato.
I fatti di causa
Il ricorrente è un docente della scuola secondaria superiore statale ed ha adito il Tribunale per sentir dichiarare l'illegittimità dell'ordine di servizio del dirigente dell'Istituto scolastico con il quale gli veniva vietato di registrare le lezioni svolte in classe.
La domanda è stata respinta in primo grado con sentenza del Tribunale, confermata in sede d'appello, in quanto il docente ha adottato la decisione di registrare la lezione senza acquisire il consenso degli studenti, laddove
- in base all'art.2 DPR n.249/1998 (Regolamento recante lo Statuto degli studenti della scuola secondaria), il docente deve coinvolgere gli studenti nelle decisioni rilevanti, tenendo conto del loro eventuale dissenso,
- anche la registrazione dei dati personali costituisce «trattamento» ex art.4 codice della privacy (D.Lgs n.196/2003), indipendentemente dalla successiva comunicazione o diffusione,
- il Garante della privacy con provvedimento del 20 gennaio 2005 ha affermato che in caso di registrazione di immagini e suoni, anche per uso personale, occorre informare preventivamente gli interessati, acquisire il loro consenso informato ed osservare tutte le cautele previste,
- il regolamento dell'Istituto vietava l'uso dei cellulari nelle classi e tale divieto doveva estendersi a tutti gli apparecchi idonei a registrare audio o video.
Il docente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza contestando la violazione e falsa applicazione in particolare
- del D.Lgs. n.196/2003,
- del D.Lgs nr. 150/2009, art.1, comma 2,
- del provvedimento del Garante della Privacy del 20 gennaio 2005;
- del regolamento dell'Istituto scolastico di Istruzione Superiore.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha innanzitutto rilevato che, poiché i fatti di causa si sono svolti in epoca antecedente al Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (entrato in vigore il 24 maggio 2016 ed applicabile dal 25 maggio 2018), non è stato possibile applicare al caso in esame le modifiche apportate dal suddetto Regolamento al codice della privacy.
Conseguentemente i giudici di legittimità hanno analizzato la questione applicando le disposizioni di cui all'art.4, comma 1 D.Lgs n.196/2003, ai sensi del quale:
- per «trattamento» si intende qualunque operazione, con o senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernente, tra le altre attività, anche la registrazione di dati (lettera a)
- è «dato personale» «qualunque informazione» relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, compreso un numero di identificazione personale (lett. b).
La Corte ha, pertanto, rilevato
- che la voce di una persona registrata da un apparecchio elettronico costituisce un dato personale se e in quanto essa consente di identificare la persona interessata
- e che nella registrazione della lezione che si svolge in una classe possono essere contenuti interventi degli studenti, la cui persona è facilmente identificabile, trattandosi di una comunità ristretta.
Conseguentemente anche se la registrazione della lezione effettuata dal docente aveva un fine esclusivamente personale, consistente nell'ascolto della lezione al fine di migliorare la propria didattica, appare del tutto inconferente la registrazione delle voci degli studenti, ai quali non è stato chiesto il consenso alla registrazione.
Anzi, gli stessi studenti hanno fatto rilevare la lesione dei propri diritti alla dirigente scolastica, chiedendole di adottare provvedimenti al fine di disporre la cessazione delle registrazioni.
Quanto alla denuncia di violazione del provvedimento del Garante della Privacy del 20 gennaio 2005 e del regolamento di Istituto, i giudici di legittimità ne hanno dichiarato l'inammissibilità in quanto tali atti essendo privi di efficacia normativa non costituiscono motivi di impugnazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all'art.360 n.3 c.p.c. perché.
Sulla base di queste considerazioni la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso in parte inammissibile, nel resto infondato e l'ha respinto.