Di Rosalba Sblendorio su Martedì, 29 Dicembre 2020
Categoria: Scuola e Istruzione

Scuola, dimensionamento: offerta formativa e servizio scolastico immutati, nessun interesse ad agire dei genitori e dei docenti

In materia di organizzazione scolastica, l'amministrazione, nell'esercizio della propria discrezionalità, può modificare i requisiti dimensionali in funzione delle sempre cangianti e molteplici esigenze dell'utenza. Ne consegue che la modifica di detti requisiti non necessariamente comporta o dimostra l'esistenza di un concreto interesse ad agire in capo a genitori e insegnanti, ossia l'esistenza di un concreto interesse a contestare il mutamento in questione. E ciò soprattutto ove non vi è un principio di prova che il cambiamento dimensionale abbia causato un irragionevole peggioramento della situazione, in termini di organizzazione dell'offerta formativa o di fruizione del servizio scolastico.

Questo è quanto ha statuito il Tar Lazio con sentenza n. 13687 del 18 dicembre 2020.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa

I ricorrenti, rispettivamente genitori degli alunni appartenenti ai due istituti scolastici oggetto di scorporazione e appartenenti al personale docente e amministrativo degli istituti stessi, hanno impugnato i provvedimenti con cui il Ministero attraverso l'Ufficio regionale scolastico ha deliberato il predetto scorporamento. A loro dire i provvedimenti in questione sono illegittimi in quanto: 

Il caso, pertanto, è giunto dinanzi al Tar.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione del Tar

Innanzitutto, i Giudici amministrativi fanno rilevare che non esiste una dimensione ottimale in materia di organizzazione scolastica e ciò in considerazione del fatto che i parametri normativi in materia sono tendenziali e flessibili per far sì che la struttura scolastica si adegui sempre alle mutevoli esigenze dell'utenza. Da ciò discende il fatto che:

Orbene, tornando al caso di specie, ad avviso del Tar, i ricorrenti non hanno dimostrato il concreto pregiudizio, nei termini appena descritti, che sarebbe conseguito dal dimensionamento. Manca, in pratica, la prova di un irragionevole peggioramento della situazione, in termini di organizzazione dell'offerta formativa o di fruizione del servizio scolastico, essendo le organizzazioni formative, già facenti capo ai precedenti plessi, rimaste immutate, efficaci e operanti come in passato. In buona sostanza, i ricorrenti, non hanno dimostrato che i provvedimenti impugnati abbiano determinato una rimodulazione e/o diversa assegnazione di alunni, docenti o altri dipendenti o un aggravamento dei compiti di questi ultimi o di obbligata rinuncia a servizi scolastici essenziali; una dimostrazione, questa, che sarebbe stata necessaria per appurare la sussistenza del concreto interesse ad agire dei ricorrenti e la lesione di tale interesse da parte dell'atto programmatorio scolastico. Secondo i Giudici amministrativi, infatti, la lesione dell'interesse dei ricorrenti «non può ritenersi effetto automatico o implicito di quello che l'Amministrazione ritiene, al contrario, un miglior assetto organizzativo della rete scolastica nel territorio, impresso proprio dal piano avversato». Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, a parere del Tar, l'impugnazione dei ricorrenti è carente di interesse ad agire e, come tale, va dichiarata inammissibile.